La Disciplina della trasformazione delle società: profili applicativi .
La riforma contenuta nel d. Lgs. 6/2003 ha profondamente inciso sull’istituto della trasformazione . A seguito delle innovazioni introdotte la stessa nozione di trasformazione è cambiata :oggi essa non è più qualificabile come mera modifica dello statuto sociale ,ma come fenomeno che consente l’evoluzione di un ente ad un’altra forma organizzativa collettiva od addirittura di dare una forma organizzativa a realtà non munite di soggettività e viceversa .
La legge delega in tema di trasformazione indicava due fondamentali indirizzi: dal un lato la semplificazione e la più accurata disciplina del procedimento , dall’altro il favore per la trasformazione delle società di persone in società di capitali .
Il legislatore ha ampliato notevolmente l’ambito di utilizzo dell’istituto facendo propri recenti orientamenti che vedevano nella trasformazione uno strumento di generale applicabilità a tutte le operazioni di cambiamento della forma giuridica delle imprese, prevedendo due distinte tipologie di trasformazione : le trasformazioni omogenee e quelle cd. eterogenee .
La natura.
Dalla nuova disciplina risulta chiaramente dall’art. 2498 la natura modificativa e non estintiva-novativa dell’istituto in esame risultante dalla riaffermata continuità dei diritti e degli obblighi anteriori alla trasformazione e dalla nuova previsione della prosecuzione dei rapporti anche processuali .
La mancata riproposizione dell’ultimo comma del vecchio 2498 ,relativo all’acquisto della personalità giuridica dall’iscrizione della deliberazione nel registro delle imprese , sottolinea l’assenza di ogni effetto novativo .
Se questo principio è pacifico per le trasformazioni omogenee , maggiori perplessità si hanno circa la natura non novativa delle trasformazioni eterogenee .
Limiti: trasformazione di una società prossima al fallimento.
Il nuovo 2499 rende perfettamente legittima la decisione di trasformazione di una società in stato di liquidazione ,estendendo tali possibilità anche alle società soggette a procedura concorsuali.
Al riguardo sono da sottolineare due limiti : 1- la finalità della procedura , consistente nella tutela dell’interesse dei creditori e dell’interesse pubblico 2- lo stato della procedura , che se vicino alla sua conclusione (ripartizione dell’attivo) porterebbe ad escludere che la trasformazione possa realizzare interessi meritevoli di tutela .
La novità di cui all’art. 2499 è dettata dal fatto che la trasformazione può realizzare un vantaggio per l’impresa sociale che si ripercuote positivamente anche sui creditori : basti pensare alla trasformazione da spa a srl al fine di ridurre gli oneri (magari con la soppressione del Collegio sindacale) ; tuttavia dai limiti di cui sopra, tale operazione non dovrebbe ammettersi nei casi di procedure concorsuali con finalità liquidatoria come il fallimento o la liquidazione coatta amministrativa, mentre si dovrebbe ritenere pienamente compatibile con le procedure a finalità conservativa come l’amministrazione controllata o il concordato preventivo .
La trasformazione in corso di una procedura concorsuale, deliberata al solo fine di consentire ai soci illimitatamente responsabili di sottrarsi al loro fallimento (ex art. 147 lf.) deve sempre considerarsi illecita .
La compatibilità della trasformazione con la procedura concorsuale in corso, rientra nel generale controllo delle condizioni di legittimità di legge attribuite oggi al notaio con la soppressione (se non in via residuale) della omologa giudiziale .
La trasformazione omogenea.
Nonostante il silenzio dell’art. 2500 sono senz’altro ammissibili le trasformazioni che avvengono all’interno della categoria delle società di persone, delle società di capitali o delle società con scopo mutualistico.
Dal punto di vista della redazione, appare infelice il termine “cessazione”dell’ente che si trasforma, di cui al comma 2 del 2500, che non rende merito della natura modificativa della trasformazione, e della previsione dell’ultimo comma stesso che subordina l’efficacia della trasformazione “all’ultimo degli inadempimenti pubblicitari”. Sembra infatti che in questa ultima ipotesi il legislatore abbia riprodotto una disciplina della efficacia dell’istituto del tutto analoga a quella prevista in tema di fusione e scissione, senza tener conto che in tali ultime ipotesi esistono realmente effetti senz’altro estranei alla trasformazione, come per esempio la costituzione di una nuova società .
Pertanto bisogna attribuire all’efficacia della iscrizione nel registro delle imprese del tipo adottato, non il senso di far sorgere un soggetto che qui certo non esiste, ma solo quello di determinare il momento dell’applicazione della disciplina propria del modello adottato; applicazione che dipenderà dall’aver eseguito la pubblicità “richiesta per la cessazione dell’ente che effettua la trasformazione”, posto appunto che l’art. 2500 fa decorrere gli effetti della trasformazione dall’ultimo dei predetti adempimenti .
