Divisione fatta dal testatore (art. 734 c.c.)
Al testatore è consentito già in sede di testamento dividere i suoi beni con efficacia reale tra gli eredi così che, nonostante il nomen giuridico utilizzato dal legislatore, non si tratta di una divisione in senso tecnico poiché al momento della apertura della successione non vi sarà nessuna comunione ereditaria in quanto i beni sono stati già direttamente attribuiti in proprietà esclusiva ai singoli eredi.
Se tuttavia viene istituito un unico erede, parte della dottrina ritiene che non sia possibile utilizzare l’art. 734, in quanto presupponerebbe una pluralità di eredi che, nel caso di specie, non vi sarebbe.
La dottrina ha messo in luce che la divisione del testatore ex 734 c.c. ha sia una funzione attributiva di quote concrete sia una funzione distributiva, tipica della divisione.
Non vi sono dubbi che l’art. 734 c.c. abbia efficacia reale: gli eredi pertanto non divengono titolari in comunione di quote astratte ma proprietari esclusivi su singoli beni (che possono comunque essere in comunione ordinaria). Questa fattispecie si distingue quindi nettamente da quella disciplinata dall’art. 733 (c.d. assegno divisionale) che al contrario ha efficacia meramente obbligatoria.
Si ritiene che nell’ambito dell’art. 734 il testatore goda di ampia libertà nell’assegnazione dei beni: non è quindi legato al principio, proprio della divisione ordinaria, della omogeneità dei beni ma deve necessariamente rispettare:
1- I diritti dei legittimari;
2- La proporzione tra quota astratta di eredità (in cui il soggetto è nominato erede) e quota concreta di beni attribuiti (data dal rapporto tra il valore dei beni attribuiti e l’asse ereditario al netto dei debiti e legati al momento della successione).
3- Si ritiene inoltre applicabile l’art. 763 (rescissione per lesione di oltre ¼).
Il testatore potrebbe anche prevedere una divisione con conguagli, il cui il conguaglio in denaro ha natura di legato con funzione divisoria per correggere eventuali diseguaglianze tra quote di diritto in cui gli eredi sono istituiti e quote di fatto dei beni attribuiti. Naturalmente tale strumento è utilizzabile sono nell’ipotesi di divisione del testatore con predeterminazione di quote.
Discussa è la possibilità di una divisione del testatore soggettivamente parziale mentre è pacificamente ammessa una divisione oggettivamente parziale. Quanto alla prima problematica secondo parte della dottrina potrebbe essere di ostacolo alla liceità di tale operazione l’art. 735 c.c. che prescrive la nullità delle divisioni in cui non siano compresi taluni eredi.
La posizione di gran lunga prevalente in dottrina ed in giurisprudenza è in senso positivo: la nullità ex 735c.c. sarebbe infatti una nullità valutabile solo ex post e non al memento della redazione del testamento: è infatti necessario che non vi siano altri beni con cui si possano soddisfare gli eredi pretermessi ma tale valutazione potrà essere fatta solo all’apertura della successione ed in mancanza di beni sopravvenuti. Inoltre il legittimario pretermesso potrà far valere la nullità della disposizione solo dopo aver esperito vittoriosamente l’azione di riduzione.
Quanto invece ad una divisione oggettivamente parziale è il medesimo art. 734 c.c. che prevede che in tale ipotesi e salva una diversa volontà del testatore i beni tralasciati cadano in successione legittima.
Vi sono due tipologie di divisione del testatore:
1) La divisione con predeterminazione di quote: il testatore istituisce erede un soggetto in una quota di eredità e, per soddisfarlo, gli attribuisce determinati beni di pari valore;
2) Divisione senza predeterminazione di quote: che, a differenza della istitutio ex re certa iplica sempre una preventiva istituzione di erede, con cui il testatore nomina erede un soggetto attribuendogli determinati beni. La quota di eredità risulterà al momento della apertura della successione e sarà pari al rapporto del valore dei beni attribuiti rispetto al patrimonio ereditario netto.
Da sottolineare infine che il 734 si risolve sempre in una istituzione di erede ed, in quanto tale, dovrà essere sempre quantificata la quota ereditaria in cui l’erede stesso è istituito: nel 734 con predeterminazione di quote, tale determinazione è esplicita mentre nel 734 senza predeterminazione di quote, tale determinazione è implicita e si ricava a posteriori, come sopra precisato.
Art. 733: assegno divisorio semplice
A differenza della fattispecie disciplinata dall’art. 734, in questa ipotesi all’apertura della successione gli eredi si trovano in una comunione ereditaria ed hanno solo l’obbligo di eseguire la futura divisione secondo quanto stabilito dal testatore, che hanno carattere vincolante.
Tuttavia, una eventuale divisione in difformità con quanto disposto dal de cuius sarà valida, salvo l’eventuale risarcimento del danno che potrà essere chiesto dall’erede leso.
La dottrina ha generalmente ricondotto tale fattispecie alla figura dell’onere.
Si discute se a tale fattispecie sia applicabile l’art. 763 c.2 (lesione oltre 1/4 ) e quindi se sia o meno vincolante una disposizione che leda di oltre ¼ la quota di un coerede anche se abbia solo effetti obbligatori.
L’art. 733 c.2 prevede inoltre che la (futura) divisione possa essere effettuata secondo una stima di un terzo designato dal de cuius. Tale norma rappresenta una eccezione al principio di personalità del testamento perché permette che le quota (già determinate) degli eredi siano formate da un terzo estraneo.
Si discute se la divisione proposta dal terzo abbia o meno carattere reale: parte della dottrina, basandosi sulla lettera del 733 c.2 secondo cui la divisione fatta dal terzo non vincolerebbe gli eredi, sostiene la tesi della mera natura obbligatoria; altra dottrina al contrario ne afferma la natura reale in quanto si tratterebbe di una sorta di divisione fatta dal testatore per relationem (ossia attraverso un terzo).
Il terzo avrebbe natura di arbitratore e sarebbe in qualche modo implicita la sua nomina ad esecutore.