La disciplina della prelazione agraria.
1. Generale
L’art. 8 legge 590\65 disciplina la prelazione dell’affittuario coltivatore diretto, secondo cui in caso di trasferimento a titolo oneroso (vendita o altro contratto) o di concessione in enfiteusi di fondi, l'affittuario coltivatore diretto, il mezzadro, il colono o il compartecipante hanno diritto di prelazione purché:
1- coltivi il fondo stesso da almeno due anni,
2- non abbia venduto, nel biennio precedente, altri fondi rustici di imponibile fondiario superiore alle vecchie lire mille, (salvo cessione a scopo di ricomposizione fondiaria),
3- il fondo per il quale intende esercitare la prelazione (in aggiunta ad altri eventualmente posseduti in proprietà od enfiteusi) non superi il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa della sua famiglia.
L’art. 4 bis legge 203\82 estende il diritto di prelazione anche per l’ipotesi di nuovo affitto del fondo.
Quest’ultimo diritto non spetta quando:
1- l’affittuario ha comunicato che non intende rinnovare l’affitto;
2- quando il rapporto di affitto sia venuto meno per grave inadempimento o recesso del conduttore.
Si tratta di una prelazione con
effetti reali, dal momento che l’avente diritto alla prelazione può entro un
anno dalla trascrizione della vendita, riscattare il fondo dall’acquirente o da
ogni su avente causa.
L’art. 7 legge 87\71 ha esteso il diritto di prelazione in esame al
coltivatore diretto di terreni confinanti, purchè il terreno oggetto
della vendita non sia insediato da altri coltivatori diretti (nel qual caso
prevale la prelazione dell’affittuario coltivatore diretto).
La prelazione del confinante non spetta quindi quando sul terreno vi sia già un coltivatore diretto, il quale sarà preferito sia a terzi acquirenti sia ai coltivatori confinanti: l’esistenza sul fondo offerto in vendita di un coltivatore diretto non tanto attribuisce a quest’ultimo la preferenza sui proprietari confinanti, quanto esclude proprio il diritto di prelazione a favore di questi ultimi, anche se i coltivatori del fondo non intendano esercitare il loro diritto di prelazione.
La prelazione del confinante non è quindi una prelazione di secondo grado che nasce dal mancato esercizio della prelazione del coltivatore insediato ma sussiste solo quando non esista la presenza di siffatti soggetti. La sola esistenza infatti di questi ultimi esclude del tutto il diritto del confinante.
La contiguità dei fondi deve essere valutata non tanto da un punto di vista fisico quanto funzionale.
Scopo della prelazione è infatti quello di favorire, nel generale interesse dello sviluppo dell’agricoltura, la riunione nella stessa persona della qualità di proprietario del fondo e di lavoratore della terra (pertanto parte della dottrina considera nulla la prelazione se poi il fondo viene immediatamente e senza motivi alienato a terzi).
Diverso è invece il fondamento della prelazione del confinante che mira all’accorpamento dei fondi agricoli al fine di migliorare la redditività dei terreni e di formare imprese diretto-coltivatrici di più ampie dimensioni e efficienti.
Il diritto di prelazione deve essere esercitato entro 30 giorni dalla notifica della proposta di alienazione.
Ai sensi dell’art. 8 l.590\65 la prelazione non è consentita quando i piani regolatori, anche se non approvati, destinino il terreno ad utilizzazione industriale o edilizia. La giurisprudenza ritiene tuttavia che debba essere almeno già iniziato il relativo procedimento amministrativo per il cambiamento di destinazione, che si sia sostanziato in atti idonei ad incidere sull’assetto territoriale.
La denuntiatio può essere fatta nelle forme previste dall’art. 8 l 590\65 oppure come una vera e propria proposta contrattuale, completa di tutti gli elementi essenziale della fattispecie contrattuale che si vuole perfezionare.
Quanto alla natura giuridica della denuntiatio stessa mentre parte della dottrina la inquadra come proposta contrattuale, con la conseguenza della sua natura recettizia e della necessità della forma scritta, la prevalente dottrina e giurisprudenza ritiene invece trattasi di atto giuridico non negoziale, per il quale vige il principio di libertà delle forme: pertanto potrebbe essere anche orale, fermo restando le naturali difficoltà sul piano probatorio.