Nulla è mutato circa la revocabilità della decisione di trasformazione che si riteneva e si ritiene ammissibile entro i limiti di cui all’art. 2500 .
Invalidità.
Una volta eseguita la pubblicità di cui all’art. 2500 non potrà essere pronunciata l’invalidità dell’atto di trasformazione : disposizione uguale a quella dettata in tema di fusione e scissione che comporta l’efficacia sanante della pubblicità .
A tutela quindi della stabilità degli effetti delle decisioni a contenuto organizzativo si sposta la tutela dal piano reale dell’invalidità a quello obbligatorio della responsabilità , potendo i soggetti lesi chiedere il risarcimento ai soggetti a cui sia imputabile la causa di invalidità .
L’efficacia sanante della pubblicità non può quindi giungere ad escludere i vizi e l’applicazione dell’art. 2332 giacchè si avrebbe un diverso trattamento tra società costituita ex novo rispetto ad analoga società derivante da trasformazione o fusione .
Trasformazione di società di persone .
L’art. 2500 ter stabilisce che la trasformazione è decisa col consenso della maggioranza dei soci determinata secondo la parte attribuita a ciascuno negli utili , introducendo pertanto una importante deroga al principio della unanimità di cui all’art. 2252 .
Non sembra che la norma, riferendosi alla maggioranza, abbia voluto introdurre un metodo assembleare nelle società personali, dal momento che questa è realizzabile anche attraverso una raccolta separata dei consensi (e dalla ulteriore circostanza che oggi il metodo assembleare non è più necessario nemmeno nelle srl).
E’ inoltre possibile l’introduzione di una clausola che impedisca la trasformazione delle società di persone in società di capitali, cosi come previsto per le associazioni dall’art. 2500 octies ; clausola che ex 2252 sarebbe modificabile solo alla unanimità .
Il principio maggioritario sembra oggi applicabile anche nel caso di trasformazione di società di persone in altra società di persone . In tutte queste ipotesi, il diritto di recesso è parso al legislatore strumento sufficiente di tutela per il socio assente o dissenziente .
L’art. 2500 ter tuttavia non fissa alcun termine per l’esercizio del recesso e pertanto si può ritenere che questo possa essere esercitato in ogni tempo, salvo una sua successiva adesione alla trasformazione e fatta salva la facoltà per gli altri soci di chiedere al giudice ex 1183 la fissazione di un termine per l’esercizio del recesso .
L’art. 2500 ter afferma inoltre che il capitale risultante della trasformazione deve risultare dalla relazione di stima. Il capitale della società trasformata deve quindi essere determinato “sulla base dei valori attuali del passivo e dell’attivo”e per tale valutazione si applicano, a seconda del tipo prescelto, l’art. 2343 o l’art. 2465 : tale relazione concernerà non solo i beni in natura ma l’intero patrimonio della società anche se non tutto il patrimonio netto sarà imputato a capitale, potendo quindi andare a costituire una riserva .
E’ inoltre certamente possibile l’integrazione da parte dei soci per raggiungere il minimo legale stabilito dal tipo sociale .
Nulla invece è detto circa l’obbligo degli amministratori di predisporre una relazione sulla trasformazione (previsto invece nel 2550 sexties) né sembra estensibile al socio della società trasformata l’ulteriore facoltà concessa dal comma 4 del 2343 di recedere dalla società, poiché sarebbe incompatibile con la volontà dei soci che hanno deliberato la trasformazione .
La disciplina in esame inoltre soccorre anche nel caso di trasformazione di srl in spa per l’ipotesi di conferimenti di opera e servizi .
L’art. 2500 quater disciplina infine la posizione del socio d’opera, rigettando la previdente tesi di chi individuava la soluzione nell’esclusione del socio d’opera per impossibilità a prestare la propria opera . Tale articolo inoltre sarebbe applicabile analogicamente a tutte le ipotesi in cui alcuni soci abbiano effettuato conferimenti non di capitale . Per consentire l’assegnazione al socio d’opera (che non ha capitalizzato la propria opera) di azioni o quote della società trasformata, non partecipando lo stesso al capitale sociale della società trasformanda e non aumentandosi il capitale in sede di trasformazione, non potrà che ridursi proporzionalmente la misura in cui gli altri soci parteciperanno al capitale della società trasformata (art. 2500 quater u.c.).
