I nuovi art. 561 e 563 c.c. : considerazioni sulla L. n. 80 del 2005.

 

 

Prima della legge 14 maggio 2005, n.80, i pesi e le ipoteche costitute sopra i beni donati successivamente alla data delle liberalità erano travolti dall’accoglimento dell’azione di riduzione (art. 561), mentre l’alienazione dei beni stessi a terzi rimaneva efficace ma inopponibile al legittimario vittorioso, al quale i medesimi dovevano essere trasferiti in natura qualora il terzo non preferisse liberarsi dall’obbligo pagando l’equivalente in denaro (art.563).

 

Con la novella in esame, il legislatore ha cercato di porre rimedio a questa situazione, poiché decorso il ventennio dalla trascrizione della donazione, tanto i diritti di cui all’art. 561, quanto le alienazioni ai sensi all’art. 563, ricevono lo stesso trattamento giuridico nei confronti dei legittimari vittoriosi, restando definitivamente efficaci ed opponibili a questi ultimi.

Tuttavia il legislatore, nella preoccupazione di non pregiudicare eccessivamente i diritti dei legittimari, ha concesso ai medesimi quale correttivo, un diritto di opposizione il cui esercizio, impedisce ai terzi di consolidare il proprio acquisto sottraendosi così al rischio della riduzione.

In considerazione infine di particolari rapporti tra futuri legittimari e donatari, si è sancita la legittimità della rinuncia al diritto di opposizione, rinuncia che ove effettuata da tutti gli aventi diritto, dovrebbe tranquillizzare i terzi sulla bontà del loro acquisto.

 

Le modifiche apportate al codice civile rispondono all’esigenza di risolvere il problema della commerciabilità dei beni immobili provenienti da donazione, quando il donante sia ancora in vita o non sia trascorso dalla sua morte il decennio per la prescrizione dell’azione di riduzione.

Nel nostro ordinamento è radicato il principio generale secondo cui il decorrere del tempo permetta l’adeguamento della situazione di diritto a quella di fatto, come nella ipotesi di usucapione o della prescrizione estintiva dei diritti.

L’obbligo tuttavia di compensare in denaro il minore valore del bene di cui all’art. 561 comma 1, conferma e chiarisce che, pur decorso il ventennio, il donatario deve rendere conto al legittimario del valore del bene, il che sta a significare che la legge nega la possibilità che un bene oggetto di donazione possa essere usucapito, almeno durante il ventennio fissato per la consolidazione degli eventuali diritti dei terzi.

 

Circa i presupposti e l’ambito di applicazione della novella, oggetto della riforma non sono tutti gli atti gratuiti, ma solo le donazioni, sia dirette che indirette, perché solo per questi negozi si pone il problema della lesione dei diritti di riserva e quindi della tutela di cui agli art. 553 e seguenti.

Il momento iniziale da cui decorre il termine ventennale previsto è la trascrizione dell’atto e non la semplice stipulazione del medesimo; si deve ritenere inoltre che l’azione di restituzione sia preclusa ai legittimari semplicemente in conseguenza del decorso del ventennio dalla donazione, a nulla rilevando il momento dell’acquisto dei diritti da parte dei terzi.

Il fenomeno pertanto non suppone l’avvenuta usucapione da parte del titolare dei diritti di cui agli art. 561 e 563, dal momento che l’effetto giuridico è collegato al decorso del termine ventennale decorrente dalla trascrizione della donazione, e non dalla trascrizione od iscrizione del diritto del terzo.

 

Con la riforma in esame, il legislatore non ha inteso privare i legittimari della propria quota di riserva: l’effetto preclusivo infatti riguarda la sola azione di restituzione contro i terzi acquirenti dal donatario, e quindi il legittimario che abbia esperito vittoriosamente l’azione di riduzione ha diritto al valore dell’intero bene.

