La Successione in generale e la successione mortis causa.

 

Il termine successione indica il subentrare di un soggetto (avente causa) ad un altro (dante causa) in una determinata situazione giuridica.

Ciò implica che la situazione giuridica resti identica nonostante il mutamento del soggetto.

In realtà basterebbe il mutamento di un qualsiasi elemento, anche quindi solo del soggetto, perché la situazione possa considerarsi diversa;

tuttavia nella successione – a differenza del trasferimento -   il successore si trova nella medesima posizione in cui si trovava il suo dante causa, secondo la concezione che l’erede/successore è in qualche modo la continuazione stessa della persona del de cuius.

La successione si distingue quindi dal trasferimento perché :

-          il trasferimento può aversi solo nella posizione attiva mentre la successione permette il subentrare sia nel lato attivo che in quello passivo;

-          la successione a differenza del trasferimento che ha ad oggetto solo diritti, può avere ad oggetto anche rapporti in via di formazione (art. 1329- 1330, 479 1399 comma 5).

L’ambito più vasto della successione si evidenzia nel possesso che, può essere oggetto di successione ai sensi dell’art. 1146 mentre non può (od è molto discusso) che possa essere oggetto autonomo di trasferimento.

Non sempre l’acquisto presuppone un trasferimento od una successione come nelle ipotesi degli acquisti a titolo originario.

La successione si distingue in universale ed a titolo particolare : ricorre la prima ipotesi quando si succede in tutti i rapporti attivi e passivi di una persona/ente; si ha successione a titolo particolare quando si succede solo in determinati rapporti giuridici (generalmente attivi).

La successione universale è collegata all’acquisto di una qualità personale come infatti avviene nella successione mortis causa che attribuisce la qualifica di erede (588).

La successione universale è un fenomeno principalmente di diritto successorio ma sono stati individuati alcune fattispecie di successione universale inter vivos. Tuttavia l’unica vera ipotesi di successione tra vivi (oltre che la successione nel possesso ex 1146) è la fusione (e la trasformazione) tra società in coerenza con la lettera dell’art. 2504-bis.

Non integrano invece successione né la morte presunta che,analogamente alla morte naturale, determina una successione mortis causa, né l’estinzione di persone giuridiche dal momento che agli associati/soci non si devolve l’intero patrimonio (attività e passività) ma solo ciò che residua dopo la liquidazione.

 

La successione mortis causa indica il subentrare di una persona vivente nella titolarità della intera situazione patrimoniale ed in parte personale di una persona defunta.

La successione può avere solo due fonti: la legge o il testamento. Non è dato un tertium genus.

La successione quindi può essere legittima o testamentaria, a titolo universale o particolare.

Fondamento economico-sociale della successione consiste nella necessità che i rapporti giuridici sia di carattere patrimoniale (specie relativi alla proprietà dei beni… ma non solo) che personale (dich. paternità..) facenti capo al defunto non si estinguano con la sua morte .

 

Nel concetto di acquisto a causa di morte vi rientrano ogni tipo di acquisto (per volontà del de cuius o per legge) che derivi o dipenda dal patrimonio del defunto. I legati ex lege pur non comportando un succedere in senso proprio sono cmq un acquisto iure successionis (alimenti coniuge separato con addebito, assegno vitalizio figli non riconosciuti/riconoscibili 580,594,548,585). Inoltre non ogni acquisto subordinato alla morte rientra nella successione mortis causa che riguarda tutti gli acquisti non derivanti dal patrimonio del defunto (pensioni, indennità) che avvengono iure proprio e non iure successionis.

 

Procedimento successorio – le varie forme di delazione – diritti trasmissibili .

 

La successione si apre al momento della morte, nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto (456).

Si ha la morte, secondo la legge sui trapianti (L. 578/93) con la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo.