Una prima tesi sostiene inoltre che alla unanimità si possa derogare anche in sede di trasformazione la regola dell’attribuzione proporzionale del capitale in quanto si è senz’altro in ambito di diritti disponibili (tuttavia sarebbe una operazione non più assembleare ma negoziale); altra parte della dottrina dubita di tale possibilità in sede di trasformazione dato che la proporzionalità delle partecipazioni assumerebbe rilevanza essenziale ed inderogabile.
Trasformazione regressiva (Trasformazione di società di capitali in società di persone).
Riguardo la trasformazione di società di capitali in società di persone (cd. trasformazione regressiva) l’art. 2500 sexies prevedendo che sia adottata con le maggioranze previste per le modifiche dello statuto, abbandona la tesi che propendeva per la necessità della unanimità. La previsione tuttavia che sia necessario il consenso dei soci illimitatamente responsabili vanifica di fatto la scelta del principio maggioritario, considerando che l’assunzione della responsabilità illimitata è la regola nelle società di persone. Tale disposizione trova comunque una sua giustificazione anche nell’art. 2351 che, limitando il voto di alcuni soci a particolari argomenti, potrebbe di fatto permettere il paradosso che soci privi del diritto di voto per la delibera di trasformazione avrebbero assunto responsabilità illimitata senza neppure partecipare alla delibera di trasformazione.
Circa il mancato consenso da parte di alcuni soci, la soluzione non potrebbe che ricercarsi attraverso il diritto di recesso, con sacrificio del socio dissenziente, oppure la conservazione della responsabilità limitata ove consentito (s.a.s.).
Lo statuto potrà inoltre prevedere maggioranze più elevate ma ciò sempre nel rispetto delle norme inderogabili e,senza giungere a derogare almeno per le s.p.a. il principio maggioritario, che è considerata norma a tutela dell’ordine pubblico e quindi inderogabile.
Resta infine da verificare se sia possibile,in analogia a quanto previsto per le associazioni dall’art. 2500 octies, prevedere clausole statutarie che escludano la trasformazione. Una simile clausola nelle società di capitali sarebbe priva di efficacia, in quanto non impedirebbe comunque, applicando il principio maggioritario, la sua eliminazione attraverso una modifica a maggioranza dell’atto costitutivo.
Nell’ipotesi di trasformazione regressiva non si dovrà procedere a relazione di stima né sarà obbligatorio un bilancio straordinario (ritenuto invece necessario nelle altre ipotesi insieme alla relazione degli amministratori) ma solo una relazione che illustri ai soci l’operazione: ciò viene giustificato dal fatto che i creditori potranno far valere i loro diritti anche sul patrimonio personale dei soci divenuti illimitatamente responsabili.
Qualora infine esistano obbligazioni convertibili deve essere data anche in questa ipotesi la possibilità di conversione anticipata in analogia all’art. 2420 bis.; nell’ipotesi invece di obbligazioni ordinarie si dovrà rimborsare anticipatamente il prestito obbligazionario previa approvazione da parte degli obbligazionisti di detta modifica del prestito. Qualora infine esitano diverse categorie di azioni la delibera di trasformazione dovrà essere approvata anche dalla assemblea speciale.
Particolari problemi si pongono nell’ipotesi in cui esista un patrimonio separato, in cui a meno di ipotizzare una sua estinzione anticipata, si deve concludere per l’inammissibilità della trasformazione. Nella ipotesi che vi siano strumenti finanziari privi del diritto di voto (e quindi non esista a rigore una assemblea speciale), a meno di ipotizzare una assemblea speciale in analogia al 2541, si deve optare per una soggezione dei titolari di detti strumenti finanziari alla organizzazione societaria e quindi la possibilità che subiscano delibere che pregiudichino i loro diritti purché ciò sia oggettivamente giustificato e rispetti il principio di buona fede, prevedendo un eventuale rimborso dell’apporto sottostante .
Per concludere si può ben ipotizzare la trasformabilità di una società di capitali che abbia integralmente perduto il proprio capitale in considerazione del fatto che la perdita integrale del capitale sociale nelle società di persone non determina lo scioglimento della stessa, essendo in realtà il capitale costituito dalla illimitata responsabilità dei soci.
Trasformazione eterogenea.
Finalità della nuova normativa è quello di garantire la possibilità di utilizzare un unico procedimento che determini la conservazione in testa dell’ente risultante dei diritti e degli obblighi dell’ente trasformato, pur in presenza di rilevanti modifiche di struttura e di scopo. Anche per la trasformazione eterogenea si deve pertanto riaffermare la natura modificativa e non novativo-costitutiva dell’operazione, senza che ciò ne comporti l’estinzione ma restando ferma l’identità e integrità dell’impresa commerciale gestita .
