Cessione del credito futuro e obblighi d'informazione

 

Cass. 26664/07: in tema di cessione del credito da un contratto di appalto, l’accettazione della cessione da parte del debitore è dichiarazione di scienza priva di contenuto negoziale e non vale in sé quale ricognizione tacita del debito. Né tale valenza può desumersi dal silenzio del debitore stesso sulla natura del credito ceduto o dalla mancata informativa al cessionario sulle ragioni della contestazione del credito, in quanto l’obbligo di diligenza ex 1176 è imposto al debitore solo nell’adempimento della prestazione e non può essere esteso sino ad includere l’informazione dettagliata delle ragioni del rifiuto di adempiere.

 

E’ noto che la cessione del credito è un contratto bilaterale solo tra cedente (vecchio creditore) e nuovo creditore, che deve solo essere notificato al debitore ceduto, il quale tuttavia può intervenire accettando il negozio rendendolo così irrevocabile.

La dottrina ritiene invece che nella cessione di un credito (anche futuro) il debitore ceduto ed il cessionario, anche quando il credito non sia ancora venuto ad esistenza, sono immediatamente tenuti ad una serie di obblighi tra i quali quello di correttezza e buona fede, tra cui l’obbligo di buona fede di salvaguardare l’utilità del creditore nella fase di pendenza del rapporto, che può variare a seconda delle circostanze concrete, senza tuttavia un eccessivo aggravamento della posizione del debitore.

Queste precisazioni sono tanto più importanti quanto più ci si soffermi sull’importanza sempre crescente nella pratica del contratto di factoring, ove la cessione ha ad oggetto una massa di crediti presenti e futuri svolgendo altresì una funzione di finanziamento con l’anticipazione dell’importo (o parte) dei crediti.

La questione dibattuta è se il debitore ceduto (di per sé estraneo al contratto d cessione) abbia o meno un obbligo di informare il creditore sulla speciale natura del credito ceduto e delle eventuali ragioni di insussistenza del credito stesso.

La Cassazione configura infatti l’accettazione (eventuale e non necessaria) del debitore ceduto quale dichiarazione di scienza priva di contenuto negoziale, che non avrebbe in alcun modo valenza ricognitoria. Da tale presupposto, esclude un qualsiasi obbligo di informazione a carico del debitore ceduto, con il quale non esiste alcun rapporto contrattuale (diretto) e pertanto non è violato alcun obbligo di correttezza o buona fede che deve invece riferirsi alla sola fase di esecuzione (cui la cessione del credito è di per sé estranea).

La notifica od accettazione ex 1264 del debitore ha infatti come unico fine quello di stabilire se il pagamento al creditore cedente abbia o meno efficacia liberatoria anche verso il cessionario, non incidendo in alcun modo sulla titolarietà del credito e sul negozio di cessione.

Si sottolinea comunque che, nella cessione di credito futuro, questo si trasferisce in capo al cessionario al momento della sua venuta ad esistenza; fino a quel momento infatti ha solo effetti obbligatori.

La dottrina distingue tra diligenza e buona fede:

-          La diligenza consiste “nell’adeguato sforzo volitivo e tecnico per realizzare l’interesse del creditore e non ledere diritti altrui” (Bianca); è pertanto una modalità del comportamento dovuto del debitore; l’art. 1176 individua la misura della diligenza dovuta.

-          La buona fede (in senso oggettivo) invece è espressione del principio di solidarietà ed obbliga le parti a salvaguardare l’utilità dell’atro; trova il suo fondamento nell’art. 1377 ed è dovuta anche al di fuori di un rapporto negoziale (trattative) e si sostanzia anche in obblighi accessori che implicano tutti quegli atti che, anche se non espressamente previsit, sono indispensabili ai fini della corretta attuazione dell’obbligazione (per alcuni fonte di integrazione del contratto, per altri semplice criterio di valutazione del comportamento).

Una concezione “ampia” del concetto di buona fede permette quindi di superare l’obiezione della S.C. per cui l’obbligo di informazione opererebbe solo all’interno del rapporto obbligatorio, e quindi anche nella fattispecie in esame.

A sostegno di questa tesi, la stessa S.C. nel 1999, relativamente al factoring, ha ritenuto esistente un obbligo di informare il creditore dell’esistenza di situazione che avrebbero potuto incidere sulla validità del rapporto – fonte quando il silenzio del debitore, con il concorso di circostanze di fatto univoche, sia di per sé sufficiente a creare nel factor l’affidamento riguardo all’esistenza del debito.

Tuttavia è ormai orientamento consolidato che dal silenzio del debitore non possa in alcun modo derivare una presunzione di esistenza del credito ed il cessionario dovrà rivalersi sul cedente per inadempimento e responsabilità contrattuale nella ipotesi di inesistenza dello stesso.

 

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