Permuta di cosa presente su cosa futura.
1. Disciplina generale
L’art. 1552 definisce la permuta come il contratto che ha per oggetto il reciproco trasferimento della proprietà, od altri diritti, da un contraente all’altro. All’art. 1555 c.c. viene poi operato un rinvio pressoché totale alla disciplina della vendita: in forza di siffatto rinvio si è risolto in senso positivo il problema della applicabilità dell’art.1472, per cui si ritiene lecita e possibile una permuta di cosa presente con cosa futura.
Tale possibilità si ricava inoltre dall’art. 1348 che ritiene ammissibili le prestazioni di cose future come oggetto di contratto.
Il contratto di permuta di cosa presente con cosa futura è un contratto consensuale, con effetti obbligatori in quanto il trasferimento del bene avverrà solo con la venuta ad esistenza del medesimo. Nella prassi è normalmente redatto un verbale di consegna. E’ inoltre un contratto ad attribuzioni corrispettive, volendosi in tal modo rimarcare la necessaria e diretta attribuzione che le parti reciprocamente si fanno, anche nella ipotesi di bene futuro. Dottrina e Giurisprudenza hanno quindi superato gli ostacoli che impedivano di configurare una permuta obbligatoria, dove non vi fosse contemporaneità tra le due prestazioni.
Tuttavia se la venuta ad esistenza del bene è solo eventuale, od addirittura improbabile, si avrà un contratto atipico aleatorio e non una permuta.
Il contratto in esame è frequentemente usato nella pratica allorquando un soggetto ceda in permuta ad un costruttore il proprio terreno affinchè questi vi costruisca un edificio e, come corrispettivo, cedi a titolo di permuta uno o più immobili dell’edificio stesso.
Il negozio produce quindi effetti immediati quanto al bene esistente ed effetti obbligatori quanto al bene futuro.
Si precisa che a questa figure, così come a quasi tutte le altre fattispecie negoziali di seguito esaminate, si applicherà la disciplina degli immobili da costruire, dettata proprio allo scopo di proteggere l’acquirente dal fallimento del costruttore, di cui al D.Lgs. 122/05.
Quanto alle differenze tra un contratto misto di vendita e appalto e la figura in esame, si configurerebbe una permuta se il sinallagma negoziale consiste nel trasferimento reciproco delle due proprietà (di cui uno avente ad oggetto il trasferimento del bene futuro) e l’obbligo di costruire il palazzo sia solo strumentale ed accessorio mentre ricorrerebbe vendita mista ad appalto quando la costruzione del palazzo è al centro della volontà delle parti e l’alienazione dell’immobile rapprensenti solo il mezzo per raggiungerlo. Così nella ipotesi di un contratto innominato “do ut facias” dove la cessione dell’area è solo funzionale alla costruzione dell’edificio.
Talvolta è possibile che tra i beni permutati non via una equivalenza economica, così che si renda necessario procedere ad una compensazione in denaro; si ha pertanto una permuta con conguaglio.
Si discute sulla natura del contratto in esame quando il valore del conguaglio superi il valore economico del bene permutato: in tal caso infatti non si avrà una permuta ma una vera e propria vendita.
Una volta che il proprietario dell’area abbia ceduto la proprietà del suolo e sia quindi in attesa della venuta ad esistenza del bene, questo diventa creditore nei confronti del costruttore, e potrà trasferire la proprietà delle unità immobiliari da costruire anche senza il consenso del costruttore, configurandosi non tanto una cessione di contratto quando una cessione del credito, per il quale non è necessario il consenso del contraente che abbia già conseguito tutti gli effetti attivi del contratto.
Ai fini degli effetti e della redazione stessa del contratto, assume particolare rilevanza la determinazione del momento in cui viene ad esistenza il bene futuro. In giurisprudenza si è evidenziato come questo momento debba coincidere con il perfezionamento del processo produttivo della cosa nelle sue componenti essenziali, quando cioè siano state eseguite le opere murarie (mentre non bisognerebbe attendere il completamento delle opere di rifinitura). Tuttavia si è poi precisato che non sarebbe sufficiente il completamento dello scheletro in cemento ma debba presentare un aspetto completo, anche se mancante di alcune rifiniture od accessorio non indispensabili.
Sarà pertanto opportuno che le parti individuino con esattezza in contratto tale momento ai fini del perfezionamento dell’effetto traslativo nonché ai fini della applicabilità e sussistenza delle garanzie di cui al D. Lgs. 122/05 (TAIC).
Avendo inoltre effetti obbligatori fino alla venuta ad esistenza del bene, sarà possibile inserire una riserva di nomina a favore del terzo ex 1411, evitando un doppio atto di trasferimento.
2. Strutture negoziali affini
1) Vendita ed Appalto
Questo schema è realizzabile quando la costruzione avviene orizzontalmente, ossia nella ipotesi delle cd. villette a schiera ed offre buone garanzie al proprietario del suolo – alienante: in tal caso si procederà preventivamente al frazionamento del terreno e alla alienazione al costruttore solo di quella parte in cui sorgeranno le villette che resteranno di proprietà esclusiva dello stesso. Ai fini di evidenziare il collegamento negoziale tra vendita ed appalto, quest’ultimo, avente ad oggetto la costruzione delle villette sul terreno rimasto all’originario proprietario, sarà redatto nel medesimo atto onde evidenziare la sinallagmaticità di vendita ed appalto.
2) Vendita con riserva d’area ed appalto
Si attua mediante vendita del terreno con riserva del diritto di superficie su di un’area pari a quella corrispondente alla porzione immobiliare che il proprietario del suolo vorrà per se, con contestuale appalto per la costruzione delle medesime. In passato questa soluzione ha incontrato ostacoli di problema fiscale in quanto l’Ufficio del Registro riteneva che vi fosse un duplice e distinti negozi (trasferimento del suolo e trasferimento del diritto di superficie) e perciò provvedevano ad una duplice tassazione.
