LA RETTIFICA UNILATERALE DEGLI ATTI NOTARILI

 

Schema riassunto dalle “Novità Normative II semestre 2010” di G. Petrelli (www.gaetanopetrelli.it )

 

- Le varie fattispecie di rettifica previste

 

Esistono nell’ordinamento varie fattispecie di rettifica degli atti giuridici, configurate come rimedio contro gli “errori materiali” degli atti, ma è assente una compiuta disciplina della rettifica degli atti notarili.

In particolare il legislatore ha previsto diverse ipotesi di rettifica degli atti e precisamente:

 

- l’art. 287 c.p.c. (correzione di omissioni o in errori materiali o di calcolo delle sentenze e delle ordinanze non revocabili nel processo civile);

 

- l’art. 130 c.p.p. (correzione delle sentenze, delle ordinanze e dei decreti nel processo penale, che siano “inficiati da errori od omissioni che non determinano nullità, e la cui eliminazione non comporta una modificazione essenziale dell'atto”);

 

- l’art. 86 del D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (correzione di omissioni o errori materiali dei provvedimenti del giudice amministrativo);

 

- l’art. 32 della Deliberazione della Corte Costituzionale del 7 ottobre 2008, in G.U. n. 261 del 7 novembre 2008 (correzione delle omissioni o degli errori materiali delle sentenze e delle ordinanze della Corte Costituzionale);

 

- l’art. 17 del d.p.r. 14 marzo 1986, n. 217 (correzione del testo di atti normativi, aventi ad oggetto “errori od omissioni che non influiscono sul contenuto normativo dei testi pubblicati”);

 

- l’art. 36-bis, comma 2, lett. a) e b), del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600 (correzione da parte dell’Amministrazione finanziaria degli errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti nelle dichiarazioni dei redditi, “sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni presentate e di quelli in possesso dell’anagrafe tributaria”);

 

- l’art. 1430 c.c. (rettifica dell’errore di calcolo nel contratto, quando non si concreti in errore sulla quantità e non sia stato determinante del consenso);

 

- l’art. 17, ultimo comma, della legge 27 febbraio 1985, n. 52 (rettifiche eseguibili d’ufficio dal conservatore dei registri immobiliari aventi ad oggetto “errori materiali dell'ufficio”);

 

- gli artt. 2841, comma 2, e 2886, comma 2, c.c. (rettifiche che possono essere ordinate dal giudice, da eseguirsi a margine dell’iscrizione ipotecaria, in relazione ad omissioni o inesattezze di alcune delle indicazioni nel titolo, in base al quale è presa l'iscrizione, o nella nota di iscrizione, che non inducano incertezza sulla persona del creditore o del debitore o sull'ammontare del credito ovvero sulla persona del proprietario del bene gravato, o sull'identità dei singoli beni gravati).

 

Tutti i suddetti casi presuppongono che la rettifica rimedi ad un “errore materiale”, o ad una “omissione”  di natura “inequivoca” e l’assenza di discrezionalità in capo al soggetto chiamato a “correggerlo”. Si esclude infatti la  rettifica in particolari ipotesi, come la presenza di nullità o quando la stessa darebbe luogo a “modificazione essenziale dell’atto” oppure  in alcuni casi, si prevede la possibilità di rettifica “d’ufficio”, senza cioè che siano necessari la richiesta o il consenso delle parti interessate.

In ogni caso, oggetto della rettifica non è la “ricostruzione” del processo mentale e psicologico che ha condotto alla formazione dell’atto errato, bensì l’individuazione e correzione dell’errore su basi rigorosamente oggettive e documentali (cfr. ad es. l’art. 36-bis, comma 2, del d.p.r. n. 600/1973).

Ciò spiega perché la rettifica possa essere effettuata anche da persona fisica diversa dall’autore dell’atto, ad esempio dal giudice dell’impugnazione anziché da quello che ha commesso effettivamente l’errore (art. 130, comma 1, secondo periodo, c.p.p.).

 

La modificazione del contenuto del contratto (art. 1432, 1450 e 1467, comma 3, c.c.),  che opera sul piano del regolamento negoziale, e necessita di una nuova dichiarazione di volontà, non rientra invece nel concetto proprio di rettifica.

