OBBLIGHI in materia di CATASTO - Manovra Finanziaria 2010
1-bis.
Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad
oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento della comunione di
diritti reali su fabbricati già esistenti,
ad esclusione dei diritti reali di
garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di
nullità, oltre all'identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie
depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della
conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla
base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta
dichiarazione può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata
da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento
catastale.
Prima
della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e
verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari
".
Nel rispetto dei principi desumibili dal presente articolo, nei
territori in cui vige il regime tavolare le regioni a statuto speciale e le
provincie autonome adottano disposizioni per l’applicazione di quanto dallo
stesso previsto al fine di assicurare il necessario coordinamento con
l’ordinamento tavolare”
Il
Notaio ha un ruolo primario al fine di rendere possibile un funzionamento
efficiente della pubblicità immobiliare. A tal riguardo si ritiene infatti che
l'obbligo del Notaio di curare la trascrizione degli atti da lui
rogati/autenticati abbia carattere pubblicistico ed, in quanto tale,
inderogabile e non dispensabile dalle parti.
A
seguito dell'entrata in vigore della normativa in commento, non sembra più
ipotizzabile inoltre una dispensa al notaio dalle parti dalle visura catastali,
come sarà meglio di seguito precisato.
1.
Ambito di Applicazione della Normativa.
Le
nuove disposizioni si applicano agli atti pubblici ed alle scritture private
autenticate tra vivi.
Sono
quindi esclusi gli atti relativi ai trasferimenti mortis causa e quindi il
testamento e tutti gli atti relativi alla vicenda successoria (accettazioni di
eredità), il cui oggetto non sia specificatamente il trasferimento di diritti
reali.
Quanto
agli atti tra vivi, non rientrano nell'ambito di applicazione della normativa le
"semplici" scritture private.
La
norma faceva poi riferimento al trasferimento / costituzione / scioglimento di
diritti reali, senza alcune eccezione per i diritti reali di garanzia o servitù
(come invece nella disciplina urbanistica). Pertanto mentre nella prima stesura
dovevano ritenersi rientranti nell'applicazione della disciplina in esame sia la
costituzione di ipoteche e servitù sia anche le divisioni ereditarie oggi, a
seguito delle modifiche in sede di conversione,
la norma prevede l’espressa esclusione dei diritti di garanzia reale e
pertanto la normativa non trova applicazione per le stipulazioni di mutui con
costituzione di ipoteca. Resta invece fermo quanto disposto in tema di servitù e
divisioni ereditarie.
E'
comunque certa l'esclusione dei terreni dalla applicabilità della norma.
Quanto
alla tipologia di immobili, la norma fa espresso richiamo ai "fabbricati già
esistenti". Dalla formulazione letterale della norma sono quindi esclusi i
fabbricati "non ancora esistenti" e quindi, in corso di costruzione.
Un
dubbio si pone per i fabbricati esistenti ma non ultimati, essendo la nozione di
fabbricato esistente (2645 bis: in cui sia stato eseguito il rustico, i muri
perimetrali e la copertura) diversa da quella di fabbricato ultimato.
La
denuncia dei fabbricati in corso di costruzione è, nella vigente normativa,
facoltativa e viene corredata dal solo elaborato planimetrico, senza
presentazione di specifica planimetria.
I
fabbricati per i quali non sia ancora sorto l'obbligo di denuncia al Catasto dei
Fabbricati – e tra essi quindi gli immobili da costruire - possono formare
oggetto di atti anche se non accatastati e, tali atti, sono certamente
validi.
Se
invece il titolare ha provveduto ad accatastare il fabbricato esistente ma non
ancora ultimato, l'iscrizione in Catasto avviene senza attribuzione di rendita
ed, anche in questo caso, l'eventuale mancanza dei dati di identificazione
catastale non da luogo a nullità.
Le
ipotesi in cui non sono necessarie le formalità della norma in commento
sono quindi :
- Non
c'è effetto traslativo / costitutivo di diritti reali;
-
Terreni;
-
Fabbricati in corso di costruzione e/o non ultimati;
- Tutti
gli immobili per i quali non c’è obbligo di accatastamento e/o privi di rendita
catastale quali:
- Unità
collabenti (costruzioni inidonee ad utilizzazioni produttive di reddito per
l'accentuato livello di degrado);
-
lastrici solari;
- Aree
urbane;
-
manufatti con superficie coperta inferiore a 8 mq;
- serre
adibite alla coltivazione e/o protezione piante;
-
vasche per acquacoltura o irrigazione;
-
manufatti isolati privi di copertura;
-
tettoie, pollai, concimaie, pozzi e simili di altezza inf. a 1,80 m. e
volumetria inf. a 150 mc.;
-
manufatti precari privi di fondazione non stabilmente infissi al suolo;
In tali
ipotesi non esiste una R.C., salvo eccezionali ipotesi in cui abbiano una
autonoma Rendita Catastale oggetto di apposita valutazione tecnica.
