La
Fusione tra Società Transfrontaliere (DIRETTIVA
2005/56/CE)
Dallo Studio del Cnn 1-2007/A
1.
Nozione e ambito
L’ambito di applicazione della direttiva è relativo alle fusioni di società di
capitali dell’Unione Europea.
Per fusione si intende l’operazione
che ha per effetto l’estinzione (con scioglimento senza liquidazione) delle
società incorporate o fuse in senso stretto ed il trasferimento del loro intero
patrimonio all’incorporante o a società costituita per effetto della fusione. E’
da sottolineare come l’attuale formulazione dell’art. 2504-bis
c.c. oggi non parli più di estinzione e/o successione ma solo di modifica dei
patti sociali con l’assunzione dei relativi diritti ed obblighi mentre la
normativa europea fa diretto riferimento all’estinzione ed al trasferimento del
patrimonio (effetti comunque sostanziali dell’operazione). Nonostante le
differenze terminologiche, si deve ricondurre alla fusione transfrontaliera
qualsiasi “operazione funzionalmente volta alla integrazione giuridica di due (o
più) società, e strutturalmente caratterizzata dall’assunzione da parte di una
società preesistente o di nuova costituzione della totalità del patrimonio,
attivo e passivo, di un’altra società, dall’estinzione senza liquidazione della
società così incorporata, e dall’assegnazione ai suoi soci di partecipazioni al
capitale sociale della società incorporante o risultante dalla fusione”.
Ai
soci di ogni società estinta per effetto della fusione devono essere assegnate
azioni o quote dell’incorporante o della società nata dalla fusione, con un
eventuale conguaglio non superiore al 10% del valore nominale o contabile delle
azioni o quote assegnate (art. 2). Tuttavia, al fine di non bloccare
l’operazione qualora una legislazione nazionale prevedesse soglie più alte,
l’art. 3 § 1 della Direttiva in commento, afferma che l’operazione trova
applicazione “anche alle fusioni transfrontaliere allorché la legislazione di
almeno uno degli Stati membri interessati consente che il conguaglio in
contanti…superi il 10%...”.
L’art. 15 § 2 prevede la cd. fusione transfrontaliera semplificata per cui
“Quando una fusione transfrontaliera mediante incorporazione è realizzata da una
società che detiene una quota pari o superiore al 90 %, ma non la totalità delle
quote e degli altri titoli rappresentativi del capitale sociale che conferiscono
diritti di voto nell’assemblea generale della società o delle società
incorporate, le relazioni di uno o più esperti indipendenti, nonché i documenti
necessari per il controllo sono richiesti soltanto qualora ciò sia previsto
dalla legislazione nazionale cui è soggetta la società incorporante o la società
incorporata”. Quindi, in forza dell’art. 2505-bis
c.c., nulla osta alla “fusione transfrontaliera semplificata” a cui partecipi
una società italiana in qualità di incorporante di una o più società di altro/i
Stato/i UE posseduta/e al 90% o in qualità di incorporata, unica o con altre, da
una società di altro Stato UE che la possiede e/o possiede le altre al 90%.
Non si può ritenere che la direttiva in commento sia direttamente applicabile
alla scissione transfrontaliera in ambito comunitario, a superamento degli
eventuali ostacoli provenienti dalle leggi nazionali (e dai principi espressi
dall’art. 25, comma 3, d.i.p.); tuttavia è probabile che il principio espresso
con la sentenza Sevic possa estendersi alla scissione transfrontaliera,
quantomeno per paralizzare una norma interna di divieto di scissioni
internazionali, nei casi in cui con tale vicenda si intenda dare piena
realizzazione alla libertà di stabilimento.
Alla operazione in questione possono partecipare solo
società di capitali tra cui anche le
Cooperative e la Società Europea (la cd. S.E., di cui all’art. 17 e ss. del
Regolamento CE 2153/2001). La norma di chiusura della Direttiva in questione
precisa le caratteristiche che tali enti devono avere e precisamente: la
presenza del capitale sociale; l’attribuzione della personalità giuridica con
patrimonio autonomo; il principio della responsabilità per i debiti sociali
limitata al patrimonio in questione; l’assoggettamento, in base alla legge
nazionale, alle forme di tutela dei soci e dei terzi previste dalla Prima
Direttiva (pubblicità, responsabilità per gli atti compiuti prima
dell’iscrizione, inopponibilità ai terzi delle limitazioni volontarie alla
rappresentanza organica, controllo preventivo o forma dell’atto pubblico per la
costituzione, disciplina restrittiva ed efficacia
ex nunc della nullità della società).