Qualora il proprietario non provveda a tale adempimento o indichi un prezzo superiore da quello pattuito nella vendita, il coltivatore potrà esercitare il diritto di riscatto entro un anno dalla trascrizione dell’acquisto.
Il riscatto ha natura di diritto potestativo, con cui il coltivatore subentra con effetti retroattivi nel contratto con il terzo.
L’esercizio del riscatto è sottoposto alla condizione legale del pagamento del prezzo a favore dell’acquirente ed ha il significato di un debito di restituzione a un creditore della somma da questi versata per l’acquisto del fondo.
Trattandosi di un obbligo di restituzione di una somma di denaro, nella ipotesi di pluralità di debitori la Cassazione 18 giugno 2001 n. 8235, è così intervenuta stabilendo che: “in tema di obbligazioni solidali, nel rapporto con pluralità di debitori sussiste una presunzione di solidarietà passiva, ai sensi dell'art. 1294 cod. civ., la cui ratio è quella di tutelare l'interesse del creditore a disporre, ai sensi dell'art. 1292 cod. civ., della facoltà di una sola esecuzione nei confronti del patrimonio prescelto, mentre tale presunzione di solidarietà è del tutto esclusa nel caso di rapporto obbligatorio con pluralità di creditori (anche se essi invochino la medesima fonte del loro diritto nei confronti del debitore), salva la sola ipotesi di una espressa pattuizione di solidarietà da parte dei creditori stessi”.
Conseguentemente il versamento di una somma unica a titolo di restituzione del prezzo, se i creditori (vale a dire gli acquirenti del bene agricolo, che devono avere in restituzione quanto da loro versato per l’acquisto del bene) sono più di uno, violerebbe la norma che, sulla base dei principi generali, impone il versamento differenziato in correlazione con l’obbligo di tacitare singolarmente ognuno dei creditori.
Qualora vi siano più coltivatori diretti sullo stesso fondo, la prelazione dovrà essere esercitata congiuntamente da tutti quanti, salvo la rinuncia di uno o più coltivatori. Si presume rinunciatario l’avente diritto che entro 15 giorni dalla notificazione della proposta di alienazione non comunichi agli altri la sua intenzione di avvalersi della prelazione.
Si ritiene ammissibile una rinuncia fatta per iscritto, anche prima della denuntiatio.
In caso invece di vendita di più fondi, ogni affittuario, colono o mezzadro potrà esercitare singolarmente o congiuntamente il diritto di prelazione sul fondo coltivato o sull’intero complesso dei fondi.
2. Nozione di coltivatore diretto
Requisito per l’applicabilità della prelazione agraria e del confinante è essere coltivatori diretti.
La nozione di coltivatore diretto è data dal codice all’art. 1647 c.c. e dall’art. 31 legge 590\65 ed art.6 l. 203\82 per cui si considera tale colui che coltiva il fondo (o alleva bestiame) con il lavoro proprio e della propria famiglia, sempre che costituisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo.
Ai coltivatori diretti sono equiparati le cooperative agricole.
L'art. 48 della legge 3 maggio 1982, n. 203 sui patti agrari ha optato per instaurare il cd. rapporto agrario direttamente con la famiglia coltivatrice, ritenuta titolare dell'impresa familiare coltivatrice; da ciò la conclusione che il diritto di prelazione spetta non più soltanto al formale titolare del rapporto agrario (affittuario agricolo), bensì a qualunque soggetto componente la famiglia coltivatrice, ancorché questo soggetto non risulti parte formale del contratto agrario posto in essere.
Sul tema ha inciso il decreto legislativo n. 99 del 2004 che, oltre a introdurre la figura dell’imprenditore agricolo professionale, prevede che la società agricola possa rivestire qualsiasi forma (tipo) di società ma riserva il diritto di prelazione, di cui in esame, soltanto alle società agricole di persone.
