Nota a Studio CNN su Usucapione 176/08

Il negozio di accertamento: sua ammissibilità e trascrivibilità. Il negozio di accertamento dell’usucapione.

 

1.       Ammissibilità di un Negozio di Accertamento

Accertamento privato sostitutivo dell’accertamento giurisdizionale? Il profilo dell’incertezza nel negozio di accertamento ed Eterogeneità della categoria.

Dottrina e Giurisprudenza ormai ammettono in linea di massima la fattispecie dell’accertamento negoziale, ma con larghe divergenze circa i suoi presupposti, il contenuto, l’efficacia. L’accertamento sembra collegato alla riserva esclusiva dell’ a. g. o, essendo invece il potere di disporre tipica “zona”dell’autonomia privata, e infatti, sia pure obiter, la Suprema Corte, in un passato non molto lontano, ha ammesso la possibilità strumentale dei privati di accertare la nullità quale passaggio per la convalida, nei casi eccezionali in cui è ammessa , ma ha altresì escluso la possibilità per gli stessi di accertare tout court tale tipo di invalidità.

L’accertamento della nullità di un negozio, al di là dei casi in cui sia presupposto di una convalida negoziale, è esplicitamente ammessa dal legislatore ex art. 2655, ult. comma c.c., in sostituzione di un accertamento giudiziale (18); per dottrina assolutamente dominante le parti possono “accertare” i presupposti di una servitù legale, senza ricorrere alla pronuncia giudiziale, ma con un contenuto negoziale che rispecchia la servitù coattiva (19); le parti possono sicuramente accertare la costituzione di una servitù ex art. 1062 c.c., rimanendo solo il problema se la dichiarazione possa essere trascritta e quale sia il tipo di pubblicità ad essa collegata (20); possono poi le parti accertare fatti (21) e pubblicizzarli, in qualche caso: l’avveramento della condizione risolutiva è accertato e annotato ex art. 2655 c.c., si annota il verificarsi della condizione sospensiva o il mancamento della risolutiva ex art. 2668 c. c (22); secondo la dottrina più persuasiva l’atto di accertamento, fattuale, dell’accettazione ex lege dell’eredità ex art. 485, secondo comma c.c. è da trascriversi presso i RR. II (23); sono atti accertativi la dichiarazione di scienza (24) ex art. 179 lett. f) o d) c.c., la dichiarazione di mero accertamento della verità delle firme apposte ad una convenzione privata traslativa al fine della pubblicità immobiliare.

infatti se le parti intendono accertare lo fanno perchè, evidentemente, non è inutile e non è inutile perchè l’accertamento dà certezza (29) e la certezza è un valore in sé perchè esclude il disvalore dell’incertezza attuale o anche solo potenziale;è proprio questa dimensione della potenzialità della incertezza, e quindi della possibile lite o dell’equivocità di una possibile “lettura”di un testo da parte dei terzi, che rende omogenea, pur dando atto della latitudine, la categoria dell’accertamento privato e che lo giustifica ex art. 1322 c.c.

 

2.       Natura di detto negozio e le varie tipologie

Si discute se il primo accertamento sia dichiarazione di scienza o di volontà; a mio parere esistono le due alternative. Quando addirittura non ci si chiede se la dichiarazione, a volte, sia insieme di scienza e volontà.

Nell’ambito del genus di cui sopra le dichiarazioni sono escluse in linea di massima dalla pubblicità – che sarebbe comunque pubblicità notizia -. L’accertamento di fatti ha valore sostanzialmente probatorio e il più delle volte sarà l’equivalente di una confessione (33), ma non si può escludere che a volte le parti si impegnino, esplicitata una situazione di fatto, a comportarsi vicendevolmente in un certo modo e cioè come se la situazione di fatto fosse “certa”, il tutto sarà possibile in quanto compatibile con l’autonomia privata.

a)      Non vi può essere incertezza oggettiva, e suo superamento con un accertamento privato, quando l’incertezza è estremamente elevata e cioè il testo ha un tale grado di incomprensibilità e di “letture” divergenti da qualificare come invalido il testo di base (35). Correlativamente l’incertezza oggettiva deve corrispondere ad un sensato grado di problematicità, al di sotto del quale non vi può essere accertamento ma solo ripetizione negoziale.