Il controllo della sussistenza di tali caratteristiche deve essere condotto
secondo le norme nazionali applicabili alla società in questione.
Requisito di applicazione della Direttiva consiste nella circostanza che la
società possa considerarsi “Comunitaria”
e quindi devono contemporaneamente ricorrere i requisiti della:
-
costituzione in conformità alla legge di uno Stato UE;
-
collocazione nella UE della sede sociale, dell’amministrazione centrale o del
centro di attività principale.
All’ipotesi di costituzione in Europa deve essere equiparata la società che,
costituita e inizialmente regolata secondo un ordinamento non europeo, sia stata
assoggettata ad un ordinamento europeo per effetto di apposita decisione (
insieme al trasferimento della sede sociale in uno Stato europeo)
presa in conformità sia all’ordinamento
dello Stato che ha sino ad allora riconosciuto e regolato la società
sia all’ordinamento dello Stato che da
quel momento la riconosce e la regola come “propria”.
2.
Ipotesi in cui la fusione transfrontaliera non può realizzarsi.
L’art. 4 della Direttiva prende in esame le tassative ipotesi in cui non è
possibile procedere all’operazione, con prevalenza dell’ordinamento nazionale
più restrittivo, ossia:
1)
per ragioni tipologiche: si tratta, cioè, di un tipo di società al quale la
legge nazionale non permette di fondersi con ogni altra società di diritto
interno;
2)
per motivi di interesse pubblico: in vista dei quali alle autorità nazionali è
concesso di opporsi ad una fusione con altre società di diritto interno.
Deve essere fatta rientrare nella prima fattispecie anche l’ipotesi di quando
legge nazionale non già vieti tout court
la fusione interna per un determinato tipo sociale, ma la vieti soltanto se
effettuata con società di dati tipi e non di altri.
Altra fattispecie a cui è necessario prestare attenzione è il
leveraged buy out: le legislazioni
nazionali devono essere in linea con il diritto comunitario ed in particolare
con il divieto di assistenza finanziaria presente nella Seconda Direttiva
e che la concreta operazione non possa
valutarsi come in frode al predetto divieto (la attuale disciplina italiana è
considerata una delle ipotesi più permissive).
3.
Procedimento della fusione.
Nella realizzazione della fusione è utile distinguere la fase decisionale
interna ad ogni società e l’esecuzione della fusione con il prodursi degli
effetti per tutte le società.
Quanto alla fase decisionale interna di ogni società, questa è regolata dalla
normativa nazionale che disciplina la società stessa (art.4). In questa fase
rientra il procedimento deliberativo assembleare e la tutela/autorizzazione di
tutti i soggetti a cui l’ordinamento attribuisce rilevanza (creditori,
obbligazionisti ..). Questa fase termina con il rilascio del certificato
preliminare alla fusione da parte della competente autorità nazionale di
controllo della fase decisionale di cui all’art. 10.
Tuttavia la Direttiva prevede anche in questa fase alcuni elementi
imprescindibili:
-
gli elementi del progetto di fusione transfrontaliera (art. 5), tra cui,
rispetto alla nostra normativa nazionale, si evidenzia:
o
occorre dare speciale evidenza (non bastando quella assicurata dalla inclusione
nel progetto, o allegazione al medesimo, dell’atto costitutivo e dello statuto
della società) della forma/tipo, denominazione e sede statutaria della società
derivante dalla fusione;
o
problemi attinenti al lavoro: ripercussioni della fusione sull’occupazione ed
informazioni sulle procedure di coinvolgimento dei lavoratori nella operazione;
o
circa il diritto agli utili correlato alle azioni/quote assegnate a
soddisfacimento del rapporto di cambio occorre segnalare non soltanto la data di
decorrenza del godimento, ma più in generale “ogni modalità particolare” ad esso
relativa (ogni clausola, condizione, elemento o circostanza che in via diretta o
indiretta possa incidere sulla spettanza o sulla esigibilità del diritto
all’utile o alterare il rapporto);
o
eventuali vantaggi particolari che fossero accordati in favore degli
amministratori, degli esperti a cui compete l’esame del progetto di fusione e
dei componenti degli organi di direzione, vigilanza e controllo delle società
partecipanti;
o
informazioni sulla valutazione degli elementi patrimoniali che confluiscono nel
patrimonio della società incorporante o costituita (compresa la data di
“chiusura dei conti”), non bastando le indicazioni in merito contenute nella
relazione dell’organo di direzione o di amministrazione e nella relazione degli
esperti;
o
pubblicazione del progetto comune nei rispettivi registri nazionali nei quali
sono resi conoscibili i progetti di fusione interna almeno un mese prima
dell’assemblea chiamata ad approvarlo
e la pubblicazione, nelle
Gazzette Ufficiali degli Stati le cui leggi regolano le società coinvolte, di
indicazioni concernenti le società partecipanti e la tutela dei creditori e soci
di minoranza;
(
con riferimento al sistema italiano, è ragionevole pensare che la pubblicazione
in Gazzetta Ufficiale debba intervenire prima della iscrizione, nel registro
delle imprese, della deliberazione assembleare di approvazione del progetto
comune di fusione, poiché da tale data decorre il termine per l’esercizio
(debitamente informato) dei diritti sopra menzionati. Ciò equivale a concludere
che la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale
ex art. 6 integra non già un
presupposto di validità della deliberazione di fusione, bensì una
condizione di iscrivibilità della
stessa).