Infine L'art. 7 del decreto legislativo n. 228 del 2001 (che ha introdotto la figura dell’imprenditore agricolo a titolo principale) ha lo scopo di prevedere un criterio di priorità allorquando i coltivatori che intendono esercitare il diritto di prelazione siano più di uno. Per effetto di questa norma, infatti, in primo grado hanno diritto di esercitare il diritto di prelazione i giovani proprietari coltivatori ancorché vi intervengano come soci di cooperativa, in secondo grado i proprietari più numerosi, in terzo grado infine i proprietari coltivatori più attrezzati sul piano della professionalità (seguendo i criteri fissati dalla normativa comunitaria).
Si ritiene che l’enfiteuta, pur coltivando direttamente il fondo, non ha il diritto alla prelazione, ma per essere titolare dello stesso debba procedere alla affrancazione il fondo, acquistando così la piena proprietà.
3. Caratteristiche del fondo.
La legge parla genericamente di fondo, ma si ritiene che la prelazione possa esercitarsi solo per i fondi con destinazione agricola. Sono quindi esclusi gli edifici ed i fondi con destinazione diversa da quella agricola (si ricorda che l’edificabilità non è una destinazione ex se del fondo ma solo una sua caratteristica, che potrà condurre ad una modificazione della destinazione del fondo stesso qualora in concreto si sia utilizzato il terreno per la costruzione di edifici).
La giurisprudenza ha precisato inoltre che:
- non ha alcun rilievo la
dimensione del terreno, per cui rientrano nella casistica della prelazione
agraria sia i piccoli appezzamenti di terreno agricolo che i fondi di grosse
dimensioni;
- non interessa il tipo di coltivazione, per cui qualunque terreno comunque
coltivato dà luogo a prelazione;
- non interessa che il fondo agricolo non sia attualmente coltivato,
perché conta esclusivamente la sua suscettibilità ad essere anche in futuro
coltivato;
- non interessa che il terreno sia coltivato a bosco, perché anche i boschi sono suscettibili di prelazione agricola;
- l’eventuale destinazione agrituristica del fondo non fa venir meno il diritto di prelazione,
- non si reputano ostative alla
prelazione agraria la destinazione paesistica od a verde pubblico attribuita al
terreno, perché esse non appaiono incompatibili con la vocazione agricola del
terreno;
- l’esistenza di un caseggiato nel fondo non esclude la prelazione, se esso è
strumentale alla coltivazione del terreno (fabbricato rurale o casa colonica,
che comunque sono accatastati come terreni).
In proposito è sorto il problema se debba ritenersi sussistente la prelazione
agraria allorquando il terreno agricolo abbia al suo interno una costruzione che
sia stata accatastata al catasto edilizio. Si è avuto modo di precisare che se
la costruzione sia stata accatastata all'urbano, essa ha perso il suo connotato
di fabbricato rurale e, come tale, la costruzione non rientra tra gli immobili a
cui è applicabile la prelazione agraria.
Il secondo comma dell’articolo 8 della legge n. 590 del 1965 stabilisce poi che “la prelazione non è consentita … quando i terreni in base a piani regolatori, anche se non ancora approvati, siano destinati ad utilizzazione edilizia, industriale o turistica”.
La circostanza della ristrutturazione di casa colonica (o fabbricato rurale) in civile abitazione e della conseguente destinazione del terreno a servizio ed ornamento della stessa, come piazzale e giardino, non comporta, nel caso di vendita, l'insorgenza del diritto di prelazione del coltivatore-proprietario al fondo confinante ,a condizione che resti accertata l'irreversibile perdita dell'attitudine del terreno alla coltivazione agricola.
Se il terreno abbia destinazione agricola soltanto in parte, mentre per altra parte abbia acquisito destinazione edilizia, la prelazione ed il relativo retratto possono essere esercitati soltanto per la parte con destinazione agricola.
4. Tipologia negoziale a cui la prelazione è applicabile.
La legge 817/1971 nell’indicare la tipologia negoziale che governa la
prelazione agraria, menziona espressamente il “trasferimento a titolo oneroso o
la concessione in enfiteusi”.