Sono
altresì ex lege esclusi:
-
fabbricati costituenti fortificazioni e dipendenza
-
fabbricati destinati ad esercizio culto;
-
cimiteri e dipendenze;
-
fabbricati della Santa Sede.
La
suddetta disciplina si applica invece qualora la improduttività di rendita sia
solo transitoria e derivi da ragioni estrinseche legate ad una particolare
destinazione dell'immobile (ad es. immobili relativi ad imprese commerciali).
Delicati problemi si pongono invece per i fabbricati rurali.
1) I fabbricati già rurali, ma non più in possesso dei requisiti di ruralità,
sono "unità immobiliari urbane" a tutti gli effetti e quindi necessitano delle
dichiarazioni ex comma 1 bis;
2) I fabbricati in possesso dei requisiti di ruralità iscritti in Catasto
Fabbricati:
I
fabbricati rurali sono soggetti
all'obbligo di iscrizione nel Catasto Fabbricati in quanto fabbricati già
esistenti; Si ritiene che tali fabbricati rurali, in quanto non urbani, siano
rilevanti ai fini della
dichiarazione del solo secondo periodo del comma 1 bis. Tuttavia, data la
complessità dell'accertamento dei requisiti oggettivi e soggettivi, che non è
oggetto di alcuna certificazione, si ritiene preferibile per cautela applicare
in toto la normativa in esame;
3) Fabbricati rurali non iscritti in Catasto Fabbricati:
a)
in presenza effettivamente di tutti i requisiti oggettivi e soggettivi,
l'immobile può formare oggetto di trasferimento anche se non accatastato ed ad
essi non si applica la disciplina in esame;
b)
in assenza dei requisiti di ruralità (anche solo soggettivi), dal mancato
accatastamento nel Catasto Fabbricati ne deriverebbe l'incommerciabilità del
bene;
c)
è
irrilevante la loro iscrizione o meno in Catasto terreni.
Requisiti ruralità (D.L. 557/1993):
-
il fabbricato deve essere utilizzato quale abitazione dal
titolare/affittuario/familiari conviventi
della proprietà per esigenze connesse all'attività agricola;
-
tale soggetto deve rivestire la qualità di imprenditore agricolo ed essere
iscritto come tali nel R.I.
-
tali requisiti soggetti si ritiene debbano sussistere sia per il venditore che
per l'acquirente;
-
il terreno deve avere una superficie non inf. a 10.000 mq ed essere censito in
Catasto Terreni con R.A.;
-
il volume di affari derivante dalle attività agricole deve essere superiore
della metà del suo reddito complessivo;
-
Non possono essere fabbricati rurali gli immobili di cat. A/1, A/8 o con le
caratteristiche di lusso;
Hanno carattere di ruralità le costruzioni strumentali necessarie per lo
svolgimento dell'agricoltura e destinate alla conservazione, custodia di piane,
allevamento e ricovero animali, agriturismo (L. 96/2006), abitazione dei
dipendenti esercenti att. agricola,
ufficio az. agricola, ecc.
Le parti comuni sono certamente escluse dall'ambito applicativo del DL 78/2010 ma a condizione che si tratti di beni comuni non censibili (vano scale, centrale termina, vano ascensore, ecc.). Ma non tutte le parti comuni sono beni comuni non censibili: ci sono infatti anche i beni comuni censibili che vanno accatastati con attribuzione di rendita (garage condominiale, cantina condominiale, alloggio del portiere). Cfr. Circolare Ag. Territorio art. 7 n. 9 del 26.11.01.
Bisogna ricordare e fare attenzione a che:
- anche i posti auto scoperti devono essere censiti come categoria C/6, in quanto scopo della normativa è identificare precisamente tutti i beni che dovrebbero essere accatastati, e pertanto l'area condominiale destinata a posti auto come "bene comune censibile" deve essere accatastata separatamente con attribuzione delle relativa rendita.