Solo da circa dieci anni, aderendo ad una ricostruzione più coerente sulla riserva del diritto di superficie, che non implica ex se un trasferimento, si è addivenuti ad una tassazione più equa.
Parte della dottrina aveva comunque espresso perplessità in ordine alla possibilità di costituire un diritto di superficie a partire da una certa altezza e per una determinata estensione e quindi, apparentemente poggiati sul vuoto ( si ricorda in tal senso la famosa pronuncia della Cass. sull’impossibilità che le “scatole d’aria” possano costituire oggetto di disposizione). In realtà il fenomeno in esame configura un diritto di superficie sulla proprietà che si andrà a costruire od, eventualmente, una serie di diritti di superficie costruiti l’uno sopra l’altro; figure queste certamente ammissibili.
Unico inconveniente risulterebbe che il proprietario(i) del suolo sarebbe titolare solo della proprietà superficiaria dell’edificio, mentre il suolo (e quindi ex se le parti comuni) dovrebbero rimanere in piena proprietà del costruttore. Importanti conseguenze si avrebbero poi circa la possibilità di ricostruire in caso di crollo dell’edificio ed in tema di prescrizione del diritto stesso.
3) Vendita del terreno e contestuale preliminare trascritto
Questa soluzione consiste nella vendita della piena proprietà del terreno in cui il corrispettivo consisterà esclusivamente nel trasferimento di parte del costruendo edificio a terzi (anche figli o parenti) mediante la contestuale sottoscrizione di un preliminare unilaterale per persona da nominare.
Bisogna tuttavia evidenziare come tale soluzione non offra precise e sicure garanzie all’alienante in quanto ai fini dell’esecuzione del preliminare, anche se trascritto, sarà sempre necessaria una sentenza ex 2932.
4) Vendita di quota indivisa di terreno, appalto e divisione di cosa futura
Questa è la soluzione più lineare ed efficace utilizzata nella pratica e condivisa da parte della dottrina e della giurisprudenza.
Secondo questa impostazione il proprietario del suolo vende all’impresa una quota indivisa del terreno, corrispondente al valore delle unità immobiliari da ricevere: la quota indivisa del terreno verrà espressa in millesimi, rapportata al valore degli stessi millesimi che gli immobili da costruire avranno. Si darà appalto al costruttore di procedere alla edificazione dell’edificio, quale corrispettivo della vendita e si procederà contestualmente alla divisione del futuro edificio, attribuendo in proprietà esclusiva al proprietario del suolo l’immobile concordato.
La fattispecie in esame realizza una ipotesi di condominio precostituito ed ha natura di contratto plurilaterale con comunione di scopo. In quanto tale, qualsiasi vizio che possa costituire causa di nullità, non investirà l’intero negozio.
Questa soluzione presenta il vantaggio di consentire al proprietario il trasferimento di una quota di terreno al costruttore ma di restare comunque nella disponibilità del terreno stesso, in quanto comunista, e qualunque costruzione sul terreno sarà acquistata dallo stesso pro quota per accessione.
3. Inadempimento e conseguenze giuridiche.
L’utilizzo di ciascuna delle fattispecie negoziali sopra esaminate ha chiaramente diverse conseguenze in tema di inadempimento.
Analizzando per il momento la permuta di cosa presente con cosa futura, nella ipotesi di inadempimento, la parte che avrebbe dovuto ricevere la res futura potrà chiedere la risoluzione del contratto. Per effetto della sentenza di risoluzione la proprietà dell’area ritorna al proprietario, con la proprietà delle costruzioni ivi edificate, in forza del principio della accessione, con l’obbligo di pagamento – a sua scelta – delle spese sostenute o dell’indennità pari all’aumento del valore dell’area.
Il proprietario dell’area non avrà invece il diritto di demolire la costruzione, ex 1150 ultimo comma, possibilità che spetterà esclusivamente al giudice; tuttavia non sarà possibile ottenere il ripristino dello stato di fatto antecedente quando area ed edificio formino una sola cosa inscindibile, ossia un nuovo bene.
La circostanza che l’inadempimento del costruttore non comporti la nullità del contratto ma solo la sua risoluzione non tutela in pieno il proprietario in quanto la risoluzione ai sensi del 1458 sarà in opponibile agli aventi causa del costruttore che abbiano trascritto antecedentemente. Inoltre difficilmente il proprietario si vedrà restituito il bene senza formalità pregiudizievoli ma sarà probabilmente gravato da una cospicua ipoteca concessa dalla Banca per finanziare la costruzione, e quindi potenzialmente soggetto alla esecuzione forzata.
Altro rimedio esperibile, ove ne ricorrano i presupposti, è la rescissione del contratto, la cui applicazione è invocabile per tutti i contratti a prestazioni corrispettive.
Oggi a tutela del trasferimento della proprietà di un immobile da costruire soccorre il D.Lgs. 122/05, ove applicabile ai sensi dell’art.1 dello stesso, permette all’acquirente di conseguire importanti garanzie, tra cui si segnalano:
- Una fideiussione bancaria o assicurativa a garanzia dell’obbligo da parte del costruttore di consegnare l’immobile finito (almeno nei suoi elementi essenziali) fino al rilascio del certificato di abitabilità;
- Una assicurazione obbligatoria nella ipotesi di crollo dell’edificio;
- Il preventivo frazionamento dell’ipoteca;
- L’inserimento nell’atto , a pena di nullità, di tutta una serie di documenti che garantiscano o comunque lascino prevedere il futuro adempimento del costruttore.