Il divieto di pesi e condizioni sulla legittima di cui all’art. 549 c.c.

 

Il principio della intangibilità della legittima

 

Due sono le forme di tutela predisposte dal nostro ordinamento a salvaguardia del principio della intangibilità della quota di legittima, sancito dall'art. 457, c. 3.

I diritti dei legittimari ricevono infatti innanzitutto una tutela di carattere "generale" con gli artt. 554 e 555 che prevedono un'azione di impugnativa di tutte quelle disposizioni attributive di beni ad altri nella misura in cui eccedono la porzione disponibile.

La legittima beneficia poi di una tutela "particolare", quella prevista dall'art. 549, più efficace ed immediata rispetto all'azione di riduzione dal momento che il legittimario non dovrà agire in riduzione perché il peso impostogli, gravante sulla legittima, è da considerarsi non apposto o nullo.

La ratio di tale diversa sanzione, prevista per la violazione di un medesimo principio, è stata ravvisata da un autore  nella circostanza che imporre un peso a carico della legittima non è compiere una qualsiasi lesione della legittima, ma è compiere una lesione "qualificata" dalla volontà dichiarata del disponente di diminuire l'ammontare della legittima.

 

Intangibilità quantitativa: dal 588 comma 2, dal 734 e 733 la maggioranza degli autori e la concorde giurisprudenza della Cassazione ritengono che le norme in esame abbiano risolto in senso positivo la complessa questione se il testatore abbia il potere di comporre le quote senza osservare la regola dell'uguaglianza qualitativa degli eredi.

Si afferma cioè che il principio della intangibilità della legittima vada inteso solo in senso quantitativo e non anche in senso qualitativo, potendo il testatore soddisfare le ragioni dei legittimari con beni di qualsiasi natura, anche con solo danaro, purché si tratti di beni o di somme che si trovano nel compendio ereditario.

Questa affermazione è l’applicazione del principio di ogni divisione secondo cui non è consentito dividere beni estranei alla comunione.

Prevale quindi l'opinione che al legittimario è garantito il diritto ad una determinata quantità di beni non anche ad una determinata composizione della quota a lui spettante, anche se non manca chi [Santoro Passarelli] sostiene invece l'intangibilità anche qualitativa della legittima.

Difforme dalla giurisprudenza è l'opinione isolatamente sostenuta, secondo la quale al legittimario possa essere attribuito anche denaro non esistente nel compendio ereditario, convertendo così il diritto reale del legittimario sui beni ereditati in un diritto di credito verso il coerede [Azzariti].

Corollario di questa impostazione è che il legittimario non può impugnare disposizioni lesive solo in modo qualitativo ma dovrà dimostrare una lesione (anche) quantitativa.

Le uniche ipotesi di riserva anche qualitativa legislativamente previste si ritengono essere i diritti del coniuge ex 540 comma 2 e l’art. 550.

 

Tacitazione della legittima con beni non ereditari.

La Giurisprudenza è costante nell’affermare che per il principio dell’intangibilità della legittima, i diritti devono essere soddisfatti con beni o denaro ereditari, con conseguenza della nullità del 734 se le ragioni di un riservatario sia soddisfatte dagli eredi con denaro proprio.

Ciò d'altronde trova ragione nel principio per cui non è consentito al testatore dividere beni estranei alla comunione.

La nullità deriverebbe dal fatto che il legittimario ha un diritto reale alla quota ereditaria che non si può trasformare in un diritto di credito verso un coerede.

La legittima pertanto sarebbe il diritto ad una data quantità di beni dell’asse, non semplicemente ad un valore.

Più discussa è invece la possibilità di pagare i conguagli con denaro personale, che avrebbero natura non di assegnazioni o assegni divisionali ma di legati con funzione divisoria (è possibile quindi applicare quindi il 651 o 653) fermo restando che la divisione deve avvenire con l’apporzionamento di beni ereditari.

Si discute se il divieto in esame vale solo per le divisioni con effetti reali (734) o anche per gli assegni divisionali che avrebbero solo carattere obbligatorio (733).

Altra soluzione, ma giuridicamente ben diversa, è ricorrere ad un legato in sostituzione di legittima dove (per apporzionare il legittimario) è pacifico che possa applicarsi il 651 e quindi anche con beni altrui non esistenti nell’asse.

 

L’art. 549

La formula legislativa ha un significato ampio comprensivo non solo dell'onere e della condizione in senso tecnico ma di ogni disposizione che diminuisca, in ogni modo, i diritti riservati ai legittimari o comunque modifichi la loro posizione giuridica rispetto ai beni appartenenti alla riserva oppure li assoggetti a vincoli.

Quindi la formula dell'articolo de quo è preordinata alla tutela sia della concreta entità della riserva sia del suo libero impiego da parte dei legittimari.