Se quindi il compratore avrà l'uso esclusivo di un posto auto ricavato sull'area condominiale, si deve accatastare l'intera area condominiale ed allegare all'atto la relativa planimetria, in quanto viene ceduta una quota millesimale dell'intera area.
Discorso diverso si dovrebbe invece fare quando l'uso esclusivo pro quota riguarda un orto / giardino su area comune visto che orti / giardini non devono essere censiti al Catasto Fabbricati.
2. Conformità alle planimetrie depositate (cd. conformità oggettiva, I parte)
Il riferimento della normativa alle planimetrie depositate è relativo alle sole
planimetrie il cui deposito è obbligatorio a norma della vigente normativa
catastale.
La planimetria è infatti essenziale ai fini della individuazione della esatta
consistenza dell’immobile e quindi, del calcolo della rendita catastale.
Pertanto per tutti gli immobili per cui c’è l’obbligo di presentazione,
l’eventuale inesistenza della stessa impedisce la valida stipulazione dell’atto.
E’ certamente mezzo idoneo per la dichiarazione richiesta dalla legge,
l’allegazione della planimetria all’atto, che costituisce, tra l’altro, il
miglior modo per rendere chiaro all’acquirente ciò che sta comprando.
In alternativa, è necessario indicare gli estremi della planimetria (data e
numero di protocollo della costituzione o dell’ultima variazione), anche se non
richiesti espressamente dalla legge.
Si ritiene inoltre che la dichiarazione di corrispondenza tra identificazione
catastale e planimetria debba essere effettuata dalle parti, eventualmente
confermata dal Notaio che abbia avuto modo di eseguire personalmente il
raffronto richiesto.
3. Conformità delle planimetrie allo stato di fatto
(cd. conformità oggettiva, II parte)
A
differenza della prima parte della dichiarazione, questa presuppone
necessariamente la conoscenza dello stato di fatto dell’immobile, di cui possono
avere contezza solo le parti (generalmente il venditore).
Quanto all’ambito di tale dichiarazione, non sembrano inoltre avere rilievo i
dati toponomastici (indirizzo, Via e n. civico): la mancata corrispondenza di
questi tra gli atti catastali e la realtà non dovrebbero comportare la nullità
dell’atto (è tuttavia opportuno procedere preventivamente alla loro rettifica /
aggiornamento).
Qualora non vi sia corrispondenza tra i dati catastali e lo stato di fatto
dell’immobile, è onere del venditore (intestatario catastale) procedere
preventivamente alla loro regolarizzazione, presentando al Catasto apposita
denuncia di variazione, corredata dalla nuova planimetria (art. 28 c.3 RDL
652/39); in mancanza la conformità non potrebbe essere dichiarata e l’eventuale
atto sarebbe nullo.
Quanto sopra esposto è temperato dalla limitazione all’obbligo di denuncia delle
variazioni catastali di cui art. 20 del RDL citato, a norma del quale occorre
presentare detta denunzia (con nuova planimetria) nei soli casi di mutazioni che
implichino variazioni sostanziali ossia “variazioni nella consistenza delle
singole unità immobiliari.
Lo stesso art. 17 attribuisce infatti rilevanza alle sole mutazioni che
avvengono “nello stato dei beni, per quanto riguarda la consistenza e
l’attribuzione della consistenza, categoria e della classe”, e che quindi
possano riflettersi sul calcolo della rendita catastale.
Non è pertanto possibile presentare denuncie di variazioni per mere modifiche
interne (es. spostamento di pareti interne) e ciò esclude la rilevanza – ai fini
della normativa e della dichiarazione in
esame – delle difformità cd. non sostanziali, nella accezione sopra specificata.
Tale dichiarazione deve essere resa in atto dagli “intestatari”, mentre l’ultima
parte della disposizione fa riferimento agli “intestatari catastali” (il notaio
individua gli intestatati catastali ..).
Tale differenza terminologica non sembra essere casuale e da ciò deriverebbe,
anche in relazione alla ratio della norma, che la dichiarazione di conformità in
esame debba essere resa dal soggetto alienante, il quale normalmente ma
non necessariamente è il vero titolare del diritto reale (così come risulta dai
Registri Immobiliari) ed è sempre, ma anche qui non necessariamente,
l’intestatario catastale.
La predetta dichiarazione delle parti,
potrà essere
sostituita da un’attestazione di
conformità rilasciata da un tecnico abilitato
alla presentazione degli atti di
aggiornamento catastale.