Non si tratta quindi di un’innovazione che altera le quote di riserva fissate dal codice, anche se si potrebbe registrare una restrizione degli effetti dell’azione di riduzione, la quale - decorso il ventennio - colpisce il donatario ma potrebbe non colpire i successivi acquirenti. Il che potrebbe tradursi in una lesione del legittimario qualora il donatario fosse insolvente.

 

Proviamo a capire come la novella de quo possa influire sugli effetti della azione di riduzione nei confronti di successivi acquirenti.

Infatti un diverso ordine di riduzione potrebbe essere causato per effetto del meccanismo dell’opposizione alla donazione e dalla sua rinuncia, che sarebbero in grado di determinare il sovvertimento della regola di cui all’art. 559 (modo di ridurre le donazioni).

Valga il seguente esempio:

nell’ipotesi di due donazioni successive, il legittimario dovrà sempre aggredire per prima la donazione più recente, ma se per questa fosse stata fatta la rinuncia al diritto di opposizione, non avrà la possibilità di agire in restituzione verso i terzi.

Ciò comporta che, in caso di insolvenza del donatario, si applica il disposto dell’art. 562 , che prevede che il valore della donazione che non si può recuperare dal donatario si detrae dalla massa ereditaria.

La detrazione del valore dalla massa ereditaria produce la diminuzione sia della quota disponibile, sia di quella indisponibile, con la conseguenza che la donazione precedente, originariamente gravante solo sulla disponibile, potrebbe essere aggredita in tutto od in parte.

 

Passando ad una analisi più attenta del diritto di opposizione, il consolidamento dei pesi o dell’acquisto del terzi aventi causa dal donatario, potrebbe peggiorare la situazione giuridica del futuro legittimario, a cui quindi viene riconosciuto il relativo diritto di opposizione.

La titolarità del diritto di opposizione spetta, sotto il profilo soggettivo, al coniuge ed ai parenti in linea retta del donante. Quanto al coniuge, deve essere escluso il coniuge separato con addebito il quale non ha diritto ad ottenere la legittima ma è beneficiario unicamente di un assegno in denaro, qualora ricorrano i presupposti.

Quanto ai parenti in linea retta, il termine và esteso senza limiti tanto alla linea ascendente, quanto a quella discendente. La categoria dei parenti di cui agli art. 561 e 563 è quindi più ampia di quella dei legittimari, dal momento che i discendenti ulteriori e gli ascendenti vengono alla successione solo in assenza di figli.

Il diritto di opposizione è concesso ad una categoria di soggetti che non coincide esattamente con quella dei legittimari, dal momento che risulta impossibile conoscere chi sarà o meno legittimario prima della apertura della successione e quindi si è estesa la legittimazione all’opposizione a tutti i parenti in linea retta senza distinguere, dal momento che tutti questi potrebbero in astratto divenire legittimari.

L’opposizione è un atto stragiudiziale, che deve essere notificato al donatario e trascritto (contro il donatario e a favore dell’opponente). Per tale motivo deve rivestire almeno la forma di scrittura pubblica autenticata.

Anche se la notifica è effettuata dopo la trascrizione, può considerarsi ugualmente sospeso il termine ventennale, dal momento che la pubblicità è in realtà affidata solamente alla trascrizione, che ha quindi l’effetto tipico di rendere noto ai terzi l’esistenza della opposizione (e non di risolvere conflitti tra più aventi causa o di rispettare la continuità delle trascrizioni) mentre la notifica ha il solo scopo di agevolare la conoscibilità da parte del donatario, che è quindi dispensato da ogni indagine al riguardo.

Il novellato art. 563 mantiene fermo il limite di cui all’art. 2652 n.8, per cui i diritti dei legittimari soccomberebbero qualora la domanda di riduzione fosse trascritta dopo il decennio.

L’opposizione infine perde effetto se non è rinnovata prima che siano trascorsi venti anni dalla sua trascrizione : evidente è l’analogia con il sistema della rinnovazione delle ipoteche, anche se qui la rinnovazione non è riferita tanto alla trascrizione, quanto alla stessa opposizione (si ritiene comunque sufficiente la rinnovazione della trascrizione).