 

- La rettifica “unilaterale” del Notaio

 

Con D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 110  è stata prevista la possibilità di rettifica di errori di trascrizioni di dati degli atti notarili, e più precisamente l’attribuzione al notaio della facoltà di provvedere, mediante propria certificazione, a rettificare errori od omissioni materiali di trascrizione di dati preesistenti alla redazione dell’atto, fatti salvi i diritti dei terzi.

A tal fine è introdotto nella legge notarile il seguente nuovo art. 59-bis:

Il notaio ha facoltà di rettificare, fatti salvi i diritti dei terzi, un atto pubblico o una scrittura privata autenticata, contenente errori od omissioni materiali relativi a dati preesistenti alla sua redazione, provvedendovi, anche ai fini dell'esecuzione della pubblicità, mediante propria certificazione contenuta in atto pubblico da lui formato”.

 

 

La legge parla di  “certificazione” del notaio: si tratta di una dichiarazione di scienza del pubblico ufficiale, che attesta determinati fatti di cui lo stesso ha acquisito, direttamente o indirettamente, conoscenza.

 

Anche in questa ipotesi è da escludere qualsiasi apporto discrezionale del notaio: la rettifica è mera dichiarazione di scienza e mai dichiarazione di volontà; essa è pertanto preclusa ogni qualvolta  sussistano elementi di incertezza riguardo all’esistenza o al contenuto dell’errore, ed in particolare ogni

qualvolta sia necessaria un’attività di interpretazione del contenuto dell’atto, e di indagine nel processo psicologico degli autori dello stesso. A tal fine il notaio deve dar conto di quali sono i “dati preesistenti” dalla cui oggettiva ricognizione emerge l’errore o l’omissione “materiale”(eventualmente allegando documentazione a supporto, ove si tratti di documenti diversi dall’atto rettificato).

 

 

La forma giuridica dell’atto di rettifica è – per espressa previsione di legge – quella dell’atto pubblico, da tenere a repertorio e raccolta, che come già detto contiene unicamente una “certificazione del notaio”, anziché una dichiarazione delle parti interessate. Si tratterebbe, più precisamente, di un atto notarile senza parti (come, ad esempio, per i verbali di constatazione od i verbali di assemblea non contestuali).

 

 

Oggetto della rettifica deve essere, a norma dell’art. 59-bis l. not., un atto pubblico o una scrittura privata autenticata. La legge non contempla quindi la “scrittura privata non autenticata”.

 

Secondo l’Autore è inoltre possibile la rettifica notarile con riferimento agli atti pubblici negoziali formati nel corso di un procedimento civile ( verbali che documentano accordi dei coniugi in sede di separazione consensuale o divorzio; accordi con cui si approva un progetto divisionale; accordi documentati in un verbale di conciliazione giudiziale) in quanto trattasi di “atti pubblici”, suscettibili di rientrare nella ratio dell’art. 59-bis.. Più difficilmente può invece sostenersi  l’applicazione della norma in esame  agli atti o provvedimenti amministrativi.

 

Un discorso particolare va svolto riguardo alla rettifica dell’atto di concessione di ipoteca.

L’art. 2841, comma 2, c.c., disciplina l’ordine giudiziale di rettifica in presenza di errori od inesattezze, non solo nella nota di iscrizione ma anche nel titolo, che non inducano incertezza sui soggetti, l’oggetto o il rapporto giuridico. Da ciò una parte della dottrina ha desunto che in questo caso non sarebbe operabile una rettifica consentita dalle parti. In contrario, può osservarsi che – a condizione che la rettifica venga rigorosamente delimitata agli “errori ed omissioni materiali”, di cui all’oggetto – i terzi non possono comunque subire alcun pregiudizio; e d’altra parte l’art. 2886, comma 2, c.c., fa espresso riferimento al consenso delle parti.  Oggi non avrebbe senso discriminare sul punto tra diverse pubblicità legali, ammettendo la rettifica notarile per gli atti soggetti a trascrizione e non per quelli soggetti ad iscrizione.