4. La sanzione della nullità; obblighi del notaio e delle parti
La sanzione della nullità colpisce sia la mancanza di identificazione catastale,
sia la mancanza della dichiarazione relativa della corrispondenza con le
planimetrie depositate e tra queste e lo stato di fatto.
La dottrina si è chiesta a quale categoria la suddetta nullità fosse ascrivibile
e, tra le varie tesi, sembra prevalere quella che ritiene che la sanzione de quo
rientri tra le nullità speciali o di protezione. Si tratta inoltre di nullità
assoluta ed ad essa si applica la disciplina del 1418 c.c.
Troverà infine applicazione anche quanto disposto in tema di pubblicità sanante
dall’art. 2652 n.6 c.c.
Appare irragionevole che tale sanzione (nullità) sia comminata solo agli atti
pubblici /scritture autenticate mentre uno stesso atto, redatto per semplice
scrittura privata, sia perfettamente valido ed efficace (sebbene non opponibile
a terzi in quanto non trascrivibile).
Nella ipotesi in cui l’alienante dichiari
falsamente la conformità tra planimetrie e stato di fatto, certamente l’atto
non potrà essere considerato nullo (in quanto sanzione da interpretarsi
restrittivamente) ma pienamente valido ed efficace, salva responsabilità del
dichiarante.
A
tale riguardo sembra non potersi configurare il reato di falso in atto pubblico
in quanto la suddetta dichiarazione non deve essere fatta nella forma di
dichiarazione sostitutiva di atto notorio, in mancanza di apposita prescrizione
di legge.
Non è nemmeno ipotizzabile una sanzione amministrativa stante i principi di
tipicità e legalità che disciplinano tale materia, se non quelle previste per
omessa denuncia al Catasto i nuove costruzioni/ variazioni.
Sembra pertanto più probabile una responsabilità civile nei confronti dell’altra
parte che, eventualmente, potrebbe integrare la “mancanza di qualità promesse”
ex 1497 c.c. (salvo che tale mendacità non riguardi anche le dichiarazioni
urbanistiche).
Nella ipotesi di errore di identificazione catastale (es. mero errore materiale
di scritturazione dell’atto) sembra infine eccessiva e sproporzionata la
sanzione di nullità mentre l’atto dovrà considerarsi valido e suscettibile di
ratifica.
Si ricorda infine che secondo l’attuale normativa catastale, il Notaio può
visionare le planimetrie solo in quanto formalmente delegato dal titolare del
diritto reale; mancando quindi in capo al notaio tale facoltà, non può
certamente ascriversi allo stesso un obbligo di verifica delle stesse, se non
espressamente richiesto dalle parti, salva eventuale responsabilità
professionale dello stesso.
Discorso diverso deve infine farsi per i dati di identificazione catastale
dell’immobile: con la normativa introdotta la conformità dei dati catastali
diviene da mero interesse delle parti, e quindi derogabile dalle stesse, a
interesse pubblico dell’esattezza di tale menzioni. Coerentemente non sarà
più possibile per le parti dispensare il notaio dagli accertamenti catastali,
trattandosi di materia indisponibile.
Il
notaio sarà quindi sempre tenuto ad effettuare le relative visure catastali e
solo in caso di “eccezionale e dichiarata urgenza” ai sensi dell’art. 4 c. 2 DPR
650/72 potrà procedere in assenza di tale controllo. In questo caso dall’atto
dovrà risultare il motivo di urgenza e la circostanza che i dati non sono stati
riscontrati da parte del notaio; tale mancato controllo sarà sempre imputabile a
tali ragioni “oggettive” di urgenza e non più ad una dispensa per concorde
volontà delle parti.
Anche
relativamente a quanto si dirà di seguito, il Notaio sarà quindi chiamato a:
1)
verificare la continuità delle trascrizioni nel ventennio ex 2650 c.c.;
2)
assenza di trascrizioni prioritarie prevalenti;
3)
conformità soggettiva della intestazione catastale;
4)
Controllare la conformità oggettiva (solo questa è infatti su dichiarazione di
parte).
La
norma non pone espressamente un obbligo di preallineamneto delle intestazioni
catastali (anche se altamente opportune, secondo quanto si dirà di seguito),
anche perché vi possono essere delle situazioni che lo rendono impossibile
(accettazione tacita di eredità per effetto del medesimo atto di trasferimento
che può avvenire solo dopo la trascrizione dello stesso). Per tale motivo la
legge richiede l’anteriorità della sola attività di “individuazione” e
“verifica”; deve tuttavia ritenersi necessario procedere a detto allineamento
catastale al più tardi al momento della trascrizione dell’atto stesso. In tale
ipotesi, si richiederà non solo la voltura a favore dell’acquirente ma anche la
regolarizzazione della situazione dell’alienante e degli eventuali passaggi
intermedi: in sede di redazione della nota di trascrizione con connessa
richiesta di voltura automatica si dovrà compilare l’apposito foglio
informativo, con modalità tali da conseguire la continuità storica catastale ed
il conseguente allineamento.
