Agevolazioni Prima Casa –

(Riassunto tratto dalla Relazione del C.N. Bologna)

1. Generalità

2. Requisiti oggettivi:  a) Tipologia dell’immobile

3. Requisiti oggettivi: b) Ubicazione dell’immobile

4. L’acquisto delle pertinenze

5. Requisiti soggettivi

6. Decadenza dall’agevolazione per rivendita nel quinquennio

7. Successioni e donazioni

8. Il credito d’imposta

9. L’atto integrativo

 

 

1. Generalità -

L’agevolazione cd. “prima casa” è disciplinata dalla nota II-bis art. 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro approvato con d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131.

L’agevolazione “prima casa” consente di ridurre le imposte indirette dovute in relazione all’acquisto dell’abitazione, e precisamente:

-          l’imposta di registro è applicata con l’aliquota ridotta del 3% anziché con l’aliquota piena del 7%;

-          le imposte ipotecaria e catastale sono dovute nella misura minima di euro 168 anziché con l’aliquota rispettivamente del 2% e dell’1%;

-          l’I.V.A. è applicata con l’aliquota ridotta del 4% anziché con l’aliquota piena del 20%.

 

1.2 Requisiti –

Il regime tributario agevolato trova applicazione in presenza di presupposti oggetti e soggettivi.

I requisiti sono:

1) la tipologia dell’immobile trasferito: deve trattarsi di una casa di abitazione avente caratteristiche non di lusso secondo i criteri di cui al D.M. 2 agosto1969;

2) L’ubicazione dell’immobile: l’immobile deve essere sito nel Comune di Residenza o in quello in cui si intende trasferire la residenza entro 18 mesi; se diverso, nel Comune ove è svolta l’attività lavorativa.

3) la non titolarità esclusiva o in comunione con il coniuge di altri diritti reali, esclusa la nuda proprietà, su altra casa di abitazione nello stesso Comune;

4) la novità nel godimento dell’agevolazione consistente nella non titolarità, anche per quote, anche per effetto del regime di comunione legale, su tutto il territorio nazionale di diritti reali, compresa la nuda proprietà, su altra casa di abitazione acquistata con le agevolazioni prima casa.

1.3 La decadenza dall’agevolazione

Costituiscono causa di decadenza dall’agevolazione prima casa:

1) l’aver reso una dichiarazione mendace fin dall’origine - o che si rivela tale successivamente - circa la sussistenza dei presupposti di cui sopra;

2) il trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici “prima casa” prima del decorso di cinque anni dal loro acquisto, salvo il caso di riacquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale entro un anno dall’alienazione.

APPROFONDIMENTI:

2. Requisiti oggettivi:

 

a) Tipologia dell’immobile

 

2.1.      Casa di abitazione non di lusso

 

Per “casa di abitazione” deve intendersi l’unità immobiliare destinata, per le sue caratteristiche strutturali, ad essere utilizzata per il soddisfacimento delle esigenze abitative dell’acquirente: rientrano in tale categoria le unità classificate o classificabili nelle categorie catastali da A/1 a A/9 e A/11 (cfr. C.M. 17 aprile 1981, n. 14).

 

L’immobile si definisce di lusso quando presenta le caratteristiche indicate nel D.M. 2 agosto 1969.

In particolare, gli articoli da 1 a 7 del predetto decreto individuano le caratteristiche in presenza di ciascuna delle quali l’abitazione è considerata “di lusso”.

Le ipotesi più comuni sono:

-          abitazioni realizzate su aree destinate dagli strumenti urbanistici a “ville”, “parco privato” (art. 1);

-          abitazioni unifamiliari dotate di piscina di almeno 80 metri quadrati o campi da tennis con sottofondo drenato di superficie non inferiore a 650 metri quadrati (art. 4);

-          singole unità immobiliari aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 240 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine) (art. 6).

 

Il successivo art. 8, invece, considera abitazioni di lusso le case e le singole unità immobiliari che abbiano oltre 4 caratteristiche tra quelle della tabella allegata al decreto (cfr. Agenzia delle Entrate, circolare 12 agosto 2005, n. 38/E, par. 3.1.).

 

L’art. 8 è residuale, cioè se il fabbricato non ricade in alcune delle previsioni dei primi sette articoli, può ugualmente essere considerato di lusso qualora concorrano più di quattro delle caratteristiche elencate nella tabella allegata (Commissione Tributaria Centrale, Sez. XII, 28 marzo 1988, n. 3025).

 

Ove ricorrano effettivamente le condizioni perché la casa si consideri “non di lusso”, l’agevolazione compete, prescindendo dalla categoria catastale con cui risulta censita in Catasto.

In altri termini, ai fini dell’applicazione dell’agevolazione “prima casa” non rileva la classificazione catastale dell’immobile trasferito quanto, piuttosto, la natura lussuosa o meno dello stesso in base ai parametri enunciati dal D.M. 2 agosto 1969.

Al riguardo la Corte di Cassazione (sentenza 26 marzo 1988, n. 2595), ha rilevato che “i simboli delle categorie non hanno la specifica funzione di distinguere le abitazioni di lusso dalle altre, ma soltanto di indicare una rendita catastale proporzionata al tipo di abitazione» (Agenzia delle Entrate, circolare 12 agosto 2005, n. 38/E, par. 3.1.).

Si è osservato come la circostanza che l’immobile non abbia caratteristiche di lusso sia un presupposto normativo per la concessione delle agevolazioni.

 

2.2.      I fabbricati rurali

Secondo quanto affermato chiaramente dalla citata circolare 12 agosto 2005, n. 38/E, par. 3.2., l’agevolazione trova applicazione anche nell’ipotesi di trasferimento di un “fabbricato rurale” o di una porzione dello stesso, purché idoneo all’utilizzo residenziale.

Questa conclusione si fonda sulla formulazione dell’art. 1 della tariffa che, per individuare gli immobili agevolabili, non rinvia più alla legge n. 408 del 1949, la quale si applicava esclusivamente agli immobili urbani, ossia a quelli censiti nel catasto edilizio urbano. Attualmente l’art. 1 citato fa riferimento esclusivamente a case di abitazione “non di lusso”, così come individuate dal D.M. 2 agosto 1969.

Pertanto «l’agevolazione in esame trova applicazione anche in riferimento ai trasferimenti di case rurali destinate ad abitazione, purché queste ultime non costituiscano pertinenze di un terreno agricolo» (Agenzia delle Entrate, circolare 12 agosto 2005, n. 38/E, par. 3.2.).

L’unica conseguenza rilevante del mancato accatastamento dell’abitazione prima della stipula dell’atto di trasferimento è rappresentata dalla non applicazione del criterio della “valutazione automatica” di cui all’art. 52, comma 4 del Testo unico dell’imposta di registro (d.p.r. n. 131/1986) e conseguentemente della impossibilità di avvalersi della facoltà di applicare l’imposta di registro sul valore catastale dell’immobile anziché sul prezzo concordato dalle parti, ai sensi del comma 497 dell’articolo unico della legge finanziaria 2006.

 

2.3.      L’immobile in corso di costruzione

La prassi ministeriale, recependo le conclusioni della giurisprudenza della Cassazione, riconosce ormai pacificamente le agevolazioni prima casa per l’acquisto di un immobile in corso di costruzione che presenti, seppure in fieri, le caratteristiche “non di lusso” secondo i criteri stabiliti dal D.M. 2 agosto 1969.

Infatti «la legge richiede che oggetto del trasferimento sia un fabbricato “destinato ad abitazione”, ovverosia strutturalmente concepito per uso abitativo, e non che lo stesso sia già idoneo a detto uso al momento dell’acquisto» (Cass., 10 settembre 2004, n. 18300).

Non essendo possibile al momento del trasferimento della proprietà una compiuta verifica della sussistenza di tale presupposto normativo, l’agevolazione viene accordata sulla base della dichiarazione d’intento del contribuente di non rendere l’abitazione “di lusso” nel prosieguo dei lavori, salvo poi il potere dell’amministrazione di accertare la decadenza dal beneficio, qualora l’immobile, una volta ultimato, presenti caratteristiche diverse da quelle agevolabili.

Il contribuente, al fine di conservare l’agevolazione, deve dimostrare l’ultimazione del fabbricato entro tre anni dalla registrazione dell’atto, termine a disposizione dell’ufficio per esercitare il potere di accertamento.

2.4. L’immobile per il quale è in corso il cambio di destinazione

La prassi ministeriale non si è ancora pronunciata espressamente sulla spettanza dell’agevolazione in caso di immobile, attualmente non destinato ad abitazione, per il quale è stato approvato dai competenti organi comunali il progetto per la trasformazione in abitazione ed è stata rilasciato il relativo permesso di costruire.