 

La legittimazione ad eseguire la rettifica:  Non è necessario che l’autore della rettifica coincida con l’autore dell’atto da rettificare, non essendo in questione la ricostruzione di un processo psicologico ma unicamente quello del significato effettivo di un dato testuale. Ciò significa che nulla osta alla rettifica di un atto pubblico rogato da altro notaio; e che è anche verosimilmente possibile la rettifica notarile di un atto redatto in forma pubblica  amministrativa, o anche di un provvedimento giudiziario.

 

Il Notaio ha sempre “facoltà di scegliere” la modalità di rettifica in questione, in luogo della

modalità alternativa (rettifica consentita dalle parti interessate), che rimane pur sempre praticabile. Questa seconda modalità potrebbe essere preferita, vuoi per evitare qualsivoglia contestazione in futuro, vuoi per accompagnare alla rettifica un’interpretazione autentica del precedente atto, che solo le parti possono effettuare, o ancora per qualsiasi altra ragione.

 

La lettera della legge non richiede in alcun modo un previo incarico delle parti del precedente atto da rettificare, o comunque dei titolari del rapporto giuridico da esso derivato. Inoltre l’esigenza pratica di redigere un atto senza parti, come quello in esame, nasce proprio dalla opportunità di apprestare uno strumento agile, finalizzato ad operare la rettifica di errori materiali imputabili a parti non più reperibili, o defunte, o per varie ragioni (liti in corso, e simili) indisponibili a prestare il proprio consenso o a fornire qualsiasi incarico.

 

Requisiti: “errori od omissioni materiali relativi a dati preesistenti alla redazione dell’atto”: La rettifica in oggetto è destinata a rimediare ad “errori od omissioni materiali”.

Secondo l’interpretazione unanime di dottrina e giurisprudenza, si ha “materialità” dell’errore ogni qualvolta lo stesso riguardi il documento in sé considerato, a prescindere dal processo psicologico di formazione della volontà, che ha condotto alla sua formazione.

Errore materiale è il lapsus calami, la svista, che non incide sul contenuto sostanziale dell’atto giuridico, e che come tale non ne impedisce l’idoneità dichiarativa, in applicazione del più generale principio falsa demonstratio non nocet. La giurisprudenza parla sul punto di “inesattezza rilevabile ictu oculi”, o “mera svista o disattenzione nella redazione”, quando si tratti di “non corrispondenza tra la materiale esteriorizzazione del pensiero ed i concetti cui tale esteriorizzazione è seguita”, o di “mero difetto di corrispondenza tra l’ideazione e la sua materiale rappresentazione grafica”, che come tale non incide sul “contenuto concettuale e sostanziale” dell’atto. Errore materiale è, pertanto, quello che non ingenera incertezza sul reale contenuto dell’atto.

 

Occorre, perciò, distinguere tra “errore nella dichiarazione” (divergenza tra volontà e dichiarazione) commesso dalla parte (in conseguenza di errore ostativo ex art. 1433 c.c.), ed “errore nella documentazione”, commesso dal notaio nell’atto pubblico ex art. 47 l. not. e dalle parti nella scrittura privata autenticata, e consistente nella erronea “trascrizione” di dati preesistenti nel documento: solo quest’ultimo errore rientra nell’ambito di applicazione della disciplina in esame.

 

Vi è inoltre un ulteriore elemento necessario per poter parlare di errore materiale rettificabile: i “dati preesistenti” da ricostruire devono emergere o dallo stesso documento autentico da rettificare, o da altro documento o pubblico registro preesistente, avente la medesima efficacia probatoria.

 

L’omissione è un errore negativo: omissione, o lacuna, che evidentemente per costituire oggetto

di rettifica non deve aver dato luogo a nullità; d’altra parte, deve trattarsi di un “dato” che ancorché non espresso a causa dell’omissione, sia comunque ricavabile inequivocabilmente dall’atto da rettificare, e non rappresentare invece una “assenza di decisione”. La lacuna è “materiale” solo quando nell’atto sia ravvisabile con assoluta certezza il positivo atto di volizione del suo autore.

 

 

 

  Casistica di possibili errori od omissioni suscettibili di rettifica.