5. La conformità dell’intestazione catastale (cd. conformità soggettiva)
La nuova normativa, come accennato, prevede la conformità tra intestazione
catastale e titolarietà del diritto, quale risultante dai registri immobiliari.
La ditta catastale identifica i titolari del diritto reale: il Catasto, seppure
ad oggi ancora con valore non probatorio, si basa sul principio di continuità
storica delle iscrizioni catastali, che dovrebbero rispecchiare la serie
continua dei trasferimenti a titolo derivativo/costitutivo dei medesimi. Nella
ipotesi di discordanza tra quanto risulta dal Catasto e dai Registri Immobiliari
della Conservatoria (oggi Agenzia Entrate), è obbligo in sede di voltura di
indicare i passaggi intermedi mancanti.
Tuttavia nel tempo sono state rese frequentemente possibili deroghe a tale
principio di continuità delle iscrizioni catastali: è infatti possibile eseguire
la voltura con “annotazione di riserva” ossia ai soli fini della conservazione
in Catasto. Oggi, con la voltura informatizzata automatica (eseguita dal Notaio
con Unico) è fatto obbligo di indicare in apposito foglio informativo gli
estremi dei passaggi intermedi e delle relative volture; è tuttavia eseguita la
voltura con annotazione “dei passaggi intermedi da esaminare” quando non siano
indicati gli estremi delle volture dei passaggi intermedi o comunque quando non
risulti la coincidenza tra intestatario e titolare del diritto.
Infine, prima della qui esaminata novella, era meramente facoltativo il cd.
“preallineamento”, ossia la
regolarizzazione della situazione anteriormente all’atto, sia al Catasto sia nei
Registri Immobiliari: in quest’ultima ipotesi ove fosse mancata la trascrizione
di un acquisto successorio (ad es. accettazione tacita) il successivo atto di
alienazione poteva essere stipulato senza necessità di trascrivere,
anteriormente o contestualmente, l’acquisto mortis causa.
Con la presente novella viene imposto l’allineamento bidirezionale delle
risultanze del Catasto e dei Registri Immobiliari, e quindi la regolarizzazione
della situazione mediante la trascrizione ed iscrizione in Catasto dei passaggi
mancanti (ove possibile – per esempio non sarebbe possibile per gli acquisti a
titolo originario non accertati giudizialmente).
Quanto all’obbligo del notaio dell’individuazione degli intestatari catastali,
sono possibili diversi esiti a seguito della medesima:
1) ditta catastale non aggiornata (quando non è stata richiesta la voltura del
passaggio precedente o eseguita non correttamente, con – ad es. – errori
nell’attribuzione delle quote di comproprietà): è possibile procedere alla
stipula previa regolarizzazione della situazione;
2) l’intestazione reca una annotazione di riserva per passaggi intermedi non
esistenti o da esaminare: tali annotazioni non impediscono la stipula dell’atto
ma appare opportuno applicare analogicamente l’art. 2 comma 4 DM 701/94 e quindi
fare menzione nell’atto medesimo e nella nota dei titoli che hanno dato luogo ai
trasferimenti intermedi o alle discordanze, per un periodo comunque non
eccedente il ventennio (art. 12 comma 3 L. 679/79);
3) trascrizione ed intestazione catastale a favore di uno solo dei coniugi in
comunione legale: sarebbe opportuno in tali ipotesi eseguire sia la trascrizione
sia l’intestazione catastale a favore di entrambi i coniugi. Tuttavia, qualora
l’intestazione/trascrizione sia fatta a favore di uno solo dei coniugi in
comunione, si ritiene che in tale ipotesi sia comunque rispettata la continuità
delle trascrizioni, tenuto conto della pubblicità negativa del regime di
comunione legale. Tale fattispecie sarebbe quindi regolare e non necessiterebbe
di alcuna regolarizzazione.