Per la spettanza delle agevolazioni si è pronunciata la giurisprudenza tributaria precisando che «ovviamente deve trattarsi di immobile che già presenta le condizioni obiettive, sia amministrative, come la concessione della licenza edilizia ai fini di civile abitazione, sia strutturali perché possa essere adibito ad abitazione» (Comm. centr., Sez. XXVI, dec. n. 4252 del 19 giugno 1997, in Il fisco 1999, 877).

La fattispecie si presenta analoga all’acquisto di immobile in corso di costruzione, fattispecie per la quale, come si è detto, la prassi ministeriale si è già pronunciata per la spettanza dell’agevolazione.

 

2.5. Acquisto di abitazione contigua

Anche per l’acquisto di due appartamenti contigui destinati a costituire un’unica unità abitativa la prassi ministeriale, recependo le conclusioni della corte di Cassazione, ha dato dimostrazione di notevole apertura alle esigenze del contribuente, riconoscendo la spettanza dell’agevolazione purché l’abitazione, dopo la riunione delle due porzioni immobiliari contigue, conservi le caratteristiche non di lusso (cfr. Agenzia delle Entrate, circolare 12 agosto 2005, n. 38/E, par. 3.4.).

Il regime di favore è riconosciuto anche per l’acquisto di immobile contiguo ad altra abitazione acquistata dallo stesso soggetto fruendo dei benefici cd. “prima casa”, ad esempio nei casi di acquisto di stanza contigua (risoluzione n. 25/E del 25 febbraio 2005 e circolare 12 agosto 2005, n. 38/E, par. 3.4.).

Precisa la circolare 12 agosto 2005, n. 38/E che, per quanto concerne il requisito della “novità” nel godimento dell’agevolazione, di cui alla lettera c) della nota II-bis, «in via eccezionale, diversamente dalla dichiarazione che va resa in tutti gli altri casi, nelle ipotesi in commento l’acquirente non renderà la dichiarazione circa la novità nel godimento dell’agevolazione “prima casa”».

 

3. Requisiti oggettivi:

 

b) Ubicazione dell’immobile

 

3.1 Ubicazione dell’immobile

In base alla lettera a) della nota II-bis le agevolazioni prima casa competono a condizione «che l’immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l’acquirente svolge la propria attività ovvero, se trasferito all’estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita l’attività il soggetto da cui dipende ovvero, nel caso in cui l’acquirente sia cittadino italiano emigrato all’estero, che l’immobile sia acquisito come prima casa sul territorio italiano. La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall’acquirente nell’atto di acquisto».

 

3.2 La dichiarazione di volere trasferire la residenza

La dichiarazione d’intento, consistente nella manifestazione della volontà di stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato, espressa nell’atto di trasferimento, costituisce vero e proprio obbligo dell’acquirente sancito con la decadenza dalle agevolazioni; da tale dichiarazione consegue l’onere per l’acquirente stesso di trasferire effettivamente la residenza, entro il termine di diciotto mesi a pena di decadenza, nel comune in cui è situato l’immobile acquistato e di darne prova all’ufficio spontaneamente o a richiesta (cfr. circolare 1 marzo 2001, n. 19/E, par. 2.1.2.).

 

3.3. La prova dell’avvenuto trasferimento della residenza

Una questione particolarmente delicata riguarda la prova del contribuente della data in cui è avvenuto l’effettivo trasferimento della propria residenza nel Comune in cui è ubicato l’immobile acquistato.

Secondo una prima posizione dell’Agenzia delle Entrate, il cambio di residenza si considera avvenuto nella stessa data in cui l’interessato rende al comune, ai sensi dell’art. 18, commi 1 e 2 del d.p.r. 30 maggio 1989, n. 223 la dichiarazione di trasferimento (cfr. circolare 12 agosto 2005, n. 38/E, par. 2.4.).

Tale posizione dell’Agenzia delle Entrate è stato contestata in dottrina ritenendosi rilevante «non solo la residenza anagrafica ma anche quella effettiva risultante aliunde, anche se non suffragata dalle risultanze anagrafiche».

Quest’ultima tesi è stata confermata di recente dalla giurisprudenza tributaria secondo la quale «non è sufficiente la risultanza burocratica dell’anagrafe per ritenere sussistente la decadenza dalle agevolazioni per l’acquisto della prima casa in dipendenza del mancato trasferimento della residenza. L’indicazione anagrafica non può stabilire un modo assoluto la residenza o meno del soggetto, ma assume il valore di una semplice mera presunzione che può essere superata sulla base di elementi di convincimento idonei a dimostrare che la dimora attuale del soggetto si trova in luogo diverso. A tal fine l’attivazione delle utenze (fornitura di gas, trasporto di rifiuti solidi urbani) possono costituire elemento di valutazione per la verifica dell’effettiva residenza».

Ai sensi dell’art. 31, disp. att. c.c. il trasferimento si prova con la doppia dichiarazione fatta al comune che si abbandona e a quello dove si intende fissare la dimora abituale. Tale norma va ora coordinata con gli articoli 13, comma 2 e 18, commi 1 e 2 del D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223 (Approvazione del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente) in base ai quali l’interessato deve rendere la dichiarazione di trasferimento della residenza da altro comune o dall’estero, nel termine di venti giorni dalla data in cui si sono verificati i fatti, mediante modello conforme all’apposito esemplare predisposto dall’Istituto centrale di statistica. Successivamente le dichiarazioni di trasferimento della residenza da altro comune o dall’estero devono essere trasmesse, entro venti giorni, dall’ufficiale di anagrafe che le ha ricevute al comune di precedente iscrizione anagrafica per la corrispondente cancellazione. La cancellazione dall’anagrafe del comune di precedente iscrizione e l’iscrizione nell’anagrafe di quello di nuova residenza devono avere sempre la stessa decorrenza, che è quella della data della dichiarazione di trasferimento resa dall’interessato nel comune di nuova residenza.

 

3.4. L’impedimento per causa di forza maggiore al trasferimento della residenza

L’Agenzia delle Entrate si è occupata, di recente, in due occasioni, dell’impossibilità per il contribuente di stabilire la propria residenza nel comune in cui è ubicato l’immobile acquistato per causa di forza maggiore.

Secondo la definizione fornita dalla giurisprudenza (Cass. 19 marzo 1981, n. 1616) ed approvata dalla prassi ministeriale (risoluzione n. 35/E del 1° febbraio 2002, risoluzione n. 140/E del 10 aprile 2008), per causa di forza maggiore si intende un “impedimento oggettivo sopraggiunto non prevedibile e tale da non poter essere evitato che costituisce un ostacolo all’adempimento dell’obbligazione, caratterizzato da non imputabilità alla parte obbligata, inevitabilità e imprevedibilità dell’evento”.

 

Il problema principale da risolvere concerne l’aspetto se l’oggettiva impossibilità a trasferire la residenza debba essere estesa a gran parte del territorio comunale oppure se è sufficiente che l’impossibilità sia limitata al solo immobile acquistato dal contribuente: Con la risoluzione n. 35/E del 1° febbraio 2002 ha affrontato il caso dei contribuenti impossibilitati a trasferire la residenza nel comune di Foligno a causa del sisma iniziato il giorno 26 settembre 1997 che ha colpito le regioni Marche e Umbria e sembra richiedere una impossibilità oggettiva riferita alla maggior parte del territorio comunale.

La risoluzione ha inizialmente precisato che l’evento sismico deve essersi verificato in pendenza del termine per trasferire la residenza nel comune colpito; se si fosse verificato prima dell’acquisto dell’immobile o dopo la scadenza del termine di legge per il trasferimento della residenza non avrebbe certamente impedito la decadenza dalle agevolazioni prima casa. Ha proseguito affermando che «se di norma non è sufficiente il verificarsi di un evento sismico per impedire a chiunque di trasferire la propria residenza in uno dei comuni colpiti, nella fattispecie in questione il danneggiamento non riguarda il solo immobile agevolato ma l‘intero Comune di Foligno e tutti gli altri comuni che, a seguito del fenomeno naturale, sono stati individuati come disastrati dall’Ordinanza del 13 ottobre 1997, n. 2694, del Ministero dell’Interno». In conclusione la citata risoluzione ha affermato che il sisma ha determinato l’oggettivo impedimento a trasferire, nel termine richiesto, la residenza in un comune dove un gran numero di fabbricati è stato gravemente danneggiato dal sisma, con la conseguente carenza di immobili da destinare ad abitazione.