Particolare è l’ipotesi in cui l’opposizione si esercitata da un figlio sopravvenuto o da un nuovo coniuge del donante : poiché infatti il termine in questione decorre inequivocabilmente dalla data di trascrizione della donazione, coloro che avessero acquisito il diritto di opposizione dopo la trascrizione ma prima del decorso del ventennio, avrebbero un termine ridotto per l’opposizione, mentre coloro che lo avessero acquistato successivamente al ventennio, addirittura ne sarebbero privati.

Ci si può infine chiedere se il diritto di opposizione si trasmetta all’erede : in senso negativo depone la lettera della legge che lo qualifica come diritto di natura personale ; a favore invece della soluzione positiva si può richiamare l’attenzione sulla natura patrimoniale che deve riconoscersi a tale diritto. L’opposizione quindi è atto personale ma non personalissimo, e quindi non impedisce che il titolare del medesimo sia sostituito da altri nell’esercizio del medesimo.

 

Passando alla analisi della rinuncia al diritto di opposizione, si dubita sulla idoneità di tale strumento a raggiungere lo scopo di consolidare in vi anticipata gli effetti dei diritti acquistati dai terzi aventi causa dal donatario, considerata la possibilità che prima del decorso del ventennio il donante può contrarre nuovo matrimonio o generare o riconoscere uno o più figli. Soggetti questi legittimati alla opposizione e che vanificherebbero la rinuncia di tutti gli altri precedenti legittimati.

Il diritto di opposizione rientra nell’ambito dei diritti riservati dalla legge su una certa successione, e quindi la sua rinuncia determina la rinuncia  di un diritto su una successione non ancora aperta. Siamo quindi all’interno dell’ambito di applicabilità dell’art. 458, ma l’espressa previsione normativa sottrae tale atto dalla sanzione della nullità.

L’art. 563 deroga inoltre anche l’art.557 , secondo cui i legittimari non possono rinunciare al diritto di agire in riduzione finchè vive il donante.

Quanto al reale oggetto della rinuncia al diritto di opposizione, si è evidenziato che in realtà questo non sarebbe altro che una rinuncia alla stessa azione di restituzione verso i terzi poiché, diversamente opinando (una interpretazione letterale farebbe appunto coincidere l’oggetto della rinuncia con il diritto di opposizione), anche in presenza della suddetta rinuncia, sarebbe sempre possibile al legittimario chiedere nel ventennio la restituzione dei beni dal momento che l’emancipazione della donazione ancora non sarebbe avvenuta.

Circa la forma della rinuncia, questa è libera in omaggio al principio della libertà delle forme qualora non abbia ad oggetto beni immobili. Non sembra poi necessario che questa debba essere notificata trattandosi di dichiarazione recettizia.

L’atto di rinuncia non è poi ritrattabile, così come la rinuncia all’azione di riduzione, avendo la norma in tema di rinuncia all’eredità carattere eccezionale.

 

Manca una disposizione che regoli l’efficacia nel tempo con riferimento alle donazioni stipulate anteriormente alla entrata in vigore della riforma. Per tale motivo pare opportuno adottare un atteggiamento prudenziale secondo il disposto dell’art. 11 preleggi per cui la legge non dispone che per l’avvenire.

Una interpretazione diversa potrebbe invece ricavarsi dall’art.3 comma 4 il quale parlando di immobili già oggetto di atti di disposizione a titolo gratuito sembra fare riferimento anche alle donazioni pregresse, in conformità con lo spirito della novella di favorire nel più ampio modo possibile la circolazione dei beni donati.

 

Concludendo ancora oggi nel nostro ordinamento non è possibile una efficace e completa tutela degli acquirenti con titolo con provenienza donativa che si ispira sempre, seppure con maggiori aperture rispetto al passato, alla tutela del legittimario ed all’intangibilità della legittima stessa.

 

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