Anche la dichiarazione di morte presunta determina l’apertura della successione, distinguendosi dalla morte naturale solo per il modo di accertamento del decesso, compiuta dalla A.G. in base a una presunzione legale connesso al decorso del tempo dalla scomparsa ( il momento sarà quello indicato nella sentenza ex art. 61).

Prima della apertura della successione, la posizione dei succidibili non è assimilabile né ad un diritto soggettivo nè ad un’aspettativa in quanto non c’è alcuna pretesa nè alcuna tutela neppure sulla quota di riserva.

La vocazione è la designazione (per legge o testamento) dei successori del de cuius, ed è il titolo in forza al quale si è chiamati a succedere e quindi fondamento della delazione (l’espressione vocato non corrisponde all’espressione “chiamato all’eredità” utilizzata all’art. 460). Il vocato infatti non ha i poteri ex 460 (indica l’aspetto soggettivo della successione).

Ai vocati competono tuttavia poteri minori, al fine di tutelare la loro aspettativa di delazione quali la richiesta: dell’apposizione/rimozione dei sigilli (753-763 cpc), dell’inventario (769 cpc), della nomina del curatore dell’eredità giacente (528: persone interessate), nonché provvedimenti cautelari nei confronti verso cui spetta l’amministrazione (condizione, nascituri :642). I chiamati ulteriori possono inoltre chiedere la fissaz. del termine per accettare ex 481 .

La delazione è l’attribuzione (od offerta) del diritto di succedere e conferisce il diritto-potere di accettare l’eredità. (indica l’aspetto oggettivo della successione)

Al delato compete il diritto potestativo di accettare, cd. diritto al diritto.

Isolata è la tesi del Ferri per cui la posizione del delato sia fatta di poteri e non di diritti potendo egli determinare modificazioni indipendentemente dall’altrui contegno.

La delazione può avere titolo sono nella legge o nel testamento mentre una delazione pattizia integrerebbe un patto successorio istitutivo .

Qualunque sia il titolo per cui si succede, il fenomeno della delazione è regolato unicamente dalla legge, potendo il de cuius influire solo sulla determinazione dei successori e sul quantum a loro attribuito.. 

Generalmente vocazione e delazione si verificano nello stesso momento (alla morte del d.c.) ma mentre la vocazione è sempre attuale al momento della morte, la delazione può essere anche successiva : istituzione sotto condizione sospensiva, nascituri, chiamati ulteriori, legittimario pretermesso che ha esperito vittoriosamente l’azione di riduzione (e solo allora è erede).

Questa fase, in cui c’è attualità di vocazione ma differimento di delazione è denominata aspettativa di delazione, e dove il delato ha solo una tutela minore e non i poteri né di accettare né degli atti conservativi ex 460.( per questo il nascituro non può accettare l’eredità).

Tipi di delazione : la delazione può essere:

1) condizionale : istituzione sotto cond. sospensiva

                            i sostituti nella sostituzione ordinaria

                            i nascituri

2) successiva : l’unica ipotesi ammessa è la sostituz. fedecommissaria (696)

3) solidale : diritto di accrescimento (tra co-eredi o legatari) : non si hanno più delazioni ma un’unica che si espande

4) indiretta : ciò avviene nella rappresentazione (subentrare nel luogo e nel grada di un altro soggetto). 

Per quanto riguarda i diritti trasmissibili a causa di morte, si succede di regola nei soli diritti di natura patrimoniale, compresi i diritti potestativi ( d. al riscatto, all’annullamento, rescissione, al recesso al d. in base a un preliminare …). Quanto ai rapporti in via di formazione, questi generalmente non si trasmettono, ad eccezione delle fattispecie che non si estinguono con la morte del de cuius ( proposta irrevocabile- proposta dell’imprenditore-opzione ).

Tuttavia non tutti i rapporti patrimoniali giuridici possono trasmettersi per successione come per esempio:

tutti i rapporti intuitu personae,  i diritti reali legati alla vita del titolare, la posizione dei soci illimitatamente responsabili, i rapporti patr. legati ad uno status familiare (alimenti).