Con la risoluzione 140/E del 10 aprile 2008 l’Agenzia delle Entrate ha affrontato il caso di un contribuente che, dopo avere acquistato un immobile ad uso abitazione avvalendosi delle agevolazioni cd. prima casa, si è trovato nell’impossibilità di far fronte all’obbligo di trasferire la residenza nel comune, entro il termine di 18 mesi, a causa di abbondanti infiltrazioni d’acqua provenienti dal tetto, a causa delle quali l’immobile è stato dichiarato inagibile con ordinanza del sindaco. La citata risoluzione, dopo avere premesso che per il godimento dell’agevolazione prima casa non è più previsto l’obbligo di adibire l’immobile ad abitazione principale, ma è richiesto lo stabilimento della residenza anche in un immobile diverso nello stesso comune, ha ritenuto sussistente nella fattispecie al vaglio la causa di forza maggiore sopravvenuta rispetto all’acquisto del contribuente. Ha affermato testualmente la risoluzione che una differente conclusione «imporrebbe, in modo acritico, anche un nuovo onere finanziario a carico dell’acquirente il quale, al fine di stabilire nel termine di legge la propria dimora abituale nel comune dove ha acquistato l’immobile inutilizzabile per forza maggiore, sarebbe costretto ad assicurarsi la disponibilità di un nuovo immobile».

 

3.5. Se esiste un obbligo di mantenimento  della residenza nel Comune –

Dalla formulazione della nota II-bis non risulta un espresso obbligo di mantenere la residenza nel Comune in cui è ubicato l’immobile per un determinato periodo di tempo né è prevista tra le cause di decadenza dalle agevolazioni prima casa il trasferimento della residenza in altro comune prima di un periodo di tempo predeterminato.

Sul problema in esame non si rinvengono pronunce né di prassi né di giurisprudenza .

Una risposta a quesito dell’Ufficio Studi del C.N.N. mette in evidenza che, mentre in passato la formulazione della norma attribuiva preminente rilievo alla destinazione effettiva del bene ad abitazione personale, a seguito delle modifiche normative intervenute, la norma non richiede più l’effettivo utilizzo abitativo dell’immobile acquistato ma semplicemente la residenza nello stesso Comune. Ne consegue che non comporta decadenza delle agevolazioni prima casa usufruite in sede di acquisto la concessione in locazione o in comodato ad un terzo dell’immobile acquistato con le agevolazioni in questione.

Dall’attuale formulazione normativa può, dunque, ricavarsi che l’attuale finalità dell’agevolazione non è quella di soddisfare le esigenze abitative dell’acquirente ma, più in generale, l’accesso alla proprietà come modalità di utilizzo del risparmio. Sulla base della ricostruzione che precede lo studio conclude affermando che «il requisito della residenza può essere considerato come un dato meramente formale volto a delimitare l’ambito oggettivo dell’agevolazione al momento della sua applicazione, non a caratterizzarne la finalità. Lo spostamento della residenza da parte dell’acquirente, peraltro, non pregiudicherebbe in alcun modo le ragioni del fisco. Anche in questa ipotesi, infatti, permarrebbe l’impossibilità, per l’acquirente dell’immobile agevolato, di fruire nuovamente del beneficio in discussione».

 

3.6. Vendita dell’immobile prima dei diciotto mesi dall’acquisto e nuovo Acquisto entro l’anno-

La prassi ministeriale non prende posizione sull’ipotesi, non infrequente, in cui il contribuente nell’atto di acquisto manifesti l’intenzione di trasferire la residenza entro diciotto mesi nel comune in cui è ubicato l’immobile acquistato, poi, di fatto, non trasferisca la residenza perché, prima dei diciotto mesi, aliena l’immobile acquistato e, entro un anno dall’alienazione, ne acquista un altro in un comune diverso. Ci si chiede se il contribuente, avendo alienato l’immobile prima del trasferimento della residenza, decada comunque dalle agevolazioni anche se riacquista altra abitazione entro un anno.

In dottrina si è proposta una interpretazione “sostanziale” della fattispecie che fa salva l’agevolazione concessa in sede di acquisto, sottolineando come il contribuente potrebbe prima trasferire la residenza nel comune, adempiendo alla dichiarazione resa, e successivamente vendere l’immobile per riacquistarne un altro entro un anno, con il relativo trasferimento di residenza.

In sostanza si potrebbe dare una lettura “dinamica e non formalistica” del requisito della residenza, strettamente collegato a esigenze primarie della persona.

 

3.7. Il cittadino trasferito o emigrato all’estero

Il cittadino trasferito all’estero per ragioni di lavoro ha diritto di godere del trattamento agevolato, senza l’onere di stabilire entro diciotto mesi la residenza nel comune, purché l’immobile sia ubicato nel comune dove ha sede o esercita l’attività il soggetto di cui lo stesso è dipendente. La circolare 1 marzo 2001, n. 19/E, par. 2.1.2. ha precisato che l’ipotesi in argomento è riferibile al solo rapporto di lavoro subordinato, con esclusione di qualsiasi altra tipologia di rapporto, e che lo stesso può essere instaurato anche con un soggetto che non necessariamente rivesta la qualifica di imprenditore.

Il cittadino italiano emigrato all’estero, che non ha più, quindi, la residenza in Italia, può acquistare in regime agevolato l’immobile indipendentemente dall’ubicazione dello stesso sul territorio nazionale, senza che sia necessario per l’acquirente stabilire entro diciotto mesi la residenza nel comune in cui è situato l’immobile (cfr. Agenzia delle Entrate, circolare 12 agosto 2005, n. 38/E, par. 1.; circolare 1 marzo 2001, n. 19/E).

La condizione di emigrato all’estero non deve necessariamente essere documentata con certificato di iscrizione all’AIRE (anagrafe italiana residenti all’estero) ma può essere autocertificata dall’interessato mediante dichiarazione resa nell’atto di acquisto ai sensi dell’art. 46 del d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445.

Per tutti i contribuenti che non hanno la cittadinanza italiana, l’agevolazione, invece, spetta solo se ricorrono tutte le condizioni di cui alla nota II-bis, ed in particolare se l’acquirente abbia (o stabilisca entro diciotto mesi) la residenza nel comune in cui è ubicato l’immobile acquistato (cfr. Agenzia delle Entrate, circolare 12 agosto 2005, n. 38/E, par. 1.; circolare 1 marzo 2001, n. 19/E).

 

3.8 Gli appartenenti alle forze armate

Ai sensi dell’art. 66, comma 1 della legge 21 novembre 2000, n. 342, il personale in servizio permanente appartenente alle Forze Armate ad ordinamento militare e quello appartenente alle Forze di polizia ad ordinamento militare e civile ha diritto alle agevolazioni c.d. “prima casa”, senza che sia richiesta la condizione della residenza nel comune in cui è situato l’immobile e, quindi, senza che si debba dichiarare di voler stabilire la residenza nello stesso comune entro diciotto mesi.

Il secondo comma dell’art. 66 della legge n. 342/2000 introduce una norma simmetrica in tema di detrazione degli interessi passivi riferiti ai mutui ipotecari per l’acquisto o la costruzione di un immobile costituente unica abitazione, di cui all’art. 15, comma 1, lett. b) d.p.r. n. 917/1986, stabilendo che la detrazione in parola spetti al personale in servizio permanente appartenente alle Forze Armate ad ordinamento militare e quello appartenente alle Forze di polizia ad ordinamento militare e civile prescindendo dal requisito della dimora abituale.

Ai fini della delimitazione soggettiva del concetto di Forze Armate va precisato che le disposizioni di favore che si commentano non sono applicabili ai dipendenti temporanei, ai distaccati ad altri Enti e Ministeri.

 

4. L’acquisto delle pertinenze

Il comma 3 della nota II-bis dispone che «le agevolazioni di cui al comma 1, sussistendo le condizioni di cui alle lettere a), b) e c) del medesimo comma 1, spettano per l’acquisto, anche se con atto separato, delle pertinenze dell’immobile di cui alla lettera a). Sono ricomprese tra le pertinenze, limitatamente ad una per ciascuna categoria, le unità immobiliari classificate o classificabili nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, che siano destinate a servizio della casa di abitazione oggetto dell’acquisto agevolato».

E’ evidente che l’acquisto dell’abitazione deve avere goduto delle agevolazioni prima casa abitazione, come è confermato dal riferimento all’acquisto agevolato contenuto alla fine del secondo periodo del comma 3. Pertanto è certo che se l’acquisto precedente non è stato agevolato non sarà possibile godere delle agevolazioni per l’acquisto separato di una pertinenza (circolare n. 19/E del 1° marzo 2001).

È, invece, dubbio se il contribuente sia ammesso ad acquistare separatamente una pertinenza con aliquota agevolata, nell’ipotesi in cui abbia già altri beni della stessa categoria catastale acquistati in regime ordinario.