-
Ogni Organo Gestorio deve redigere una
relazione illustrativa della fusione progettata, che ha la particolarità
(rispetto all’art. 2501-quinquies
c.c.) di dover spiegare non soltanto “gli aspetti giuridici ed economici della
fusione”, ma anche “le conseguenze della fusione transfrontaliera per i soci, i
creditori e i lavoratori”. Questa relazione deve messa a disposizione dei soci e
dei rappresentanti dei lavoratori o, in assenza di questi ultimi, dei lavoratori
stessi” (dunque, non anche dei creditori) “almeno un mese prima della data
dell’assemblea”;
-
Solo la relazione degli esperti può essere omessa per concorde volontà di tutti
i soci.
E’
inoltre requisito essenziale che sia sempre individuabile un’autorità (organo
giurisdizionale, notaio o altra autorità competente) che esegua il controllo di
legittimità del procedimento seguito (a tutto il diritto comunitario pertinente)
e rilasci il “certificato
attestante a titolo definitivo l’adempimento regolare degli atti e delle
formalità preliminari alla fusione”.
La
fase di esecuzione della fusione, con conseguente incorporazione /costituzione
della nuova società, inizia con la trasmissione, all’autorità competente
ex art. 11 (in Italia, il notaio),
dei certificati preliminari e delle delibere di approvazione del progetto comune
di fusione e termina con la cancellazione delle società estinte per fusione dai
registri in cui erano iscritte.
L’autorità competente de qua è una
sola e, precisamente, quella competente in relazione alla legge applicabile alla
società incorporante ovvero alla società risultante da una fusione in senso
stretto (criterio inoltre adottato per la determinazione della data per gli
effetti della fusione ex art. 12).
Compito di detta autorità è accertare: che tutte le società coinvolte abbiano
approvato l’identico progetto comune di fusione; che siano stati rilasciati i
certificati preliminari attestanti il regolare svolgimento e completamento della
fase decisionale di ogni singola società coinvolta; e che, quando ne sia il
caso, le modalità relative alla partecipazione dei lavoratori soddisfino il
dettato dell’art. 16 della Direttiva. Al fine di espletare tale compito
l’autorità di controllo finale deve ricevere dalle società partecipanti i
certificati preliminari (entro sei mesi dal rilascio) e il progetto comune con
la relativa delibera di approvazione.
Non tutti i sistemi europei prevedono il perfezionamento del cd. atto di fusione
ad opera dei rappresentanti legali delle società interessate: l’applicazione dei
principi di diritto internazionale privato porta a ritenere che, ove alla
fusione partecipi una società italiana, l’atto di fusione sia comunque
essenziale, ancorché le leggi applicabili alle altre società coinvolte non lo
prevedano (come essenziale) e sebbene la società italiana sia destinata
all’estinzione per incorporazione in società straniera o per fusione in senso
stretto con costituzione di società soggetta ad altro ordinamento (che non
richieda l’atto di fusione).
In
caso di conflitti tra più ordinamenti non esiste un principio generale assoluto
di prevalenza dell’ordinamento della società derivante dalla fusione in quanto
non è espressamente sancito dalla Direttiva che, al di fuori delle ipotesi in
cui lo prevede espressamente (art. 11 e 12) sembra dare rilievo a tutti gli
ordinamenti interni coinvolti. Tale principio generale potrebbe tuttavia essere
utilizzato solo in ipotesi di conflitti “non superabili” tra gli ordinamenti,
tali da determinare il fallimento dell’operazione.