Disciplina delle azioni proprie.
Il limite di acquisto delle azioni proprie.
L’acquisto da parte della società di azioni proprie comporta gravi pericoli per l’integrità del capitale, dal momento che detto acquisto determina per il socio alienante il sostanziale rimborso delle stesse da parte della società, senza l’acquisto per quest’ultima di nuove entità patrimoniali.
Qualora quindi la società acquistasse tutte le azioni proprie, il capitale sociale resterebbe invariato mentre non si troverebbe ad avere più alcun patrimonio reale.
Con l’acquisto di azioni proprie la società può perseguire anche obiettivi utili e leciti: un investimento di eventuali eccedenze patrimoniali od un modo per controllare il valore di mercato del titolo e reagire a tentativi di acquisizione.
Per tale motivo la società può acquistare azioni proprie solo nel limite del 10% del capitale sociale, nel limite degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dal bilancio (così che non si abbia una illegittima riduzione del patrimonio sociale), e solo per azioni già interamente liberate (così da impedire che la società si ritrovi contemporaneamente creditrice e debitrice).
L’acquisto deve inoltre essere autorizzato dalla assemblea ordinaria, che ne determina le modalità, in deroga all’art. 2380 bis che attribuisce la gestione della società esclusivamente agli amministratori. Si ritiene che detta autorizzazione dia agli amministratori la facoltà e non l’obbligo di procedere all’acquisto, che rimane quindi sempre un atto di gestione. La società ha altresì l’obbligo di costituire una riserva indisponibile pari al valore delle azioni proprie.
Disciplina delle azioni eccedenti il limite ex 2357.
L’art. 2357 comma 4 stabilisce che la società ha l’obbligo di alienare le azioni acquistate o possedute in violazione della suddetta normativa entro un anno dall’acquisto, secondo le modalità stabilite dalla assemblea ordinaria appositamente convocata.
Decorso l’anno senza che si sia provveduto alla alienazione, l’assemblea straordinaria, o in caso di inerzia il tribunale su richiesta degli amministratori o dei sindaci, dovrà provvedere senza indugio all’annullamento delle azioni e alla riduzione relativa del capitale.
Sono previsti poi varie ipotesi di acquisti speciali, in cui è possibile derogare il limite del 2357 dell’acquisto nei limiti degli utili e delle riserve distribuibili, ma non il limite del 10% del rapporto tra azioni proprie e capitale sociale; l’unica ipotesi in cui è possibile derogare anche detto limite è l’acquisto in esecuzione di una delibera di riduzione mediante riscatto e annullamento delle azioni(2357 bis n.1).
Nelle altre ipotesi di acquisto speciale, le azioni eccedenti dovranno essere alienate ai sensi dell’art. 2357 comma 4, nel termine di tre anni dall’acquisto.
Nelle ipotesi di acquisto a titolo gratuito (2357 bis n.2) e acquisto in occasione di esecuzione forzata per il soddisfacimento di un credito (n.4) le azioni devono essere interamente liberate perché in caso contrario il titolare si libererebbe di effettuare i versamenti dovuti residui e la società perderebbe un credito.
Quanto alla ipotesi disciplinata dall’art. 2357 bis n. 4 l’ipotesi tipica è quella in cui la società vanti un credito nei confronti del socio (ma non l’obbligo del conferimento per cui si applicherà la disciplina del 2344) e pignori le azioni che sono nel patrimonio del debitore, le quali poi vengono assegnate alla società ex 505cpc.
L’art. 2357 deve inoltre essere coordinato con l’art. 2359 bis per cui la società controllata non può acquistare azioni della controllante se non nei limiti del 2357 e comunque non possono eccedere il 10% del capitale della controllante tenendosi conto a tal fine anche delle azioni proprie detenute dalla controllante o da altre controllate. Ai fini quindi del rispetto di siffatto limite le azioni della controllata (della controllante) si andranno a sommare alle azioni proprie della controllante stessa.
Dispone infine l’art. 2359 quater che qualora la società controllata sia in possesso di azioni della controllante legittimamente acquistate, ma per effetto di circostanze sopravvenute venga superato il limite del 2359 bis, sarà necessario procedere alla alienazione delle azioni eccedenti entro tre anni da tali circostanze, in luogo dell’ordinario termine di un anno disposto dall’art. 2359 ter.
Atti di disposizione.
L’art. 2357 ter disciplina gli atti di disposizione delle azioni proprie di cui la società è titolare.
Gli amministratori non possono disporre delle proprie azioni, esistenti nel patrimonio della società, senza previa autorizzazione dell’assemblea che deve stabilirne le modalità.
Nel silenzio si ritiene che l’autorizzazione debba contenere tutte le indicazioni previste dal 2357 comma 2 per l’acquisto di azioni proprie.
Nel caso in cui gli amministratori compiano atti di disposizione senza l’autorizzazione si ritiene che nella ipotesi di azioni quotate o ammesse al mercato l’atto sia valido, salvo l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, mentre per le azioni a ristretta diffusione, prevale la tesi della annullabilità anche se sono state sostenute anche le tesi della validità dell’atto o della nullità.