In dottrina è stata sostenuta la tesi affermativa e la tesi sembra confermata dalla circolare n. 19/E del 1° marzo 2001 secondo la quale l’agevolazione non spetta nelle ipotesi in cui «cantine, box, soffitte, ecc., acquistati con atto separato rispetto all’abitazione, siano pertinenze di abitazioni diverse dalla c.d. “prima casa” oppure costituiscano pertinenze della c.d. “prima casa” al cui servizio sono già posti altri beni immobili della medesima categoria catastale». In sostanza, sembra che l’agevolazione non spetti per l’acquisto separato della pertinenza in due ipotesi:

i)                    nell’ipotesi in cui l’abitazione sia stata precedentemente acquistata in regime ordinario;

ii)        nell’ipotesi in cui vi siano già altre pertinenze della stessa categoria catastale al servizio della prima casa di abitazione. Seguendo questa linea interpretativa, può affermarsi che la possidenza di un altro bene della stessa categoria catastale della pertinenza che si va ad acquistare non impedisce l’acquisto agevolato della pertinenza se il bene pre-posseduto non sia di fatto destinato a pertinenza della prima casa.

L’acquirente, in sede di acquisto separato, della pertinenza deve dichiarare

i)                              che il bene acquistato costituisce pertinenza di una abitazione acquistata con le agevolazioni c.d. “prima casa”;

ii)                            che al momento dell’acquisto separato della pertinenza sussistono le condizioni di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 della nota II-bis;

iii)                          che al servizio della predetta abitazione non sono destinate altre pertinenze della stessa categoria catastale.

 

4.1 Ubicazione

Circa l’ubicazione della pertinenza, secondo la prassi ministeriale, l’agevolazione compete se detta pertinenza è situata in prossimità dell’abitazione principale, purché la stessa risulti destinata in modo durevole al servizio della casa di abitazione.

Al contrario, l’agevolazione non si applica qualora la pertinenza non possa essere oggettivamente destinata in modo durevole a servizio o ornamento dell’abitazione principale, ad esempio qualora il bene pertinenziale sia ubicato in un punto distante o addirittura si trovi in un comune diverso da quello dove è situata la “prima casa” (cfr. Agenzia delle Entrate, circolare 12 agosto 2005, n. 38/E, par. 7.).

 

4.2. Le aree scoperte pertinenziali

Per quanto riguarda l’acquisto di aree scoperte che costituiscono pertinenza di unità abitativa che beneficia dell’agevolazione “prima casa”, secondo la circolare 12 agosto 2005, n. 38/E, par. 7.2., le aree scoperte pertinenziali, per godere dell’agevolazione “prima casa”, devono risultare censite al catasto urbano unitamente al bene principale.

Di contro, ai fini dell’agevolazione fiscale, un’area che sia autonomamente censita al catasto terreni non può considerarsi “pertinenza” di un fabbricato urbano, anche se durevolmente destinata al servizio dello stesso. La stessa conclusione è stata raggiunta anche con riferimento ad un’area censita al catasto terreni alla “partita 1” (aree di enti urbani e promiscui) (cfr. risoluzione Agenzia delle Entrate 16 febbraio 2006, n. 32/E).

 

4.3. Il ri-acquisto separato della pertinenza

È possibile anche un riacquisto separato di una pertinenza dopo la vendita di quella precedentemente acquistata con aliquota agevolata.

Occorre distinguere due ipotesi.

Qualora la vendita della pertinenza intervenga dopo i cinque anni dal primo acquisto, il nuovo acquisto potrà godere delle agevolazioni prima casa e del credito d’imposta per il riacquisto della prima casa (Risoluzione n. 30/E del 1° febbraio 2008).

Qualora la vendita della pertinenza intervenga prima dei cinque anni, il riacquisto della nuova pertinenza non sarà idoneo ad evitare la decadenza dalle agevolazioni prima casa in quanto «requisito essenziale è che il riacquisto riguardi un altro immobile abitativo. Più precisamente, il comma 4 della nota II-bis precisa che l’acquisto deve riguardare un altro immobile da adibire a propria abitazione principale» (Risoluzione n. 30/E del 1° febbraio 2008). Pertanto, secondo l’Agenzia delle Entrate, il nuovo acquisto non avrà diritto alle agevolazioni prima casa ed al credito d’imposta.

4.4. Acquisti non omogenei

Ci si pone infine il problema dell’acquisto separato delle pertinenze rispetto all’abitazione principale quando uno dei due acquisti avvenga a titolo di donazione, per la quale si è chiesta l’agevolazione “prima casa” al fine di applicare le imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa ai sensi dell’art. 69, comma 3 della legge 21 novembre 2000, n. 342.

Sembra che sia ammissibile fruire dell’agevolazione prima casa sia in ipotesi di acquisto a titolo gratuito di una pertinenza da destinare a servizio di un’abitazione già acquistata a titolo oneroso, sia in ipotesi di acquisto con atto separato a titolo oneroso della pertinenza da destinare a servizio dell’abitazione già acquistata a titolo gratuito. 

Tali conclusioni sembrano confermate anche da Agenzia delle Entrate, circolare 12 agosto 2005, n. 38/E, par. 6.3 che, con riferimento all’acquisto separato delle pertinenze a titolo gratuito dopo avere acquistato l’abitazione sempre a titolo gratuito, conclude che «il regime agevolato previsto per gli acquisti a titolo gratuito di case di abitazione è esteso anche alle pertinenze qualora ricorrano i requisiti e le condizioni di cui alla nota II-bis in esame».

 

 

 

5. Requisiti soggettivi

Ai sensi delle lettere b) e c) della nota II-bis citata, sono richiesti i seguenti requisiti soggettivi:

«b) che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare;

c) che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni di cui al presente articolo ovvero di cui» alle disposizioni normative, succedutesi nel tempo, che hanno disciplinato l’agevolazione cd. “prima casa” indicate nella lettera c), iniziando dall’art. 1 della legge 22 aprile 1982, n. 168 per terminare con l’art. 16 del decreto legge 22 maggio 1993, n. 155, convertito con modificazioni dalla legge 19 luglio 1993, n. 243.

 

5.1.      L’acquisto di quote o diritti parziari

Qualora l’acquisto riguardi una quota di comproprietà, si può beneficiare dell’agevolazione purché in presenza di tutti i requisiti previsti, come risulta testualmente dalla lettera c) della nota II-bis citata dove si richiede che l’acquirente non sia titolare, neppure per quote, di altra casa di abitazione acquistata con le agevolazioni “prima casa”(cfr. circolare 1 marzo 2001, n. 19/E, par. 2.2.3.).

«Qualora il titolare di una quota di diritti immobiliari, acquisita usufruendo delle agevolazioni, proceda all’acquisto di un’ulteriore quota dello stesso immobile, può giovarsi dell’agevolazione tributaria purché ricorrano le altre condizioni… Sembra evidente… che il legislatore abbia inteso agevolare esclusivamente il conseguimento della piena proprietà di una sola unità immobiliare ad uso abitativo» (circolare 1 marzo 2001, n. 19/E, par. 2.2.9.).

La conclusione è identica per l’acquisto di un ulteriore diritto parziario sullo stesso immobile al fine di conseguire la piena proprietà dello stesso (cfr. Agenzia delle Entrate, circolare 12 agosto 2005, n. 38/E, par. 2.3).

 

5.2.      I coniugi in regime di comunione legale dei beni

Com’è noto il regime di comunione legale comporta l’estensione automatica ex lege a favore dei coniugi in comunione degli acquisti compiuti dai coniugi, anche separatamente, durante il matrimonio, ad esclusione di quelli personali (art. 177, lett. a) c.c.).

Secondo la circolare 12 agosto 2005, n. 38/E, par. 2.1, al fine di ottenere l’agevolazione “prima casa” sull’intero immobile trasferito tale meccanismo di estensione automatica di cui all’art. 177, lett. a) c.c. non può essere utilizzato, in quanto entrambi i coniugi devono rendere le dichiarazioni previste alla lettera b) e c) della nota II-bis. L’affermazione lascia perplessi in quanto appare in contrasto con la stessa lettera della legge e precisamente con la lettera c) della nota II-bis che preclude la reiterabilità delle agevolazioni in caso di titolarità, anche per quote, anche in regime di comunione legale.

Nell’ipotesi in cui uno solo dei coniugi (in regime di comunione dei beni) possegga i requisiti soggettivi per fruire dell’agevolazione “prima casa” si ritiene che il beneficio fiscale sia applicabile nella misura del 50 per cento, ossia limitatamente alla quota acquistata dal coniuge in possesso dei requisiti previsti per avvalersi dell’agevolazione “prima casa”.