 

1) Dati catastali.

 

L’esempio più frequente di errore materiale relativo a dati preesistenti è quello relativo ai dati catastali.

In questi casi, la correzione (mediante indicazione del numero esatto in luogo di quello errato) o l’integrazione (mediante indicazione del numero omesso) in tanto è possibile, in quanto dal complesso degli altri elementi risultanti dall’atto (descrizione, ubicazione, consistenza, confini, planimetrie allegate, riferimento ad atti di provenienza) sia possibile, senza possibilità di equivoco o incertezza, affermare che era a quel particolare dato catastale che le parti si erano effettivamente riferite.

Si ricorda il consolidato orientamento giurisprudenziale che assegna prevalenza ai dati “fattuali” (confini, consistenza, ecc.), rispetto a quelli catastali.

La rettifica non è invece tale – trattandosi piuttosto di stipulare un atto “dispositivo” di diversa natura (permuta, vendita, ecc.), ovvero di agire per l’annullamento a causa di errore vizio od ostativo, o di operare una “rettifica” negoziale ex art. 1432 c.c., con l’intervento delle parti – quando tutti gli elementi suindicati siano errati.

La rettifica in esame non può riguardare la qualità di pertinenza di un immobile rispetto ad un altro (qualifica non accertabile a mezzo di documenti fidefacienti preesistenti all’atto, ma dipendente dall’effettiva destinazione del bene).

 

2)  Dati anagrafici delle parti.

 

Altro caso frequente di errore materiale è quello che riguarda i dati anagrafici delle parti.

In un sistema di pubblicità a base personale, come il nostro, l’erronea indicazione di uno di tali dati può, a seconda dei casi, determinare incertezza ai sensi degli artt. 2665 e 2841 c.c. e, quindi, invalidità della pubblicità (anche quando l’atto trascritto o iscritto è perfettamente valido). Da ciò, a seconda dei casi, la necessità od opportunità della rettifica.

Si ha errore “materiale”, suscettibile di rettifica, quando dal contesto dell’atto emerga inequivocabilmente che si tratta di quella determinata persona e non di un’altra (ad es., raffrontando la data di nascita errata con il codice fiscale, con i riferimenti all’atto di provenienza richiamato espressamente, in cui la persona è esattamente indicata, con riferimento al matrimonio con altra persona indicato nel medesimo atto, che consente anch’esso di risalire con certezza all’effettivo soggetto di cui trattasi). In assenza, invece, di elementi univoci nel senso suindicato, non è possibile stipulare la rettifica in oggetto, ma semmai un negozio di accertamento, con l’intervento di tutte le parti interessate.

 

3)  Regime patrimoniale delle parti.

 

Potrebbe essere errata la dichiarazione del regime patrimoniale, effettuata a norma dell’art. 2659, comma 1, c.c. La rettifica di una tale dichiarazione di scienza – perché tale è la sua natura – è certamente effettuabile, potendosi riscontrare con certezza, mediante l’esame dell’estratto per riassunto dell’atto di matrimonio, l’effettivo regime opponibile ai terzi.

Laddove una tale certezza non sia ottenibile, l’errore non può essere invece rettificato con la procedura in esame.

Parimenti non può essere oggetto di rettifica la dichiarazione di volontà consistente nella destinazione del bene acquistato all’attività professionale o imprenditoriale dell’acquirente (perché trattasi di dichiarazione di volontà e non di scienza, e non si riferisce a dati preesistenti all’atto).

 

4)  Dichiarazioni fiscali.

 

Possono costituire oggetto di rettifica le dichiarazioni di scienza, riferite a dati preesistenti all’atto: ad esempio, la circostanza di essere residente nel Comune in cui si acquista la prima casa, o di svolgervi la propria attività lavorativa, o ancora la circostanza di essere iscritto come imprenditore agricolo professionale nell’apposita gestione dell’Inps.

Nella misura in cui la legge non richieda una dichiarazione di parte da formalizzarsi in atto, l’errore può essere rettificato anche dal notaio a norma dell’art. 59-bis l. not.