Sono intrasmissibili i rapporti di natura personale, i diritti della personalità, i diritti e gli status familiari e le relative azioni (le azioni di stato per cui la legge permette la trasmissibilità come per imp. riconoscimento figlio naturale(267) gli eredi agiscono iure proprio e non iure successionis) nonché i rapporti avente natura pubblica. Relativamente a questi ultimi ,al contrario, si trasmettono agli eredi tutti i rapporti con il fisco (+ e -) nonché generalmente i diritti su beni demaniali e patrimonio indisponibile (assimilati a dei iura in re aliena).

Circa il diritto di autore si distingue il diritto d’a. patrimoniale, trasmissibile e liberamente alienabile sia i.v. che m.c. , e il diritto d’a. morale, intrasmissibile anche mortis causa, la cui tutela è indipendentemente affidata ai “più diretti congiunti”(iure proprio). (Per finalità pubbliche tale d. può trasmettersi allo Stato l. 633/41 art.20)

 

Eredità e legato.

 

1. definizione e natura dell’eredità

2. definizioni di erede e legatario

3. differenze tra eredità e legato

4. l’usufrutto universale

5. Usufrutto con facoltà di vendere in caso di bisogno.

 

1. definizione e natura dell’eredità

L’eredità è quella complessa situazione giuridica composta da una pluralità di rapporti attivi e passivi e nella quale subentra in tutto od in parte il successore a titolo universale.

Il comma 1 dell'art. 588 c.c. determina mediante una definizione positiva il concetto di eredità (le disposizioni attribuiscono la qualità di erede, se comprendono l'universalità o una quota dei beni del testatore) ed in modo residuale quello di legato (…le altre disposizioni).

Seppure l'art. 588 faccia riferimento al solo contenuto patrimoniale del testamento, si ritiene pacificamente che questo possa contenere (anche in via esclusiva) disposizioni di carattere non patrimoniale, previste al c. 2 dell'art. 587 c.c.

Discussa è la natura giuridica della eredità ed a tal proposito sono state elaborate in dottrina diverse tesi:

1- Tesi della universalità di diritto  (universitas iuris) :

L'eredità costituisce quel complesso di beni e rapporti giuridici ricondotti ad unità dalla volontà del legislatore e che, a determinati effetti, rende una pluralità di elementi ontologicamente diversi un unico aggregato ideale, suscettibile di considerazione e trattamento unitario pur se è diversa la natura delle singole cose che la compongono.

L’eredità rimarrebbe una universitas iuris fino a quando i beni sono oggetto di una situazione giuridica di pendenza, ossia fino alla accettazione.

La categoria logica della universalità di diritto consente quindi di identificare unitariamente il complesso dei rapporti giuridici trasmessi e l’utilità di tale situazione si giustifica anche nel conservare questa consistenza in vista dell'assolvimento di una determinata funzione (eredità giacente,  ovvero sub condicione, ecc.).

Tale esigenza viene meno allorquando i beni siano entrati a far parte in modo definitivo del patrimonio dell'erede.

Questa tesi (Capozzi) trova conferma in una serie di norme di diritto positivo tra cui la situazione prima della accettazione (460), la riunione fittizia (528), la vendita o donazione di eredità (1532).

2- Tesi atomistica : 

l'eredità costituisce  una somma di rapporti giuridici, oggettivamente autonomi, unificati dalla /nella persona dell'erede, ma mancanti di una unitarietà in vista dell'assolvimento di una determinata funzione.  

3- Tesi del Patrimonio autonomo :

il patrimonio è reso unitario nella sola fase tra l’apertura della successione e l’accettazione (sia semplice che con beneficio).

Dopo l’accettazione tale patrimonio unitario comunque scompare.