Naturalmente il precedente acquisto non deve essere avvenuto in regime di comunione legale, perché, in tal caso, per entrambi i coniugi è precluso l’accesso all’agevolazione “prima casa”, in quanto hanno già fruito delle agevolazioni.

Relativamente al requisito della residenza nel Comune ove è sito l’immobile, la Corte di Cassazione ha più volte affermato che il requisito della residenza va riferito alla famiglia per cui, ove l’immobile acquistato sia adibito a residenza della famiglia, non rileva la diversa residenza del coniuge (Cass. 13085/2003 e 2109/2009).

 

Vi è poi una terza interpretazione:

Se il coniuge non intervenuto in atto non può considerarsi “acquirente”, non dovrebbero essere riferiti allo stesso i requisiti per godere delle agevolazioni prima casa e le dichiarazioni per la richiesta delle agevolazioni dovrebbero essere fatte unicamente dal coniuge acquirente, intervenuto in atto.

Seguendo questa impostazione, il coniuge intervenuto in atto potrebbe chiedere per intero le agevolazioni anche se l’altro coniuge fosse titolare esclusivo di un bene personale oppure non avesse lo possibilità di trasferire la residenza nel Comune dove è ubicato l’immobile acquistato.

 

5.3.      La classificazione catastale

Secondo la circolare 7 maggio 2001, n. 44/E, par. 2.2.5, qualora l’acquirente sia già titolare di un immobile classificato in catasto nella categoria A/10 (ufficio) ma di fatto adibito ad abitazione, l’agevolazione può essere concessa. Non ha, infatti, rilevanza l’utilizzazione di fatto diversa dalla classificazione catastale.

In osservanza dei medesimi criteri è possibile asserire, di contro, che l’agevolazione non è applicabile nel caso in cui l’acquirente sia titolare, nel comune dove acquista, di altro immobile classificato o classificabile in catasto come abitazione, indipendentemente dall’utilizzo di fatto.

 

5.4.      Precedente acquisto agevolato derivante da successione o donazione – Secondo quanto affermato espressamente nella circolare 7 maggio 2001, n. 44/E, par. 1., il precedente acquisto agevolato per successione o donazione non è di ostacolo al successivo acquisto agevolato per atto tra vivi, sempre che sussistano le condizioni di cui alle lettera a), b) e c) della nota II-bis. La motivazione, secondo la circolare, risiederebbe nella diversità dei presupposti che legittimano l’acquisto del bene in regime agevolato.

 

 

6. Decadenza dall’agevolazione per rivendita nel quinquennio

 

Ai sensi del comma 4 della nota II-bis citata, in caso di trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici “prima casa” prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto, sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale oppure l’I.V.A. nella misura ordinaria, nonché una sanzione pecuniaria pari al 30 per cento della differenza d’imposta, oltre agli interessi di mora di cui al comma 4 dell’art. 55 del T.U. dell’imposta di registro.

La decadenza dall’agevolazione “prima casa” non opera nel caso in cui il contribuente, entro un anno dall’alienazione dell’immobile acquistato con i predetti benefici, proceda all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale.

 

6.1.      La rivendita nel quinquennio di una parte, di una quota dell’abitazione o di un diritto parziario

Secondo quanto precisato dalla risoluzione Agenzia delle Entrate 16 febbraio 2006, n. 31/E, anche la rivendita prima del quinquennio di una parte dell’abitazione acquistata con l’agevolazione “prima casa” o di una sua pertinenza determina la decadenza parziale dell’agevolazione per la parte di immobile venduto e per la pertinenza (nel caso esaminato il contribuente dopo aver acquistato con il beneficio “prima casa” un immobile e un box, successivamente (prima del decorso di 5 anni) ha rivenduto una quota-parte dell’immobile unitamente al box).

Per individuare il valore della parte dell’immobile per cui si decade dall’agevolazione o della pertinenza, al fine del recupero dell’imposta, della soprattassa e degli interessi, occorre riferirsi al suo valore originario di acquisto. Pertanto, qualora tale valore non sia immediatamente desumibile dall’atto di acquisto, sarà necessario procedere ad una ricostruzione sulla base dei valori catastali.

Nel caso di decadenza per la rivendita di una quota indivisa dell’abitazione acquistata con il beneficio “prima casa”, al fine del recupero dell’imposta, della soprattassa e degli interessi, sarà sufficiente una semplice operazione matematica, partendo dal prezzo indicato nell’atto di acquisto.

Così come nel caso di decadenza per la rivendita di un diritto reale parziario (usufrutto o abitazione) o della nuda proprietà, sarà sufficiente una semplice operazione matematica, stabilendo il valore del diritto parziario sulla base dei coefficienti, correlati all’età del beneficiario, di cui alla Tabella – Prospetto dei coefficienti, allegata al T.U. dell’imposta di registro.

 

6.2.      Il riacquisto entro l’anno di un diritto diverso

Il riacquisto può riguardare anche un diritto diverso da quello precedente, quindi, indifferentemente, piena proprietà, nuda proprietà, usufrutto, abitazione e proprietà superficiaria, per un prezzo anche minore di quello riscosso in occasione della precedente cessione, se effettuata a titolo oneroso.

Si ritiene che il riacquisto possa riguardare anche una quota dell’abitazione e la nuda proprietà della stessa purché il contribuente sia in condizione di provare che adibisce l’immobile ad abitazione principale. Il riacquisto può riguardare anche un immobile per il quale non vengono richiesti i benefici, infatti la legge non richiede un riacquisto agevolato.

 

6.3       Il riacquisto entro l’anno in regime di comunione legale

«Qualora due coniugi in regime di separazione dei beni abbiano acquistato, ciascuno per proprio conto, due immobili fruendo entrambi dell’agevolazione c.d. “prima casa” ed entro il quinquennio li rivendano ed acquistino congiuntamente per quote, entro un anno dalla precedente vendita, un immobile da adibire a propria abitazione principale, godono dell’agevolazione c.d. “prima casa in quanto la norma (comma 4 della citata nota II-bis) non esclude la possibilità di riacquistare un immobile anche per quote» (Agenzia delle Entrate, Circolare 1 marzo 2001, n. 19/E, par. 2.2.11).

 

6.4.      Il riacquisto entro l’anno a titolo gratuito

E’ possibile che il contribuente, dopo avere alienato l’abitazione acquistata con le agevolazioni “prima casa” prima del quinquennio dall’acquisto, proceda, entro l’anno dall’alienazione, ad acquistare la nuova abitazione con atto di donazione.

L’amministrazione finanziaria nella circolare n. 6/E del 26 gennaio 2001 afferma che il mancato riacquisto a titolo oneroso dell’immobile da parte del contribuente configura l’ipotesi di decadenza, in quanto la causa di esclusione della decadenza trova giustificazione nell’investimento per acquistare un nuovo immobile “prima casa” da adibire a propria abitazione principale.

 

6.5       Il riacquisto entro l’anno del terreno su cui edificare la propria abitazione

Può darsi il caso che il contribuente, dopo aver alienato nel quinquennio, l’abitazione acquistata con l’agevolazione “prima casa”, proceda all’acquisto entro l’anno di un terreno su cui edificherà la propria abitazione principale. «Tuttavia è da ritenere confermata l’agevolazione fruita al momento dell’acquisto del fabbricato ceduto, nel caso in cui sul terreno acquistato venga realizzato, entro un anno dalla vendita [un immobile] utilizzabile come abitazione principale» (risoluzione Agenzia delle Entrate 16 marzo 2004, n. 44/E).bPertanto, si ritiene che, per non incorrere nella decadenza dal beneficio “prima casa”, non è di per sé sufficiente l’acquisto entro un anno del terreno, richiedendosi a tal fine che entro l’anno dall’alienazione venga ad esistenza il fabbricato destinato ad abitazione principale. Non è necessario che il fabbricato sia ultimato: è sufficiente che lo stesso entro l’anno venga ad esistenza, cioè acquisti rilevanza dal punto di vista urbanistico; deve quindi esistere almeno un rustico comprensivo delle mura perimetrali delle singole unità e deve essere stata completata la copertura (art. 2645-bis, comma 6 c.c.).

Si richiede altresì che il fabbricato sia adibito “a propria abitazione principale”, circostanza che deve essere dimostrata dal contribuente entro il termine di tre anni dalla registrazione dell’atto, termine a disposizione dell’ufficio per esercitare il potere di accertamento (cfr. risoluzione Agenzia delle Entrate 16 marzo 2004, n. 44/E).