b)      Questo per quanto concerne l’incertezza negoziale;discorso diverso laddove esista una situazione di fatto incerta:in questa ipotesi il grado di incertezza potrà essere ben minore, ma l’accertamento sarà utile in ragione della variabilità nel tempo della situazione di fatto

c)       Può essere, invece, che l’accertamento non possa disporre della situazione oggetto del negozio:è il caso di accertamento dei requisiti – di fatto- della servitù coattiva, per il qual caso ben si può legittimare un accertamento privato i cui risultati, però, possono sempre essere sconfessati da un accertamento giudiziale successivo che escluda i presupposti di tale servitù;è il caso dell’accertamento di un acquisto a titolo originario, quale può essere una servitù ex art. 1062 c.c. o l’usucapione.

L’autonomia privata non ha poteri di supplenza dell’accertamento giurisdizionale là dove si tratta di requisiti di fattispecie accertabili solo ex lege o dove esistano effetti particolari, incommensurabili rispetto agli effetti negoziali;un accertamento “minore” (a fini probatori, ad esempio), però, e non incompatibile con quanto sopra appare legittimo.

 

3.        Pubblicità Immobiliare

il negozio che accerta può dar luogo, agli effetti di cui all’art. 2643 c.c., o comunque può contrassegnare una situazione giuridica che almeno meriti segnalazione dal punto di vista della pubblicità notizia?Come si armonizza una eventuale soluzione positiva con il dettato dell’art. 2651 c.c.?
A tale proposito giova riassumere il pensiero di autorevole dottrina (Gazzoni) sul tema:

- Il negozio di accertamento, là dove può ammettersi, non importa mai una vicenda ex artt. 2643/2644 c. c. (46), avrà valore dichiarativo e al massimo si potrà procedere ad annotare l’accertamento negoziale a margine della trascrizione del contratto, a titolo di pubblicità notizia;
- Il negozio di accertamento non può surrogare l’accertamento giurisdizionale in tema di usucapione, e in genere non può valere per gli acquisti a titolo originario, dovendosi il p. u. ritenersi obbligato a prestare il suo ministero solo in presenza di titoli “giusti”, e cioè l’atto di acquisto del p. u. o la pronuncia giurisdizionale.

l’accertamento privato, invece, supera sì una incertezza oggettiva, ma senza la sicura “garanzia” di sapere se la realtà ontologica sia stata cambiata o meno; l’accertamento privato fissa, cioè, una “verità convenzionale” e si supera l’incertezza di base ma non con la sicurezza di averla immutata.

Il sistema, in senso lato, conferma direttamente l’ammissibilità e indirettamente la trascrivibilità del negozio di accertamento:depone in questo senso il recentissimo testo dell’art. 78 D.lgs 10. 2. 2005, n. 30 che, sia pure in tema di diritti di brevetto – forse diritti reali, ma certo diritti assoluti - esplicitamente collega la pubblicità, indifferentemente, a provvedimenti giudiziali e atti dell’autonomia privata con effetti attributivi o accertativi.

La conclusione positiva, non vale per tutti i negozi accertativi:vale certamente ed esemplarmente, per quanto concerne la pubblicità dichiarativa, laddove l’accertamento si inserisce nell’ambito delle vicende previste dall’art. 2643 c.c. e limitatamente ai negozi che predicano un effetto che vuole completare (modificazione in senso largo) un pregresso negozio per gli effetti di cui all’art. 2643. Non può valere, evidentemente, per tutti i negozi che, nell’intenzione delle parti, hanno effetti probatori o effetti obbligatori e non può mai, intrinsecamente, valere per i negozi che accertano un acquisto a titolo di usucapione o l’estinzione di un diritto reale di godimento per tutti i motivi sopra esposti.