Si ritiene pertanto che sia vietato al testatore, qualora abbia ad oggetto la quota di uno dei legittimari, la fissazione di un termine iniziale o finale, la concessione di un diritto reale di godimento ad altra persona o addirittura l'obbligo di assistere una determinata persona.

Rientra ancora nel campo di applicazione dell'articolo in commento la attribuzione "alla comunione legale" di beni costituenti la quota di legittima spettante ad uno dei coniugi .

Non hanno, invece, il carattere di peso sulla legittima né la nomina dell'esecutore testamentario, né la sostituzione ordinaria disposta per il caso che il legittimario non voglia o non possa accettare l'eredità.

Dibattuta è invece in dottrina la questione se, ricorrendo i presupposti dell'art. 356, la nomina di un curatore speciale per l'amministrazione dei beni donati o lasciati a favore di un minore, soggetto alla potestà dei genitori, sia valida anche per i beni costituenti la legittima. Alcuni autori ritengono pienamente ammissibile, e quindi valida, la nomina del curatore speciale anche nella fattispecie prospettata sulla base della considerazione che tale nomina comporta una deroga alla disciplina della potestà sui minori senza modificare la condizione giuridica dei beni a lui attribuiti. Prevale in dottrina l'opinione di chi considera comunque la nomina del curatore ex art. 356 un peso ai sensi dell'articolo in commento .

La dottrina, infine, pacificamente ritiene che un peso o una condizione apposti ad una istituzione che comprende, oltre la legittima, anche la disponibile sono validi per quanto eccede la legittima.

Si discute in dottrina circa la possibilità di far ricadere sotto la sanzione dell'art. 549 anche i legati.

Secondo una prima interpretazione sono inclusi nella disposizione sanzionatoria dell'articolo in commento i legati imposti a carico del legittimario e gravanti sulla quota di legittima allo stesso spettante, sia che essi comportino un'obbligazione sia che impongano la costituzione della quota in godimento ad altri.

Sono invece esclusi dal campo di applicazione dell'art. 549 i legati ordinati a carico dell'eredità, sia con efficacia reale che con efficacia obbligatoria: questi, qualora il loro valore ecceda la quota disponibile, sono riducibili a norma dell'art. 554. Secondo un'altra interpretazione la sanzione della riducibilità è limitata ai legati con efficacia reale, mentre i legati con efficacia obbligatoria cadono sotto la sanzione dell'art. 549.

Si ritiene inoltre che ali legati in sostituzione di legittima possano essere apposte condizioni o pesi, poiché in tal caso il legittimario è sempre libero di rinunciarvi e ottenere quanto dovuto.

 

La sanzione del divieto del 549

 Si ritiene comunemente che la sanzione del divieto di cui all'art. 549 sia la nullità del peso o della condizione .

Si distingue tra pesi e condizioni e diposizioni lesive: queste ultime sono impugnabili attraverso l’azione di riduzione mentre le prime sono nulle (1421).

Qualche autore, peraltro, rileva che, essendo la nullità ex art. 549 non rilevabile dal giudice d'ufficio, non si tratta di vera nullità bensì di una forma di inefficacia relativa la quale opera ipso iure ma non può essere rilevata se non in seguito di apposita eccezione proposta dal legittimario.

Occorre infine dar conto di chi ritiene che le modalità apposte all'attribuzione della legittima sarebbero annullabili [Cariota-Ferrara].

 

Le eccezioni al divieto al 549 e al principio di intangibilità

L'inciso finale dell'art. 549 fa salva l'applicazione delle norme dettate in materia di divisione ereditaria. Si ritiene che tale rinvio deve intendersi limitato agli artt. 713 c. 2, 733 e 734 che attribuiscono al testatore la facoltà di dettare regole per la divisione, mentre rimangono escluse le norme che prevedono limiti legali o stabiliti dal giudice al diritto del coerede al conseguimento della quota spettante. Pertanto il testatore potrà non soltanto dettare norme vincolanti per la formazione delle porzioni in sede di divisione (art. 733), ma altresì dividere egli stesso i beni tra i coeredi anche se legittimari (art. 734); inoltre egli potrà ritardare la divisione dell'eredità stabilendo un termine (art. 713, c. 2).

Costituisce altra eccezione al divieto di imporre pesi o condizioni sulla quota del legittimari l'art. 692, che consente la sostituzione fedecommissaria anche sui beni costituenti la legittima.

Eccezioni al principio di intangibilità

sono la cautela sociniana e il legato in sostituzione di legittima. Si ritengono inoltre eccezioni alla legittima il diritto di abitazione ex 540 comma 2 in quanto gravante anche sulla porzione indisponibile e la sostituzione fedecommissaria che può avere ad oggetto anche beni costituenti legittima.

Altra eccezione è considerata la clausola con cui il testatore dispone che la divisione di tutta l’eredità non abbia luogo prima di un determinato termine non eccedente cinque anni (713).

 

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