Nel caso in esame non spetta il credito d’imposta previsto dall’art. 7, commi 1 e 2 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, considerato che all’acquisto di terreni non si applica il regime di favore cd. “prima casa”.

 

6.6       La conclusione entro l’anno di un contratto preliminare di compravendita o di assegnazione provvisoria da cooperativa

Condizione essenziale per non incorrere nella decadenza di cui al comma 4, è che entro l’anno dalla vendita si proceda alla stipulazione di un atto con effetti reali.  Pertanto non impedisce la decadenza né la conclusione entro l’anno di un contratto preliminare di compravendita né la prenotazione di un alloggio di cooperativa edilizia.

 

6.7       Rivendita entro il quinquennio da parte degli eredi

«Considerata la natura soggettiva e sanzionatoria della decadenza si giunge alla conclusione che, qualora gli eredi conseguano nel patrimonio un’abitazione acquistata dal de cuius con le c.d. agevolazioni prima casa, potranno liberamente vendere l’immobile nel quinquennio senza incorrere nella decadenza».

 

6.8       La destinazione ad abitazione principale

Il requisito di “adibire l’unità immobiliare a propria abitazione principale” è ancora richiesto dalla normativa vigente nel caso in cui il contribuente, dopo aver alienato, prima del quinquennio dall’acquisto, l’abitazione acquistata con l’agevolazione “prima casa”, proceda all’acquisto entro un anno di altro immobile “da adibire a propria abitazione principale” (comma 4 della nota II-bis citata). E’ cioè richiesto per il riacquisto che impedisce la decadenza dall’agevolazione “prima casa” per vendita infraquinquennale.

Sul significato da a attribuire alla locuzione “da adibire a propria abitazione principale” si è occupata espressamente la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 6 ottobre 2003, n. 192/E che ha recepito l’elaborazione della giurisprudenza della Cassazione con riferimento alla disposizione di cui all’art. 1, comma 6 della legge n. 168/1982. Secondo quanto afferma la risoluzione citata «il legislatore non ha inteso agevolare meri progetti di future (ed eventuali) sistemazioni abitative, ma attuali e concrete utilizzazioni degli immobili acquistati come abitazione da parte degli acquirenti… L’agevolazione prevista dalla norma di cui si tratta può essere mantenuta solo se l’acquisto sia seguito dalla effettiva realizzazione della destinazione dell’immobile acquistato ad abitazione propria».

La circolare si occupa anche del termine entro il quale il contribuente deve realizzare concretamente il proposito abitativo, concludendo nel senso che, in mancanza di scadenze predeterminate nel testo normativo, lo stesso debba attenersi a parametri di ragionevolezza e di buona fede.

«Pertanto si deve ritenere che quanto meno entro il termine triennale di decadenza del potere di accertamento dell’ufficio, il contribuente se voleva beneficiare delle agevolazioni fiscali, doveva avere realizzato la finalità dichiarata “di destinare ad abitazione l’immobile acquistato”» (risoluzione 6 ottobre 2003, n. 192/E).

Si ricorda che, secondo la nozione ricavabile dal diritto tributario, si considera abitazione principale quella nella quale il contribuente o i suoi familiari (coniuge, parenti entro il terzo grado ed affini entro il secondo grado) dimorano abitualmente (cfr. art. 5 D.P.R. n. 917/1986).

 

6.9       Accertamento dell’ufficio

L’agevolazione prima casa spetta, in sede di registrazione dell’atto, sulla base delle dichiarazioni rese dal contribuente in ordine alla sussistenza delle condizioni di cui all’art. 1 della Tariffa, parte prima, nota II-bis del Testo Unico dell’imposta di registro. L’accertamento della sussistenza di tutte le condizioni dichiarate dal contribuente in sede di registrazione attiene ad una fase successiva alla registrazione dell’atto.

Per stabilire il termine entro cui l’azione di accertamento deve essere svolta da parte degli uffici, al fine di recuperare l’imposta dal contribuente che abbia indebitamente fruito dell’agevolazione in sede di registrazione dell’atto, la corte di Cassazione ha stabilito, a sezioni unite, che alla fattispecie in esame si applica il termine di decadenza triennale di cui all’art. 76 del T.U. dell’imposta di registro e non quello di prescrizione decennale di cui all’art. 78 dello stesso T.U (Cass., SS.UU., 21 novembre 2003, n. 1196).

Il termine di decadenza triennale per l’azione accertatrice inizia a decorrere dalla data in cui gli uffici si trovino nelle condizioni di contestare la perdita del trattamento agevolato, vale a dire dal momento in cui è accertabile la mendacità delle dichiarazioni rese in sede di registrazione.

 

6.10     Il privilegio speciale immobiliare nell’ipotesi di decadenza dall’agevolazione –

A margine della decadenza dall’agevolazione prima casa, si accenna ad un problema spinoso che si incontra assai di frequente nell’attività notarile: mi riferisco al problema dell’opponibilità o meno al terzo acquirente dell’immobile del privilegio speciale previsto dall’art. 56, comma 4, d.p.r. n. 131/1986 per la riscossione coattiva dell’imposta di registro ed accessori, in caso di decadenza dell’alienante dall’agevolazione prima casa per rivendita infraquinquennale e mancato riacquisto entro l’anno dalla vendita. Il citato art. 56, comma 4, d.p.r. n. 131/1986 rinvia alle norme stabilite dal codice civile e l’art. 2772, comma 4 c.c. dispone che il privilegio non si può esercitare in pregiudizio dei diritti che i terzi hanno anteriormente acquistato sugli immobili.

Infatti, posto che il privilegio non può essere esercitato in pregiudizio dei diritti precedentemente acquistati dai terzi, se si ritiene che lo stesso al momento della vendita infraquinquennale sia già sorto, sarebbe certamente opponibile al terzo acquirente; se, al contrario, si ritiene che la nascita dello stesso sia collegata al mancato riacquisto entro l’anno dalla vendita, conseguentemente non potrebbe essere opposto al terzo che ha in precedenza acquistato il diritto sull’immobile.

Sul tema, in mancanza di una presa di posizione consolidata della prassi ministeriale - a quanto consta, si è espressa per l’esistenza del privilegio soltanto Agenzia delle Entrate, Dir. Reg. Lazio, 14 maggio 2002, prot. n. 55538/2002.

Pur ammettendo l’autonomia genetica del credito erariale per l’imposta complementare (che nascerebbe dall’avviso di liquidazione dell’imposta o dalla successiva iscrizione a ruolo) rispetto a quello per l’imposta principale (che nascerebbe dalla stipula dell’atto o dalla successiva registrazione), la dottrina ha qualificato il privilegio non come una qualità del credito ma quale potere privilegiato di sottoporre ad esecuzione il bene, che sorgerebbe già con il compimento dell’atto giuridico da sottoporre a registrazione, precedendo la nascita dei crediti che ha la funzione di garantire, e pertanto sarebbe opponibile ai terzi che acquistano l’immobile nel momento in cui è già sorto il privilegio mentre ancora deve venire ad esistenza il credito erariale per la decadenza dall’agevolazione. Pertanto, secondo questa impostazione, «una prima obbligazione tributaria nascerebbe dal perfezionamento dell’atto di acquisto dell’immobile e l’imposta dovuta sarebbe ovviamente assistita da privilegio; una diversa obbligazione scaturirebbe, invece, successivamente alla scoperta del mendacio delle dichiarazioni dell’acquirente o dal suo comportamento difforme dalle indicazioni normative (cessione infraquinquennale seguita dal mancato riacquisto nell’anno). L’ulteriore obbligazione nascerebbe, quindi, dal fatto imponibile realizzato dal combinarsi dell’atto di acquisto con la dichiarazione mendace o con il comportamento omissivo (mancato riacquisto nell’anno) in quanto produttivo di effetti giuridici evidenzianti una capacità contributiva. Applicando tale ricostruzione all’istituto del privilegio ex art. 56 d.p.r. n. 131/86 verrebbero fatti salvi tutti i diritti acquistati da terzi precedentemente alla decadenza dalle agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa di abitazione».

Il breve termine di decadenza quinquennale previsto dall’art. 56, comma 4 d.p.r. n. 131/86 ne riduce fortemente la portata pratica. Si ricorda che il dies a quo dei cinque anni è pacificamente ritenuto quello di registrazione dell’atto agevolato, che solo il pignoramento può evitare la decadenza dal potere di esercitare il privilegio e che il ricorso di parte non sospende il termine decadenziale, come ha riconosciuto la stessa Amministrazione finanziaria con la risoluzione del 14 luglio 1978, n. 4343/32. Pertanto, nella maggior parte dei casi, al momento della decadenza dell’agevolazione prima casa, il predetto termine quinquennale di decadenza sarà già spirato.