L’assemblea con un’unica delibera può inoltre autorizzare gli amministratori a compiere più operazioni di acquisto e di alienazione di azioni proprie, sempre nei limiti e con le indicazioni dell’art. 2357 comma 1 e2: cd. trading di azioni proprie, consentendo alla società di realizzare guadagni sfruttando le oscillazioni di mercato del prezzo. In tal modo viene rispettato il principio della integrità del capitale anche se così possono essere messe in atto operazioni volte ad accrescere il potere degli amministratori o a favorire alcuni soci.
Azioni proprie e diritti in assemblea.
Ai sensi del 2753 ter comma 2 il diritto di voto sulle azioni proprie è sospeso fino a quando le azioni sono nella disponibilità della società, evitando così che gli amministratori possano in tal modo costituirsi un potere di controllo sulla assemblea. Si ritiene che, in via estensiva, tutti i diritti di natura amministrativa siano sospesi.
Le azioni per le quali il diritto di voto è sospeso debbono comunque essere computate ai fini del calcolo dei quorum costitutivi e deliberativi poiché, in caso contrario, abbassandosi detti quorum, non ne tragga indebito vantaggio il gruppo di comando. In mancanza di previsione legislativa si è ritenuto che tali azioni debbano essere computate anche ai fini delle percentuali di capitale richieste per l'esercizio di particolari diritti da parte dei soci, quali la richiesta di convocazione dell'assemblea ex art. 2367 o di denunzia al tribunale ex art. 2409.
Il diritto agli utili e il diritto di opzione sono attribuiti proporzionalmente alle altre azioni.
Quindi nella ripartizione degli utili non si deve tener conto delle azioni proprie (ad eccezione della ipotesi di aumento gratuito con emissione di nuove azioni dove si deve tener conto anche delle azioni proprie).
Quanto al diritto di opzione la regola ha carattere dispositivo e non tassativo, come confermato dall’art. 2357 ter che prevede che l’assemblea possa utilizzare utili distribuibili o riserve disponibili per l’esercizio del diritto di opzione su azioni propri. Si tratta in realtà di uno spostamento di poste che permette la loro imputazione a capitale, non verificandosi di fatto nessun aumento a pagamento sostanziale.
Qualora le azioni proprie della società siano costituite in pegno il creditore pignoratizio non può esercitare il diritto di voto; tale diritto, infatti, rimarrebbe sospeso in quanto la norma speciale di cui all'articolo in commento prevarrebbe sulla norma generale di cui all'art. 2352 che attribuisce il voto al creditore pignoratizio
Infine sono previsti precisi obblighi contabili allo scopo di tutelare l’integrità del capitale, tra cui la creazione di un’apposita posta contabile nel passivo della società. In particolare si esclude che tale riserva possa essere utilizzata per coprire eventuali perdite della società o gli utili e dette riserve distribuite ai soci, onde evitare una anticipata restituzione dei conferimenti ai soci che il 2357 mira proprio ad evitare.
La giurisprudenza ha ritenuto che costituzione di tale riserva costituisca una condizione di legittimità per l'acquisto delle azioni da parte della società; pertanto, nell'ipotesi in cui da una fusione derivi l'acquisto di azioni proprie. Recente giurisprudenza ha inoltre sottolineato come in tali ipotesi la riserva debba preesistere alla deliberazione stessa.
Azioni proprie e operazioni sul capitale.
Particolarmente interessante è analizzare come la disciplina delle azioni proprie si intreccia con le varie tipologie di operazioni sul capitale:
1) Aumento oneroso: Come sopra specificato, il diritto di opzione sarà proporzionalmente attribuito agli altri soci, salvo specifica autorizzazione dell’assemblea ad esercitare il relativo diritto di opzione. In quest’ultima ipotesi dovrà essere proporzionalmente aumentata la apposita riserva. Pertanto, nella ipotesi di aumento oneroso, la % di azioni proprie detenute dalla società generalmente diminuirà in proporzione.
2) Aumento gratuito: La giurisprudenza ha ritenuto che la norma in esame non osta a che le azioni proprie beneficino dell'aumento gratuito del capitale, ciò perché l'attribuzione ai soci di nuove azioni a seguito di aumento gratuito, non da luogo a distribuzione di utili dal momento che non comporta né un conferimento, né un'assegnazione ai soci, ma solo un mutamento di destinazione di una parte del patrimonio netto, da riserva disponibile a capitale. Dovrà essere proporzionalmente aumentata la apposita riserva. Nella deliberazione di aumento gratuito del capitale, la società potrebbe, in ogni caso, stabilire che le nuove azioni non vengano assegnate alle azioni proprie in portafoglio.
3) Riduzione del capitale: in questa ipotesi le azioni proprie, così come le azioni ordinarie, andranno ridotte proporzionalmente. Per la riduzione delle stesse si procederà all’annullamento delle stesse, con contestuale riduzione / eliminazione delle riserva appositamente costituita. La società potrà inoltre deliberare di annullare preventivamente tutte le azioni proprie per poi passare a ridurre proporzionalmente le azioni ordinarie dei soci.