 

2. definizioni di erede e legatario

E' erede  colui che subentra in tutto od in parte, in una quota dei beni del de cuius, ossi  nella complessa situazione giuridica, composta da una pluralità di rapporti giuridici attivi e passivi, già facenti capo al de cuius, assicurandone la continuità.

Quando si istituisce un soggetto proprio erede è necessario sempre specificare la quota che gli si vuole attribuire (ad es.  un mezzo o un terzo de patrimonio  o, nella ipotesi di erede universale, dell’intero patrimonio) poiché, in caso contrario, l’attribuzione potrebbe essere dichiarata nulla per indeterminatezza. Tale regola deve essere seguita anche quando si istituisce taluno proprio erede universale, precisando quindi che si istituisce erede “di tutti i propri beni / di tutto il patrimonio”; utilizzare infatti la sola parola “universale” potrebbe dare alito ad equivoci.

Non fa eccezione a questa regola nemmeno l’attribuzione ex 734 senza predeterminazione di quote poiché in questa ipotesi la quota sarà determinata a posteriori e consisterà proprio nel rapporto tra il valore dei beni attribuiti ed il patrimonio netto.

E’ Legatario invece chi subentra in una singola res, cioè in specifici rapporti. Il Legatario subentra in diritti  (anche negativi) ma mai in obblighi.

Tale definizione, se ha il merito della chiarezza, coglie solo un aspetto del fenomeno successorio a titolo particolare. Tale nozione ( successione a titolo particolare- ossia in un specifico rapporto ) si manifesta, pertanto, inadeguata nell'ipotesi in cui il beneficiario della disposizione acquisti un diritto anche al di fuori della massa ereditaria, che faceva capo all'ereditando o, comunque, nella ipotesi più ampia di legato obbligatorio, ove non ricorre il concetto tecnico di successione, in quanto il diritto non è collegato da un nesso di derivazione immediata con la posizione giuridica del disponente [Gangi]. Così anche nella ipotesi di legato immediatamente traslativo, quale quello disciplinato dall'art. 658 (legato di liberazione dal debito) caratterizzato dalla insussistenza di una derivazione mortis causa di un diritto che faceva capo al de cuius. Si è ritenuto, pertanto, di dare al legato una ricostruzione a carattere negativo, affermando, che incorre la figura del legato tutte le volte in cui non si è in presenza di una istituzione di erede [Capozzi].

Il legislatore prevede una sezione dedicata alle disposizioni patrimoniali a titolo particolare rubricata "Dei legati", con ciò lasciando intendere la non esaustività dell'elencazione ivi contenuta.

La funzione del 588 comma 1 è quella di tracciare la linea di demarcazione tra disposizioni a titolo universale e disposizioni a titolo particolare, delineando gli estremi qualificatori della disposizione a titolo universale.

Il carattere oggettivo del c. 1 è indiscusso, facendo lo stesso riferimento al contenuto della disposizione testamentaria.

In ordine alla distinzione tra istituzione di erede e legato, la giurisprudenza, in base alla lettera della norma "qualunque sia l'espressione o la denominazione usata", ha affermato che il testatore non è tenuto a qualificare erede o legatario l'istituito. L'una o l'altra qualità deve desumersi dal contenuto oggettivo della disposizione. La istituzione dell'erede discende dall'attribuzione della universalità o di una quota di beni, in ogni altro caso si avrà la nomina del legatario, cioè del successore a titolo particolare.

Per la cd. istiutio ex re certa (art. 588 comma 2) e la divisione fatta dal testatore (734 c.c.) si rinvia ai relativi approfondimenti.

 

3- differenze tra eredità e legato.

1- quanto alla struttura, l’eredità riguarda tutti i rapporti patrimoniali del defunto, sia attivi che passivi (unitariamente considerata), e l’erede è sempre successore a titolo universale ; con il legato si acquista uno o più rapporti patrimoniali specifici, solo attivi ed il legatario, anche se eccezionalmente, può non essere successore in senso tecnico.