L’ammissibilità della pubblicità immobiliare del negozio accertativo è da escludersi quando si tratti di usucapione, anche ai fini della pubblicità notizia.
Insomma la sentenza che accerta l’usucapione ha effetti incommensurabili rispetto all’accertamento privato, ammesso per ipotesi, che certamente non avrebbe tale portata (79), senza per ciò voler dire che la sentenza che acclara l’usucapione abbia effetti costitutivi (80). In buona sostanza, il disposto dell’art. 2651 c.c. ha una doppia valenza:prescrive la pubblicità notizia per il più importante degli acquisti a titolo originario di immobili e altrettanto per le fattispecie estintive collegate al non uso, ma non comanda, sempre a livello pubblicitario, che non esista altra forma di titolo per la trascrizione se non il titolo giudiziale;il comando positivo in tal senso, invece, va raccolto da altri segnali codicistici, coerenti a quelli indicati da Cass. SS. UU. 13523/2006, in forza dei quali deve essere braccata ogni forma di pubblicità “insidiosa” che crei affidamenti e credenze di effetti inesistenti

La conclusione, infatti, è diversa per l’accessione. In questo caso non esiste problema di affidamenti traditi o di insidie collegate alla pubblicità del negozio che accerta tale acquisto:in mancanza di un titolo idoneo e trascritto (evidentemente un diritto di superficie) l’accessione si produce automaticamente.

Qualche complicazione parrebbe sussistere per quella curiosa giurisprudenza che afferma, in deroga ai principi dell’accessione, che la costruzione abusiva effettuata su terreno comune da uno solo dei comunisti è sua (83), ma la difficoltà è solo apparente perché nella realtà delle cose si ricadrebbe (probabilmente come si è scritto prima) nell’ipotesi sopra fatta in cui il negozio accertativo scioglie una situazione di incertezza oggettiva con effetti anche dispositivi, nel senso che viene definita la proprietà superficiaria, la quale, se non è già ex lege, è intenzionalmente voluta; quindi in questo caso la pubblicità non sarà notizia, ma dichiarativa trattandosi di effetti modificativi in senso lato.

 

4.       In particolare il Negozio di accertamento della usucapione

E' chiaro che i dubbi in tema di trascrizione (del negozio con cui l'usucapiente che si dichiara proprietario dispone del bene) possono essere superati affermando che comunque il disponente "vuole" l'effetto traslativo e quindi, anche se non si trascrive l'accertamento unilaterale, comunque si deve trascrive il negozio dispositivo conseguente. E su questa scia si pone la recentissima giurisprudenza della Suprema corte (111) che riconosce la piena , legittimità del negozio con il quale si dispone del bene dichiarato usucapito .

Vero è, però, che la vendita di bene altrui non è da trascriversi perchè viola il principio di continuità.

In realtà è lo stesso art. 1159 che, nel collegare gli effetti (indiretti) della trascrizione all’usucapione, denuncia che l’utilità (e la possibilità) della fattispecie sono collegate alla buona fede e cioè alla ignoranza da parte dell’acquirente della alienità del bene;questo significa che la trascrizione si giustifica quando l’alienità non è denunciata e quindi quando il venditore proclama il suo titolo, vantando appunto l’acquisto per usucapione

E’ vero che l’acquisto è originario e come tale non dovrebbe rientrare nella catena della pubblicità dichiarativa, ma già prima si è dato atto che la transazione ha un raggio di operatività (art. 1965, secondo comma c.c.:creare, modificare, costituire rapporti) così ampio che permette al negozio di operare sia su una base negoziale precedente sia sulla base di un acquisto a titolo originario; lo specifico della transazione è che essa per definizione può avere per oggetto qualsiasi controversia in atto o potenziale e, eccezionalmente nella nostra ipotesi, il superamento dell’incertezza può avvenire anche sulla base di un acquisto a titolo originario.

il notaio non potrà dimenticare che “solo” la trascrizione della sentenza dichiarativa crea effetti chiari e sicuri ai fini del traffico giuridico perché genera, dall’accertamento, una “nuova” catena di trascrizioni cui si collega il principio di continuità (120), prescindendo da ogni discontinuità precedente alla sentenza.



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