Non può essere, invece, rettificata una dichiarazione di volontà (ad esempio l’impegno a trasferire la residenza nel Comune), né può essere “rettificato” con lo strumento in esame un atto che non contenga una richiesta di agevolazioni fiscali, prescritta dalla legge (essendo in tal caso richiesta una dichiarazione della parte interessata).

 

5) Dichiarazioni urbanistiche.

 

Si è già visto che lo strumento della rettifica in esame non può essere utilizzato al fine di rimediare ad errori od omissioni riguardanti dati, o dichiarazioni, richiesti a pena di nullità.

Così, ad esempio, non è possibile inserire con una semplice “rettifica” il riferimento alle planimetrie catastali, richiesto dall’art. 29, comma 1-bis, della legge n. 52/1985.

Parimenti, non è possibile rimediare con lo strumento della rettifica ad omesse od inesatte dichiarazioni riguardanti il regime urbanistico dei fabbricati, ovvero l’assenza di modifiche agli strumenti urbanistici quanto alla destinazione dei terreni (artt. 46 e 30 del d.p.r. n. 380/2001). Gli “estremi” dei titoli abilitativi edilizi potrebbero, tuttavia, essere indicati in modo errato, anche solo parzialmente (ad es., numero errato di una licenza edilizia, la cui data è indicata esattamente): in tali ipotesi, salvo valutare caso per caso, la rettifica notarile deve ritenersi ammessa ogni qualvolta l’errore o l’omissione non danno luogo a nullità.

 

6) Errore di calcolo.

 

Un caso specifico di errore materiale è l’errore di calcolo, al primo espressamente equiparato quanto al relativo trattamento giuridico ed in particolare alla rettifica (art. 1430 c.c.; art. 287 c.p.c.; art. 36-bis, comma 2, lett. a), del d.p.r. n. 600/1973). Per potersi parlare di errore materiale e quindi di rettifica occorre però che i dati matematici, sulla base dei quali effettuare il calcolo, risultino dal contesto dell’atto, in modo tale da rendere rilevabile ictu oculi l’errore, e certo il procedimento di correzione mediante ricalcolo.

Altro esempio di dato numerico rettificabile in quanto errore materiale (non di calcolo) è l’errore nell’indicazione del prezzo, quando dallo stesso atto risultino gli estremi degli assegni con cui è pagato un prezzo diverso.

 

 

Gli effetti giuridici dell’atto di rettifica.

 

Se l’errore “materiale” non incide sul contenuto sostanziale e sulla validità dell’atto, la relativa “rettifica” non può, evidentemente, produrre alcun effetto giuridico innovativo o preclusivo: alla stessa può essere ricollegato unicamente un effetto ricognitivo o dichiarativo, in ogni caso utile al fine di fare chiarezza, ma non modificativo di situazioni giuridiche preesistenti.

 

Pubblicità legale e diritti dei terzi.

 

A norma dell’art. 59-bis l. not., il notaio provvede alla redazione dell’atto di rettifica “anche ai fini dell'esecuzione della pubblicità”.

La legge integra quindi il catalogo degli atti soggetti a trascrizione o iscrizione nei pubblici registri (tra cui l’art. 2657 c.c.), aggiungendovi questo particolare atto pubblico contenente unicamente la certificazione del notaio: sulla base di esso, il conservatore del pubblico registro di volta in volta interessato sarà pertanto obbligato a trascrivere o iscrivere l’atto nei confronti delle parti dell’atto

rettificato.

La pubblicità legale della rettifica è da sempre ammessa, nonostante essa non rientri nel catalogo degli atti espressamente assoggettati a pubblicità legale.

Quanto alle modalità della pubblicità immobiliare, si discute se debba farsi luogo a trascrizione o ad annotazione (riguardo alla pubblicità ipotecaria, in quest’ultimo senso dispone l’art. 2886, comma 2, c.c.). Va evidenziato da un lato come la prassi amministrativa sia orientata nel senso della trascrizione della rettifica (v. la Circ. Min. Fin. 2 maggio 1995, n. 128/T); d’altro lato, come almeno in alcuni casi (rettifica di dati anagrafici) il funzionamento tecnico del sistema personale di pubblicità immobiliare richieda la trascrizione, perché la rettifica sia resa effettivamente conoscibile.