La successione è sempre necessaria, il legato è invece eventuale.

2- quanto ai debiti, il legatario non è tenuto a pagare i debiti ereditari  secondo l’art. 756, che è norma dispositiva (q quindi derogabile) e anche quando il pagamento gli è imposto dal testatore, verso i terzi risponderà sempre l’erede, salvo rivalsa (art. 754 che invece non si ritiene derogabile).  il legatario è tenuto al pagamento degli eventuali debiti o oneri solo nei limiti di quanto conseguito (671).

Relativamente invece la suddivisione dei debiti tra gli eredi, il 752 riguarda i rapporti interni tra coeredi, mentre il 754 riguarda i rapporti esterni tra eredi e creditori.

I creditori possono quindi far leva solo sul 754, in base al quale possono pretendere il pagamento in misura non eccedente alla quota ereditaria, norma che è espressa eccezione della solidarietà passiva ex 1294. Solo il testatore può invece derogare detta proporzionalità ex 752 c.c. , ma tale deroga ha effetti interni e quindi ha riguardo solo per quanto concerne i rapporti tra i coeredi stessi ed ai loro rapporti di rimborso – calcolo della quota di beni da ottenere.

 E’ tuttavia sempre possibile un adempimento del terzo.

Pertanto la disposizione del testatore che pone in capo ad un solo erede il pagamento di tutti i debiti,  ha valenza solo interna e fa eventualmente nascere solo un diritto di rivalsa di chi ha pagato verso gli altri coeredi.

Si ritiene infine che i debiti, a differenza dei crediti, non entrano in comunione (ereditaria), ma si ripartiscono automaticamente tra i coeredi  secondo le quote.

 

3- quanto al modo di acquisto, l’erede deve sempre accettare (espressamente, tacitamente o come sanzione per taluni inadempimenti) mentre il legato si acquista automaticamente, salvo rinuncia (l’eventuale accettazione vale solo ad impedire la rinuncia).

4- Quanto poi al possesso, solo l'erede succede nel possesso ipso iure e con la medesima caratterizzazione psicologica; in particolare, il possesso continua nell'erede con effetto dall'apertura della successione (art. 1146, c. 1). Il legatario, invece, non subentra nel possesso del defunto, ma inizia un nuovo possesso al quale può, come ogni avente causa a titolo particolare, unire quello del suo autore per goderne gli effetti (art. 1146, c. 2).

5- Quanto al termine, la successione a titolo universale non può aver luogo ad tempus (art. 637), a norma del quale il termine iniziale o finale si ha per non apposto nell'istituzione di erede. Principio che trova piena esplicazione nel noto brocardo “semel heres semper heres” a fondamento del quale vi è l'esigenza sottesa dall'art. 692.

Il diritto del legatario può invece essere limitato nel tempo (ex artt. 637 e 640).

 

4. l’usufrutto universale

E' discusso se il lascito dell'usufrutto di tutti o di una quota dei beni ereditari attribuisca al beneficiario la qualità di erede o di legatario, con le necessarie conseguenze in ordine alla disciplina giuridica.

1- Tesi della qualifica di erede:

Parte della dottrina e della giurisprudenza afferma che l'attribuzione dell'usufrutto universale, cioè, su tutti e/o quota dei beni relitti dal defunto, importi una disposizione a titolo universale e quindi la qualifica di erede, e ciò sulla scorta della dizione dell'articolo in commento, il quale definisce a titolo universale le disposizioni testamentarie che comprendono l'universalità o una quota dei beni del testatore, disposizione che sarebbe riferibile anche all'ipotesi in parola.

2- Tesi della qualifica di legatario:

La dottrina e la giurisprudenza prevalenti, invece, rilevano che, nel caso di specie, il beneficiario non succede nell'identica posizione del defunto.  Pertanto l’usufruttuario generale sarebbe da qualificarsi come legatario.