Unica eccezione deve però sottolinearsi per la trasformazione in comunione di azienda (anche se su questo punto la dottrina è divisa) dato che l’ente è destinato a “trasformarsi” in un rapporto di mera contitolarietà (priva quindi di una qualsiasi soggettività giuridica) in cui non esiste nessun vincolo di destinazione del patrimonio. Tuttavia anche per quest’ultima fattispecie autorevole dottrina, interpretando rigorosamente l’art. 2498, ne afferma la mera natura modificativa e non estintivo-costitutiva, fermo restando che in tale ipotesi ciò che continua ad esistere non è più l’ente-impresa ma la struttura organizzativa imprenditoriale, che semplicemente muta la forma con cui esercita la propria attività.
Dall’esame di queste figure può quindi desumersi che la nuova trasformazione garantisce non più (e comunque non sempre) la permanenza di un soggetto giuridico (cd. ente) ma la conservazione dell’identità e integrità dell’impresa commerciale, preservandone il patrimonio. La trasformazione in comunione di azienda difatti attribuisce direttamente ai soci beni sociali in natura senza dover passare per la fase liquidatoria (prima ritenuta insopprimibile); per queste stesse ragioni oggi parte della dottrina ritiene configurabile anche la trasformazione di una società in imprenditore individuale o consorzio con sola attività interna, ipotesi non espressamente previste (nessuna differenza infatti vi sarebbe tra attribuzione di quote di comproprietà e l’attribuzione della proprietà esclusiva).
Tali novità hanno anche importanti risvolti fiscali nonché la conseguenza della necessità – sul piano formale - di inserire in atto le clausole urbanistiche, non necessarie invece nella semplice ipotesi di mutamento della veste giuridica (non avendo effetti costitutivi).
Anche in questa ipotesi la delibera avviene a maggioranza (seppur rafforzata: 2/3 degli aventi diritto,espressione questa infelice ma che in base ai principi generali deve essere riferita sempre alla maggioranza del capitale sociale) ed il consenso di coloro i quali in base alla disciplina dell’ente derivante assumeranno la responsabilità illimitata;
- in caso di trasformazione in associazione non riconosciuta sarà necessario il consenso di colui che ne assumerà la presidenza o direzione ex art. 38 cc;
- nell’ipotesi di trasformazione in consorzio non è configurabile una responsabilità illimitata dei consorziati ma ex art. 2615 la responsabilità graverà sul solo consorzio;
- nel caso di fondazione non può nemmeno ipotizzarsi la qualifica di socio dell’ente (almeno per le fondazioni prive dell’assemblea) ma i soci staranno perfezionando con l’atto di trasformazione il cd. atto di dotazione .
Ogni trasformazione eterogenea produrrà i suoi effetti solo trascorso il termine di 90 giorni ex art. 2500 novies per l’opposizione dei creditori, a condizione che al momento della delibera di trasformazione siano rispettate tutti i requisiti richiesti per l’ente risultatane dato che ,a differenza che nella fusione e nella scissione dove a seguito della delibera di fusione bisognerà poi stipulare l’atto esecutivo di fusione, nessun altro atto sarà necessario oltre la delibera di trasformazione stessa.
Relativamente infine alla responsabilità illimitata (o limitata) dei soci per le obbligazioni sociali anteriori ,si ritiene applicale l’art. 2500 ter in quanto norma di carattere generale seppur dettato per le sole trasformazioni omogenee .
Riguardo le trasformazioni eterogenee “in” società di capitali, bisogna sottolineare come possano trasformarsi solo le associazioni riconosciute mentre le società posso trasformarsi solo in associazioni non riconosciute data la difficoltà di coordinamento con il riconoscimento delle personalità giuridica delle stesse. L’art. 2500 octies non menziona neppure le cooperative, la cui trasformazione è invece disciplinata dagli art. 2545 decies e ss. (che regola inoltre la devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici) ,con possibilità di trasformazione solo in società di capitali o consorzi .
Si ricorda tuttavia che limiti alla trasformabilità delle associazioni possono derivare dalla legge (se l’ente ha ricevuto contributi pubblici o liberalità o oblazioni dal pubblico) o dall’atto costitutivo così che si possa vietare che un ente nato con finalità ideali possa poi trasformarsi in una organizzazione con scopo lucrativo (norma da estendere analogicamente anche alle fondazioni).
L’esclusione invece delle associazioni non riconosciute non è facilmente comprensibile giacchè oggi la trasformazione è consentita anche a soggetti di diritto privi anche di soggettività giuridica e tale trasformazione era prevista sotto la previgente disciplina dalla l. 91/81 che prevedeva agevolazioni fiscali per tale tipo di trasformazione delle associazioni sportive.
