La Forma degli atti autentici stranieri e riflessi sulla attività notarile.
E’ discusso quale sia il regime formale applicabile agli atti stranieri allorquando ne sia richiesta la forma autenticata dall’ordinamento interno ai fini della sua validità ed efficacia.
Un orientamento recente del notariato, emerso anche in occasione di importanti convegni, richiede che anche l’atto estero autenticato, per poter essere utilizzato, debba avere i requisiti formali minimi richiesti dall’ordinamento italiano per il suo equipollente.
Autorevole dottrina al contrario ritiene invece che la forma di un atto autentico sia regolata esclusivamente dalla legge del luogo in cui viene formato.
In rarissime e marginali ipotesi la legge italiana vieta che un determinato atto possa essere formato all’estero ed impone l’adozione del solo atto consolare (art. 16 DPR 200/1967) qualora l’interessato si trovi all’estero.
La validità o meno della forma degli atti rogati all’estero anche per l’ordinamento italiano è regolato dalla legge D.I.P. 218/95 che indica quale criterio di collegamento principale la legge del luogo ove l’atto è stipulato.
L’esempio più frequente nella pratica è quello di una procura redatta al’’estero per la stipula di un atto in Italia che richiede necessariamente la forma pubblica (es: costituzione di società di capitali). In base all’art. 60 legge 218/95 non occorre infatti la forma dell’atto pubblico (per la procura) qualora la legge del luogo non preveda identica forma, a pena di nullità, per la costituzione in quel luogo della equivalente società.
E’ invece da sottolineare come la forma autentica per l’effettuazione delle formalità immobiliari e commerciali, valga sempre anche per le fattispecie connotate da elementi di estraneità ai sensi dell’ art. 55 D.I.P. che stabilisce che la costituzione od il trasferimento di diritti reali è regolata dalla legge dello Stato in cui il bene si trova.
Prima di poter utilizzare validamente un atto estero, è necessario depositarlo presso gli Archivi Notarili oppure negli atti di un notaio, anche mediante allegazione all’atto italiano da stipulare, ai sensi dell’art. 106 legge notarile (L.N.).
A sua volta l’atto straniero (extra Comunitario) per poter essere legittimamente allegato, qualora non esista una Convenzione di riconoscimento diretta tra l’Italia e lo Stato in cui l’atto è rogato relativamente a quella precisa fattispecie, sarà necessaria la legalizzazione secondo la disciplina generale od anche a mezzo “Apostille” (Conv. Aja 5 ottobre 19861) quando lo Stato sia stato firmatario della relativa Convenzione. Sarà altresì sempre necessaria l’allegazione della Traduzione dell’atto in italiano unitamente all’atto stesso.
Esaminando ora più precisamente l’orientamento sviluppatosi nella prassi per cui l’atto autentico straniero deve presentare i medesimi requisiti formali di quelli prescritti per l’ordinamento italiano (tesi della equivalenza), si sostiene che gli stessi debbano provenire da pubblici ufficiali con caratteristiche e funzioni analoghe al notaio italiano e che lo stesso sia un atto pubblico od autentico secondo lo nozione prevista dal nostro ordinamento (e non solo da quello straniero). Pertanto ai fini della validità di una scrittura autenticata estera sarebbero necessari: l’attestazione di autenticità da parte del pubblico ufficiale, la menzione che l’apposizione della firma è avventa alla sua presenza, previo accertamento dell’identità personale della parte nonché un controllo di legalità sul contenuto della scrittura stessa.
Sulla base di queste considerazioni si giunge alla (inaccettabile) conclusione che gli atti autenticati dal Notary pubblic anglosassone non sono atti autentici (e quindi efficaci) per l’ordinamento italiano e pertanto non potrebbe essere allegato ad un atto italiano.
Tuttavia una simile interpretazione non è da condividere, anche alla luce delle difficoltà pratiche qualora si applicasse il suddetto principio agli atti pubblici, paralizzando di fatto qualsiasi atto rogato all’estero.
Sul piano giuridico quindi il principio di equivalenza attribuisce in sostanza alle regole interne sulla forma degli atti il rango di norme di applicazione necessaria ai sensi dell’art. 17 D.I.P. così da poter prevalere sul diritto straniero.
Nel caso di specie, al fine di garantire la certezza dei traffici giuridici, appare infatti chiara l’assenza di specifici e rilevanti interessi tali da attribuire alle suddette norme il rango di norme di applicazione necessaria, caratteristica ritenuta dalla dottrina e la giurisprudenza di carattere assolutamente eccezionale e particolare proprio delle sole norme che sanciscono principi indefettibili ed imprescindibili per l’ordinamento, mentre la suddetta finalità potrebbe ugualmente essere ben garantita dall’applicazione della lex loci.
L’unica soluzione, coerente con il tradizionale insegnamento del diritto internazionale privato, consiste nell’ammettere che un atto riveste la forma autentica se la legge del luogo, ove esso è formato, lo qualifica come tale. Questo orientamento è supportato da importanti sentenze della Cassazione (Cass. 5960/1988 – 4477/1994) e non ultima Cass. 9257/2003 che ha riconosciuto la validità formale di una procura speciale alla vendita di un immobile proveniente da un notaio inglese, ed in quanto tale, carente dell’accertamento dell’identità personale della parte.
Questa soluzione risulta inoltre sposata anche dal Regolamento UE n.805/2004 che istituisce il titolo esecutivo europeo ed all’art.4 definisce l’atto pubblico come “qualsiasi documento che sia stato formalmente redatto o registrato come atto pubblico e la cui autenticità sia stata attestata da un’autorità pubblica o da altra autorità a ciò autorizzata dallo Stato di origine”.