6. La continuità delle trascrizioni nel ventennio
Come noto, il nostro attuale sistema di trascrizione (eccezion fatta per le
provincie che adottano il sistema tavolare) è impostato su base personale e non
reale, e quindi non individua il soggetto titolare del diritto sull’immobile ma
solo gli atti che, nella loro sequela, danno luogo a vicende traslative/
costitutive e estintive del diritto; vicende la cui sorte dipende dalla validità
dei precedenti trasferimenti nonché
dalle regole sulla continuità e priorità della trascrizione.
Il sistema pubblicitario immobiliare non può quindi, per sua stessa struttura,
dare piena prova della titolarietà del diritto stante l’esistenza di acquisti
che non possono essere pubblicizzati (acquisti a titolo originario,
espropriazione per pubblica utilità) o coesistenza di trascrizioni tra loro
contraddittorie (parallele catene di provenienza a partire da un remoto autore,
essendo rimesso solo al giudice la prevalenza di una trascrizione rispetto
un’altra).
Quanto alla mancanza di “atti legali” di provenienza, le ipotesi più frequenti
sono:
1) usucapione non accertata giudizialmente. Poiché la normativa in esame non
incide sul piano sostanziale e non ha comunque introdotto l’onere
dell’usucapiente del preventivo accertamento giudiziale, in tale ipotesi la
dottrina ritiene inapplicabile la normativa in esame quanto alla conformità
soggettiva dell’intestazione catastale. In atto occorrerà dare opportuna
contezza di ciò;
2) vendita di cosa altrui. In tale ipotesi mancando non solo la trascrizione e
la voltura catastale ma lo stesso titolo di provenienza, non è applicabile
quanto disposto dall’art. 29 comma 1 bis;
3) concessione di ipoteca su beni altrui. Vale quanto detto per la vendita di
cosa altrui;
4) acquisto dell’eredità ex lege (per possesso trimestrale – 485 c.c.). In tale
ipotesi è invece necessario procedere alla trascrizione dell’acquisto mortis
causa ex 2648 c.c., sulla base di una sentenza o atto negoziale di accertamento
che diano atto della fattispecie acquisitiva. E’ inoltre possibile procedere in
tale ipotesi alla trascrizione dell’accettazione tacita anche se si è in
precedenza verificato l’effetto acquisitivo ex 485 c.c.
Parimenti non costituisce ostacolo alla trascrizione dell’accettazione tacita il
decorso del decennio dall’apertura della successione, in considerazione della
non rilevabilità d’ufficio e rinunciabilità della prescrizione.
Le norme tuttavia presumono l’esattezza delle risultanze dei registri
immobiliari, e quindi la titolarietà dei diritti in capo a chi ne risulta
intestatario, salvo naturalmente prova contraria.
A
ciò si riferisce la normativa in esame quando richiama le risultanze dei
registri immobiliari, risultante dalla catena continua di trascrizioni richiesta
dall’art. 2650 c.c.
Teoricamente la continuità delle trascrizioni andrebbe verificata dal 21 aprile
1942, data di entrata in vigore del Codice civile, se non ché una
interpretazione sistematica dell’art. 567 c.p.c., dettato in materia di
espropriazione forzata ma oggi assunto a principio generale per i trasferimenti
immobiliari e che trova conferma nel Codice Civile, permette di circoscrivere al
ventennio l’accertamento della titolarietà dei diritti reali.
Senza soffermarsi sul’importanza fondamentale di tale principio di continuità,
anche ai fini tributari, il Notaio è oggi chiamato alla luce della presente
novella a riscontrare l’esistenza della continuità delle trascrizioni nel
ventennio precedente per ogni atto di trasferimento immobiliare (mentre fino
ad oggi ciò avveniva solo per la stipulazione dei mutui ipotecari). In mancanza,
non può dirsi realizzata la “conformità” richiesta dalla norma e si pone il
problema della regolarizzazione di tale continuità.
Una ulteriore precisazione. La legge si riferisce alle risultanze dei registri
immobiliari tout court, senza distinguere tra pubblicità dichiarativa e
pubblicità notizia. Si deve pertanto ritenere che l’accertamento del Notaio
debba estendersi anche alla ipotesi in cui la pubblicità sia richiesta anche
solo a fini notiziali. Occorre tuttavia che la pubblicità notizia sia
obbligatoria (trascrizione degli atti di fusione e scissione - art. 2 Dlgs
346/90); nella ipotesi invece in cui la pubblicità sia meramente facoltativa
(es: mutamento di denominazione o sede sociale o trasformazione - art. 2 Dlgs
99/04) non è necessario procedere a
detto relativo controllo.