Quanto agli effetti della trascrizione della rettifica, occorre tener conto del fatto che, per pacifica dottrina e giurisprudenza, i terzi hanno unicamente l’onere di consultare le note di trascrizione, e non i titoli; anche ipotizzando – per quanto qui interessa – il caso in cui un dato (catastale, o anagrafico) sia indicato in modo errato sia nel titolo che nella nota, l’errore nel primo è in genere individuabile agevolmente mediante il raffronto con tutti gli altri elementi indicati in atto (come sopra chiarito). Invece, nella nota di trascrizione potrebbero essere inseriti solo alcuni dati (in particolare dati catastali, senza confini, descrizione e consistenza effettive): ciò significa che il requisito della “materialità” dell’errore sussisterebbe nel titolo, ma non nella nota, nella quale invece esso assumerebbe carattere

“essenziale”.

Da ciò l’importanza della trascrizione della rettifica (riconosciuta anche dalla giurisprudenza, ai fini dell’opponibilità ai terzi del trasferimento sull’effettivo oggetto dell’atto); l’atto originario (traslativo o costitutivo) e l’atto di rettifica vengono a comporre una fattispecie complessa, che la trascrizione della rettifica rende opponibile nella sua reale consistenza.

Il che costituisce un argomento ulteriore per la scelta della formalità di trascrizione, in luogo di quella dell’annotazione della rettifica.

L’art. 59-bis l. not. fa “salvi i diritti dei terzi”, a ribadire il principio secondo cui, quando l’errore o l’omissione sia in sé idoneo ad ingenerare affidamento nei terzi, questo affidamento deve essere tutelato. Pertanto, che sia stata oggetto di pubblicità legale o meno, la rettifica non può mai retroagire a danno dei terzi stessi, ma può produrre effetto riguardo agli stessi unicamente a partire dal momento della relativa pubblicità legale.

 

Regime fiscale della rettifica.

 

Ai fini fiscali, infine, non sembra dubbio che la rettifica in oggetto sia soggetta alle imposte fisse di registro, ipotecaria e catastale, in quanto atto privo di valore patrimoniale (art. 11 della tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. n. 131/1986), che non comporta trasferimento o costituzione di diritti reali.

 

Rettifica eseguita in assenza dei presupposti di legge.

 

La facoltà, attribuita dall’art. 59-bis l. not. al notaio di rettificare, senza il consenso delle parti, errori materiali od omissioni commesse in atti notarili, formando in tal modo un titolo idoneo alla pubblicità legale, valorizza la centralità della funzione notarile e la fides ricollegata all’operato del notaio. Contropartita di tale fiducia dell’ordinamento nella figura del notaio è la responsabilità del notaio che ponga in essere l’atto in oggetto al di fuori delle proprie attribuzioni.

Potrebbe infatti darsi il caso in cui un notaio ponga in essere un atto contenente la “certificazione” di rettifica in oggetto, al di fuori dei casi in cui ciò è consentito.

In questi casi il notaio porrebbe in essere un atto non consentito dalla legge ed al di fuori delle sue attribuzioni, incorrendo nella violazione dell’art. 28 della legge notarile.  E’, quindi, di estrema importanza la delimitazione dell’impiego del nuovo istituto nei rigorosi limiti di applicazione segnati dai concetti di “erronea trascrizione di dati preesistenti”, “errore materiale” ed “omissione”, tra loro collegati.

Nei casi più gravi, di falsa certificazione da parte del notaio riguardo all’esistenza di un errore materiale da rettificare, è da ritenersi integrata la fattispecie della falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati (art. 480 c.p.).

Quanto al rimedio civilistico a disposizione delle parti per reagire contro una rettifica eseguita dal notaio al di fuori dei presupposti di legge, esse possono esperire – oltre all’azione di danni – anche una azione di accertamento, diretta a far constare l’inefficacia nei loro confronti della rettifica notarile eseguita al di fuori dei presupposti di legge (ed a costituire titolo per la relativa pubblicità legale, che superi quella eseguita sulla base della certificazione notarile, salvi sempre i diritti dei terzi).