Peraltro, nel prosecuzione del testo normativo, è menzionata la parola “prezzo”, ed altresì la fattispecie del “preliminare di compravendita” come tipologia negoziale dove è prescritta la formalità della notifica della denuntiatio.
La giurisprudenza ne ha tratto la conseguenza che rientra nella prelazione agraria qualsiasi tipologia negoziale che abbia come caratteristica quella di costituire un corrispettivo per la cessione del fondo agricolo, purché il corrispettivo sia fungibile.
Andiamo ora ad esaminare le tipologie negoziali più ricorrenti:
a) Vendita della nuda proprietà
Nel caso di vendita della nuda proprietà si ritiene che spetti la prelazione, perché il coltivatore che acquista la nuda proprietà percorre una strada che, con il tempo, permette di addivenire alla proprietà dell’intero fondo. E’quindi nello spirito della legge assecondare tale volontà.
b) Vendita con patto di riscatto
La vendita con patto di riscatto è soggetta alla prelazione, atteso che l’acquisto della proprietà per effetto dell’esercizio della prelazione deve prevalere sull’esercizio del riscatto convenzionale, in considerazione dell’interesse pubblico che caratterizza questa fattispecie.
c) Vendita di quota indivisa
La vendita di quota indivisa di
proprietà comporta la prelazione sia a favore del coltivatore, sia a favore del
comproprietario che abbia anche la qualifica di coltivatore diretto, perché il
coltivatore in questo caso è comunque da favorire, sia pure pro quota, a nulla
rilevando che nell’eventuale divisione potrebbe a lui non essere attribuita la
porzione di fondo in precedenza coltivato.
d) Vendita per asta pubblica
La fattispecie di vendita per asta pubblica, talvolta utilizzata dalla pubblica amministrazione per effettuare una scelta concorsuale del soggetto acquirente, deve rispettare la prelazione agraria, perché trattasi di fattispecie non paragonabile alle ipotesi di vendita forzata, liquidazione coatta amministrativa, fallimento o espropriazione per pubblica utilità, tutte ipotesi, queste ultime, espressamente escluse dalla prelazione agraria per effetto dell’art. 8, secondo comma della legge n. 590 del 1965.
e) Cessione in rendita vitalizia
Dà luogo a prelazione la cessione del fondo in rendita vitalizia, ma non in vitalizio alimentare, caratterizzato quest’ultimo dall’obbligo dell’acquirente di corrispondere, vita natural durante, vitto, alloggio, e quanto necessario per i suoi bisogni, compresa l’assistenza morale.
Si è ritenuto che in questa ultima ipotesi la prestazione è così tanto personalizzata da escludere la possibilità della prelazione ; ma questa conclusione è stata anche sostenuta sulla base del rilievo che il vitalizio alimentare, oltre ad essere caratterizzato dall'intuitus personae, racchiude un elemento d’incertezza rappresentato dalla variabilità e dalla discontinuità delle prestazioni in rapporto allo stato di bisogno del vitaliziando, elementi tutti che confliggono con la struttura stessa della prelazione .
f) Transazione
Si afferma anche che la transazione non rientra nella tipologia di negozi che danno luogo alla prelazione, data la complessità della regolamentazione che si mira a conseguire.
g) Operazioni societarie
Non si ha trasferimento a titolo oneroso di fondo rustico nell’ipotesi che il fondo appartenga ad una società di capitali e si proceda ad una cessione delle azioni della società, perché la cessione comporta il subingresso di altri nella qualità di socio, non nella titolarità dei beni sociali, che resta alla società .
E’ stato ritenuto rientrante nella fattispecie della permuta (e come tale escluso dall’ambito di operatività della prelazione in esame in quanto il corrispettivo è infungibile) il conferimento del fondo agricolo in società, in cambio dell’acquisto dello status di socio .
Stessa soluzione deve seguirsi nella ipotesi di trasformazione, fusione e scissione: secondo infatti la Massima del Consiglio del Triveneto (LA.15) in coso di fusione e scissione non si applicherebbe né la prelazione agraria né quella urbana in quanto non si può configurare il corrispettivo è sempre infungibile.