 

7. Successioni e donazioni

 

Com’è noto, l’art. 69, comma 3 della legge 21 novembre 2000, n. 342 ha stabilito che «Le imposte ipotecaria e catastale sono applicate nella misura fissa per i trasferimenti della proprietà di case di abitazione non di lusso e per la costituzione o il trasferimento di diritti immobiliari relativi alle stesse, derivanti da successioni o donazioni, quando, in capo al beneficiario ovvero, in caso di pluralità di beneficiari, in capo ad almeno uno di essi, sussistano i requisiti e le condizioni previste in materia di acquisto della prima abitazione dall’art. 1, comma 1, quinto periodo, della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131».

L’elemento di novità di tale normativa consiste nell’estensione automatica dell’agevolazione “prima casa” a tutti i beneficiari purché almeno uno di essi sia in possesso dei requisiti per fruire dell’agevolazione “prima casa” ed effettui la relativa richiesta dell’agevolazione.

Si ritiene, quindi, che il beneficio in argomento possa essere riconosciuto una sola volta per ciascun beneficiario in relazione all’immobile cui egli faccia riferimento nella dichiarazione resa e allegata alla dichiarazione di successione [o contenuta nella donazione]; pertanto, l’agevolazione può essere accordata per tanti immobili caduti in successione [o donati] quanti sono i beneficiari in possesso dei requisiti, purché si costituisca – per mezzo della dichiarazione – una diretta relazione tra il bene ed il soggetto beneficiario dell’agevolazione».

Sulle rimanenti unità immobiliari pervenute con la stessa donazione o successione devono, invece, essere corrisposte le imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale.

Il particolare meccanismo applicativo delle agevolazione prima casa in materia di successioni e donazioni consente di distinguere due categorie di soggetti: “il beneficiario diretto richiedente le agevolazioni” ed “i beneficiari per estensione” cioè coloro che beneficiano delle imposte ipotecaria e catastale in misura fissa, senza avere effettuato la richiesta delle agevolazioni. L’Agenzia delle Entrate conferma che coloro che abbiamo definito “beneficiari per estensione” possono non avere i requisiti “prima casa” e non hanno preclusioni per la successiva richiesta dei beneficia sia per acquisti a titolo oneroso sia per acquisti a titolo gratuito (Circolare 7 maggio 2001 n. 44/E).

A seguito della richiesta delle agevolazioni, “il beneficiario diretto richiedente le agevolazioni” è obbligato nei confronti del fisco al rispetto della dichiarazione di intenti resa in sede di atto di acquisto, concernente il trasferimento della residenza nel comune entro 18 mesi, ove sia residente in altro comune, ed è soggetto alla decadenza dalle agevolazioni per rivendita infraquinquennale se non procederà al riacquisto entro l’anno di un immobile da destinare ad abitazione principale.

Diversamente, i “beneficiari per estensione”, non essendo tenuti ad avere i requisiti prima casa al momento dell’acquisto, non hanno reso alcuna dichiarazione nell’atto di acquisto né hanno assunto alcun obbligo di comportamento nei confronti del fisco, tanto che potrebbero anche essere ignari della richiesta delle agevolazioni prima casa. Per questo motivo, non dovrebbe avere alcuna conseguenza sulle agevolazioni prima casa ottenute in sede di acquisto la rivendita da parte dei “beneficiari per estensione” dell’immobile acquistato prima della scadenza del quinquennio dall’acquisto.

Si è già chiarito in precedenza come il precedente acquisto agevolato per successione o donazione non sia di ostacolo al successivo acquisto agevolato per atto tra vivi, sempre che sussistano le condizioni di cui alle lettera a), b) e c) della nota II-bis, come affermato testualmente dall’Agenzia delle Entrate.

La risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 25 febbraio 2005, n. 29/E ha invece chiarito un aspetto particolarmente controverso in tema di dichiarazione di successione, e cioè se competa l’agevolazione “prima casa” per il diritto di abitazione di cui all’art. 540, comma 2 c.c. al coniuge superstite che rinunci all’eredità, in presenza dei requisiti richiesti dall’art. 69, comma 3 della legge 21 novembre 2000, n. 342. Tale risoluzione osserva come la nota II-bis «individua espressamente i diritti ammessi al beneficio, comprendendo anche quello di abitazione. Pertanto, prescindendo dalla questione connessa con il titolo giuridico (successione o legato) in forza del quale il contribuente può acquisire il diritto di abitazione, si ritiene che l’acquisizione in sé del diritto di abitazione della casa adibita a residenza familiare da parte del coniuge superstite può beneficiare dell’agevolazione c.d. “prima casa” a condizione che in capo al beneficiario ovvero, in caso di pluralità di beneficiari, in capo ad almeno uno di essi, sussistano i requisiti e le condizioni previste in materia di acquisto della prima abitazione».

 

8. Il credito d’imposta

 

L’art. 7, comma 1 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, riconosce un credito d’imposta al contribuente che, entro un anno dall’alienazione dell’immobile per il quale si è fruito dell’aliquota agevolata prevista ai fini dell’imposta di registro o dell’I.V.A. per l’acquisto della prima casa, provveda ad acquisire, a qualsiasi titolo, un’altra casa di abitazione non di lusso usufruendo dell’agevolazione “prima casa”.

L’ammontare del credito è pari all’imposta di registro o all’I.V.A. corrisposta in relazione al precedente acquisto agevolato ma non può essere superiore all’imposta dovuta per l’acquisto agevolato della nuova casa di abitazione. In sostanza è pari alla minore delle imposte corrisposte nei due acquisti agevolati.

Il credito d’imposta può essere portato in diminuzione:

(i)                           dall’imposta di registro dovuta sull’atto di acquisto agevolato che lo determina, ovvero, per l’intero importo

(ii)                         dalle imposte di registro, ipotecaria, catastale, [sulle successioni e donazioni] dovute sugli atti [e sulle denunce] presentati dopo la data di acquisizione del credito

(iii)                       può essere utilizzato in diminuzione delle imposte sui redditi delle persone fisiche dovute in base alla dichiarazione da presentare successivamente alla data del nuovo acquisto;

(iv)                       può altresì essere utilizzato in compensazione ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

Il credito d’imposta in ogni caso non dà luogo a rimborsi.

Il credito d’imposta ha carattere personale; pertanto, qualora l’immobile alienato o quello acquistato risultino in comunione, il credito d’imposta deve essere imputato agli aventi diritto, rispettando la percentuale della comunione. Ai fini della definizione dell’ammontare del credito, infatti, non rileva il principio di solidarietà nell’obbligo di pagamento, di cui all’art. 57 del T.U. dell’imposta di registro (Agenzia delle Entrate, Circolare 1 marzo 2001, n. 19/E, par. 1.4).

Va però precisato che se uno dei soggetti solidalmente obbligati al pagamento delle imposte soddisfi la pretesa fiscale utilizzando il proprio credito, l’effetto liberatorio si estende anche ai restanti coobbligati.

L’apparente contraddizione tra le ultime due precisazioni si risolve considerando che la tesi prevalente in dottrina ravvisa nell’obbligazione solidale di un fascio di rapporti caratterizzati e collegati dall’unicità della prestazione, dall’identità di funzione (nella solidarietà passiva il rafforzamento del vincolo, in quella attiva l’agevolazione dell’esercizio del credito) e dalla comunione di interessi. Ne deriva che il contribuente non può utilizzare il credito d’imposta per estinguere l’obbligazione di un coobbligato in solido ma l’estinzione della sua obbligazione si riflette positivamente sulla posizione giuridica del coobbligato in solido che non sarà più chiamato a rispondere, neppure in solido, di tale posizione debitoria.

Per fruire del credito d’imposta è necessario che il contribuente manifesti la propria volontà nell’atto di acquisto del nuovo immobile, specificando se intende o meno utilizzarlo in detrazione dall’imposta di registro dovuta per l’atto stipulando.

Il credito si acquisisce alla data di stipula dell’atto relativo al nuovo acquisto; se l’acquisizione avviene mediante contratto d’appalto, il credito nasce al momento della cessione del bene.

Qualora il titolare del credito muoia prima della sua utilizzazione, il credito è trasferito mortis causa agli eredi che lo possono utilizzare in uno dei modi previsti dalla legge.

Il credito si prescrive in dieci anni in applicazione della prescrizione ordinaria di cui all’art. 2496 c.c., decorrente dalla data in cui sorge il credito.

 

8.2       Gli acquisti soggetti ad I.V.A. effettuati prima del 22 maggio 1993

Un importante chiarimento è stato reso dalla Circolare 1 marzo 2001, n. 19/E, par. 1.2 in relazione agli acquisti assoggettati ad I.V.A. effettuati prima del 22 maggio 1993.