Il successore, infatti, è titolare di un diritto essenzialmente temporaneo (in contrasto con la regola semel heres semper heres), ed, inoltre, non risponde illimitatamente dei debiti ereditari, ma solo nei limiti fissati dall'art. 1010: “L'usufruttuario di un'eredità o di una quota di eredità è obbligato a pagare per intero, o in proporzione della quota, le annualità e gli interessi dei debiti o dei legati da cui l'eredità stessa sia gravata”. E’ tenuto al pagamento delle annualità solo perché si tratta di carico gravante sull’intero patrimonio, e quanto al capitale grava sul nudo proprietario mentre per gli interessi sull’usufruttuario. In quanto legatario non succede nei debiti ma risponde solo verso l’erede.

Stessa soluzione viene svolta anche negli altri diritti reali limitati, in particolare in relazione al diritto di uso.

3- Per quanto riguarda, invece, il lascito avente ad oggetto la nuda proprietà di tutti i beni o di quota dei beni relitti dal de cuius, si ritiene che lo stesso importi per il beneficiario l'acquisizione della qualifica di erede.

Si osserva, infatti, che il nudo proprietario subentra comunque nella stessa situazione patrimoniale che faceva capo al defunto, subendo il solo limite derivante dal diritto di usufrutto del terzo, alla cessazione del quale il diritto di proprietà riacquista la sua normale espansione.

In particolare, la Suprema Corte ha stabilito che la disposizione con la quale il testatore esaurisce il patrimonio ereditario, attribuendo tutti i beni mobili ad un chiamato e la nuda proprietà di tutti i beni immobili ad un altro, non esclude di per sé la correlativa istituzione di erede, in quanto non è avulsa dal concetto di quota richiamato dall'art. 588, c. 2, né trova ostacolo nell'essere una delle attribuzioni in nuda proprietà, non essendo questa un diritto parziario rispetto alla proprietà piena, ma lo stesso diritto di proprietà temporaneamente compresso e destinato a riacquistare la sua naturale espansione alla fine dell'usufrutto.

 

5.  Usufrutto con facoltà di vendere in caso di bisogno.

L'usufrutto con facoltà di vendere urta contro il principio del numerus clausus dei diritti reali e della loro tipicità . Nelle facoltà comprese nel diritto di usufrutto non sussiste, infatti, quella di vendere il bene oggetto di diritto; tale facoltà è di spettanza del proprietario.

Parte della dottrina, pertanto, ritiene che la facoltà di vendere deve considerarsi non apposta, poiché incompatibile con l'essenza dell'usufrutto.

La giurisprudenza ha ritenuto, invece, che la disposizione in esame integrasse una vera e propria istituzione di erede; sintomatica per tale giurisprudenza è la mancanza di limiti alla facoltà di vendita essendo, il riferimento allo stato di bisogno, una mera raccomandazione.

Secondo la dottrina prevalente, la fattispecie è stata ricostruita come un doppio legato, di cui il primo incondizionato, avente ad oggetto, il diritto di usufrutto e il secondo condizionato al verificarsi dello stato di bisogno, da valutarsi ad opera di un terzo.

L'oggetto di detto secondo legato è stato rinvenuto, talvolta nel diritto di nuda proprietà, tal altra nella somma di denaro ricavata dalla vendita.

In tale seconda ipotesi il legato è ad effetti obbligatori, in quanto l'onerato è tenuto a vendere il bene oggetto della disposizione e a consegnare il ricavato al legatario.

Secondo recente dottrina il risultato di obbligare alla vendita può essere raggiunto indirettamente anche nel caso in cui oggetto del secondo legato sia il diritto di nuda proprietà, subordinando, detto secondo legato, sia alla condizione sospensiva del verificarsi dello stato di bisogno, che a quella risolutiva della mancata vendita del bene entro un certo termine.

 

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