(In tema di prelazione dei beni artistici tuttavia è la stessa legge che, in tema di aumento di capitale, la ritiene applicabile).
h) Permuta
La prelazione non trova applicazione nel caso di permuta del fondo con altro bene (art. 8, secondo comma della legge n. 590 del 1965).
Il motivo per cui la permuta è stata esclusa consiste nell’infungibilità della controprestazione, in quanto il coltivatore non è in grado di offrire al proprietario del terreno una prestazione identica a quella che è in grado di offrire il terzo. La norma dell’art. 8 della legge 590/1965 si riferisce ad ogni ipotesi di permuta e non soltanto alla permuta del terreno agricolo con altro terreno.
La Cassazione interpreta questa fattispecie in modo onnicomprensivo, così che la prelazione è da escludersi ogni qual volta il corrispettivo sia costituito da un bene in natura, fermo restando questa soluzione anche qualora vi siano conguagli in denaro, purchè il versamento in denaro non sia prevalente rispetto allo scambio del bene in natura (nel qual caso non si avrà più permuta con conguaglio ma una vera e propria compravendita in cui parte del prezzo è pagato in natura).
i) Atti a titolo gratuito e divisione
La legge presuppone, per
l’esercizio della prelazione, che il fondo sia alienato come corrispettivo e
pertanto è da ritenersi che non rientrino nella fattispecie né i negozi
giuridici a titolo gratuito, come la donazione, né i negozi non traslativi ma
semplicemente dichiarativi, come la divisione.
l) Negotium mixtum cum donatione
Di recente la Cassazione ha
ribadito che il diritto di prelazione presuppone un trasferimento a titolo
oneroso, mentre se la compravendita è utilizzata al fine di arricchire il
compratore della differenza tra il valore del bene ed il prezzo stabilito, è
configurabile un "negotium mixtum cum donatione", che costituisce donazione
indiretta, e, pertanto, la prelazione in esame è inapplicabile.
Riferendosi ad un suo già consolidato orientamento, la Suprema Corte ha
affermato che il negotium mixtum cum donatione si verifica in tutti i casi in
cui si trasferisce un bene a prezzo di favore, che costituisce donazione
indiretta, e quindi si ha un atto parzialmente a titolo gratuito.
5. Rapporti con la prelazione del coerede.
L’art. 9 ultimo comma della legge n. 590 del 1965 dispone che “ai soggetti di cui al primo comma sono preferiti, se coltivatori diretti, i coeredi del venditore”.
Appare chiaro che quindi la prelazione agricola non trova applicazione quando ricorre l’ipotesi prevista dall’art. 732 c.c., ossia di vendita ad un terzo da parte di un coerede del bene ereditato.
Ci si è chiesti inoltre se la preferenza al coerede viene attribuita soltanto nell’ipotesi che la comunione ereditaria sia ancora in essere oppure anche nell’ipotesi in cui, a seguito della divisione, detta comunione si sia sciolta?
La giurisprudenza della
Cassazione ritiene che, qualora sia venuta meno la comunione ereditaria, la
norma non debba più essere applicata e pertanto non vi è più alcuna ragione di
escludere l’applicabilità della prelazione agraria.
6. Conseguenze del contratto senza il rispetto della prelazione agraria.
Recente giurisprudenza ha sostenuto che la violazione di una norma imperativa non dà luogo necessariamente alla nullità del contratto giacché l'art. 1418, primo comma, cod. civ., con l'inciso "salvo che la legge disponga diversamente", esclude tale sanzione ove sia predisposto un meccanismo idoneo a realizzare ugualmente gli effetti voluti della norma, indipendentemente dal suo formale rispetto.
Pertanto la vendita di un fondo compiuta senza il rispetto delle norme sul diritto di prelazione di cui agli artt. 8 della legge n. 590 del 1965 e 7 della legge n. 817 del 1971, non è causa della nullità del negozio, che diviene comunque inefficace, a causa dell'esercizio del riscatto.
Spetterà quindi al terzo compratore in buona fede la garanzia per evizione, secondo la disciplina generale.
Ciò ha importanti riflessi sulla responsabilità del notaio, il quale risponderà non per violazione dell’art. 28 LN ma esclusivamente per responsabilità professionale.