I soggetti che hanno acquistato la propria abitazione da imprese costruttrici sulla base della normativa vigente fino al 22 maggio 1993 non hanno formalmente usufruito delle agevolazioni cd. “prima casa”.

Ciò nonostante, con una interpretazione sostanziale e non formalistica della normativa, la Circolare 1 marzo 2001, n. 19/E, ha precisato che «si deve ritenere, tuttavia, che tale circostanza non precluda il diritto al beneficio qualora l’acquirente dimostri che alla data di acquisto dell’immobile alienato era comunque in possesso dei requisiti richiesti dalla normativa vigente in materia di acquisto della c.d. “prima casa”.

8.3       La permuta

La circolare 1 marzo 2001, n. 19/E prende espressamente in considerazione il riacquisto dell’abitazione mediante permuta, che pertanto costituisce contemporaneamente l’atto di alienazione e quello di riacquisto.

Considerato che la permuta sconta un’unica imposta calcolata sul trasferimento che dà luogo all’applicazione della maggiore imposta (art. 43, comma 1, lett. b) del T.U. di registro), in pratica occorre determinare quale parte dell’imposta corrisposta sia effettivamente imputabile all’unità immobiliare acquistata dal contribuente che intende avvalersi dell’agevolazione cd. “prima casa”.

8.4       L’appalto

Il credito d’imposta compete anche nell’ipotesi in cui un soggetto acquisti un’altra abitazione mediante appalto, considerando che la legge prevede che l’acquisto del nuovo immobile possa avvenire a qualsiasi titolo.

Per fruire del credito d’imposta è necessario che il contratto sia redatto in forma scritta e sia registrato, al fine di attribuire allo stesso la data certa che consente di verificare il rispetto del termine per il riacquisto. Inoltre nel contratto deve essere dichiarato il possesso dei requisiti che consentono l’applicazione del beneficio.

 

8.5       La donazione

Secondo la circolare 12 agosto 2005, n. 38/E, par. 8, stante la formulazione della norma attributiva del credito d’imposta, è possibile fruirne sia per gli acquisti a titolo oneroso sia per i trasferimenti a titolo gratuito disposti per atto di donazione, purché tale atto sconti l’imposta di registro.

Inoltre, anche in caso di successiva vendita e riacquisto entro un anno di altra “casa di abitazione non di lusso”, l’acquirente, ancorché abbia ricevuto l’immobile per donazione, potrà avvalersi del credito d’imposta.

Com’è noto, per effetto della modifica normativa apportata dall’art. 2, comma 47 del decreto legge n. 262/2006 convertito con modificazioni, dalla legge n. 286/2006, a seguito del ripristino dell’imposta sulle successioni e donazioni, ai trasferimenti a titolo gratuito non si applica più l’imposta di registro bensì l’imposta sulle successioni e donazioni.

 

8.6       L’assegnazione di alloggio da cooperativa

Con la Risoluzione n. 87/E dell’11 luglio 2005 l’Amministrazione Finanziaria ha riconosciuto che l’assegnazione dell’alloggio da parte di cooperativa edilizia soddisfi il requisito dell’acquisizione entro l’anno e, pertanto, consenta di accedere al credito d’imposta.

 I requisiti soggettivi e oggettivi richiesti dalla legge n. 448/1998 devono sussistere sia alla data dell’assegnazione dell’alloggio – momento in cui si acquista la disponibilità dell’immobile – sia al momento del rogito notarile di assegnazione definitiva – data del trasferimento della piena proprietà.

E’ necessario pertanto che il verbale di assegnazione contenga tutte le dichiarazioni previste dalla citata nota II-bis; inoltre il verbale di assegnazione deve essere registrato, visto che necessita la data certa al fine di stabilire il rispetto del termine di un anno dalla vendita del precedente immobile per la nuova acquisizione.

 

8.7       I riacquisti “a catena”

Può darsi che il contribuente, dopo aver riacquistato la prima casa di abitazione usufruendo del credito d’imposta, che ha utilizzato per intero in diminuzione dell’imposta di registro dovuta per il secondo acquisto, provveda nuovamente ad alienare la propria abitazione e ad acquistare un’altra abitazione principale entro un anno. Si può anzi affermare che, trascorso un certo lasso di tempo dall’introduzione del credito d’imposta, la fattispecie sarà sempre più frequente.

Ci si chiede se, nel secondo atto di riacquisto, competa il credito d’imposta anche qualora l’imposta di registro dovuta per il precedente acquisto sia stata assolta mediante compensazione, senza alcun esborso in sede di registrazione.

La Commissione Tributaria provinciale di Milano, Sezione 23 con la sentenza n. 148 del 29 maggio 2006, depositata in segreteria il 29 maggio 2006, ha rilevato che la legge non pone limitazioni cronologiche, né pone limiti al numero degli acquisti; gli unici limiti che la norma pone sono di natura quantitativa: infatti il credito spetta fino a concorrenza dell’imposta corrisposta in relazione al precedente acquisto agevolato ed il suo ammontare, in ogni caso, non può essere superiore all’imposta dovuta per l’acquisto agevolato della nuova casa di abitazione.

Pertanto la sentenza dalla Commissione Tributaria provinciale di Milano n. 148/2006, ha conseguentemente concluso che, se tale è il meccanismo agevolativo previsto dalla legge, deve riconoscersi che, nell’ipotesi di un terzo acquisto, il credito d’imposta spetta comunque sino a concorrenza dell’imposta corrisposta in relazione a quello precedente, anche se l’imposta relativa al secondo acquisto è stata assolta in parte mediante compensazione con il credito derivante dal primo acquisto ed in parte con il versamento del rimanente importo.

Qualora alcuni uffici facessero propria la tesi qui avversata, sarebbe opportuno che il notaio, quale consulente fiscale delle parti, consigliasse di optare per la riserva di utilizzo del credito in altro modo previsto dalla legge, con conseguente pagamento per intero dell’imposta di registro, al fine di poter nuovamente beneficiare del credito d’imposta in sede di riacquisto.

 

9. L’atto integrativo

 

La circolare 12 agosto 2005, n. 38/E, par. 9 ha riconosciuto espressamente la possibilità d’integrare anche successivamente l’atto di compravendita qualora nello stesso non sia stata resa la dichiarazione prescritta dalla legge per avvalersi dell’agevolazione “prima casa”.

Ciò che conta per l’applicazione del beneficio fiscale è che la dichiarazione di sussistenza dei presupposti soggettivi e oggettivi sia resa in atto integrativo redatto secondo le medesime formalità giuridiche.

Anche l’atto con il quale si acquista una nuova abitazione dopo l’alienazione della “prima casa” precedentemente acquistata con i benefici, può essere integrato degli elementi richiesti per ottenere l’agevolazione e della relativa documentazione. Pertanto in tal caso non è preclusa la spettanza del credito d’imposta di cui all’articolo 7 della legge n. 448 del 1998.

Dall’ultima considerazione sembra potersi trarre la conclusione, non espressa nella circolare, che anche la richiesta di avvalersi del beneficio del credito d’imposta possa essere contenuta in un atto integrativo. Infatti se il contribuente non ha richiesto l’agevolazione prima casa non può aver chiesto certamente di avvalersi del credito d’imposta.

Chiaramente, se l’atto integrativo è redatto dopo la registrazione dell’atto che viene integrato, il contribuente potrà utilizzare il credito d’imposta solamente in uno dei modi previsti dalla legge diverso dalla diminuzione dell’imposta di registro.

Va, però, segnalata la recente Risoluzione n. 370/E del 13 ottobre 2008 con cui l’Agenzia delle Entrate - in risposta ad un interpello di un contribuente che aveva acquistato all’asta un immobile ad uso abitativo, senza avere richiesto nella domanda di partecipazione all’asta le agevolazioni prima casa, pur essendo in possesso di tutti i requisiti prescritti dalla legge – ha affermato che il termine finale entro il quale il destinatario dell’agevolazione può far valere il suo diritto a chiedere l’applicazione dell’agevolazione tributaria sull’acquisto della prima casa è costituito dalla registrazione dell’atto davanti all’Amministrazione fiscale. Secondo la citata risoluzione «la dichiarazione riguardante il possesso dei requisiti di cui alle lettere a), b) e c) della predetta nota II-bis, poteva essere resa nelle more della registrazione del decreto di trasferimento. In mancanza di detto adempimento nel termine sopra indicato, l’interpellante non può invocare l’agevolazione “prima casa” e quindi ottenere il rimborso della maggiore imposta versata».

 

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