La trasformazione della fondazione di cui in esame, nulla ha a che vedere con quella disciplinata dall’art 28 ,quale strumento alternativo all’estinzione dell’ente : quest’ultima infatti concerne solo il cambiamento dello scopo originario in quanto esaurito o di scarsa utilità mentre quella disciplinata dall’art. 2500 octies modifica la struttura e la causa stessa del negozio,da ideale a lucrativa .
L’atto di trasformazione sarà inoltre soggetto alla disciplina prevista del tipo sociale adottato ed alle forme di pubblicità relative, nonché alla pubblicità richiesta per la cessazione dell’ente che effettua la trasformazione: nell’ipotesi di trasformazione di associazione o fondazione, l’atto dovrà quindi essere iscritto anche nel registro delle personalità giuridiche.
Applicabilità analogica della trasformazione eterogenea.
Vigente il vecchio regime il limite dell’estensibilità dell’istituto era individuato nel cd. principio della omogeneità causale; oggi tale principio è stato abbondantemente superato.
Se appare più problematica l’applicazione della predetta normativa in casi trasformazione reciproca di associazioni, consorzi, comunioni d’azienda e fondazioni, stante la collocazione della disciplina nell’ambito delle società lucrative, tale circostanza non sembra decisiva per escluderne l’applicabilità a determinate figure.
La prima ipotesi da esaminare è la trasformazione eterogenea di società di persone, dove l’eventuale opzione di una sua inammissibilità costringerebbe la società ad un doppio passaggio : da società di persone ad spa e da spa a qualsiasi altro ente .Tale considerazione non sembra da condividere per il principio della economicità degli strumenti giuridici .
Bisogna ritenere ammissibile la trasformazione di consorzio in società consortile e viceversa, dove muterebbe solo l’ente e non lo scopo (essendo ammessa la trasformazione da e in società di capitali muterebbe invece anche lo scopo).
Altrettanto ammissibile appare la trasformazione di comunione di azienda in soc. consortile e/o cooperativa, non tanto per la mancanza di omogeneità causale quanto perché oggi rilevante ai fini del concetto di trasformazione abbiamo visto essere non più l’esistenza di un ente da trasformare ma l’integrità e la continuazione della impresa.
Tali applicazioni analogiche soggiacciono a due limiti fondamentali :
1) il diritto di opposizione (che ha natura di condizione sospensiva dell’efficacia e non di invalidità, invalidità che d’altra parte non può essere dichiarata dopo l’iscrizione) dei creditori che ex 2500 novies deve sempre essere garantito ;
2) la necessità che l’ente trasformato sia soggetto ad iscrizione obbligatoria in pubblico registro, potendo così decorrere il termine di opposizione “dell’ultimo degli adempimenti pubblicitari” ex 2500 ;
3) il diritto di opposizione ex 2500 novies potrebbe inoltre essere sostituito dal consenso espresso di tutti i soci legittimati all’opposizione o dal pagamento dei creditori che non vi abbiano consentito giacchè sia per la comunione di azienda sia per i consorzi (ipotesi legislativamente previste) non è possibile alcuna forma pubblicitaria dell’”ente” trasformato ;
4) l’esistenza del pregiudizio dei creditori andrà valutata in concreto in analogia all’ipotesi di riduzione volontaria e sarà applicabile l’ultimo comma dell’art. 2445 per cui il Tribunale può disporre che l’operazione possa aver luogo nonostante l’opposizione .
Rilievi fiscali.
Il d.lgs. 344/2003 ha sostanzialmente modificato parte del D.P.R. 917/1996 (T.U. imposte sui redditi):
- in caso di trasformazione di società di capitale in ente non commerciale i beni della trasformata società devono considerasi realizzati al valore normale, con conseguente realizzazione a seguito della trasformazione di plusvalenze (tassabili);
- in caso di trasformazione di ente non commerciale in società di capitale, il passaggio del patrimonio alla società nascente si considera conferimento e quindi darà luogo a plusvalenza;
- in caso di trasformazione tra società commerciali e/o cooperative, l’operazione rientrerà nel regime della neutralità fiscale ;
- in caso di trasformazione in comunione di azienda, saranno applicabili le disposizioni sull’affitto dell’unica azienda da parte di imprenditore individuale e pertanto la trasformazione non comporterà realizzo immediato di plusvalenza ma in caos di successiva cessione anche parziale da parte degli ex soci, le relative plusvalenze saranno tassate come redditi diversi .