Il Negozio giuridico e gli effetti verso i terzi (1381, 1401, 1411, 1406)

 

  1. La promessa del fatto del terzo (1381)
  2. Contratto per persona da nominare (1401)
  3. Contratto a favore del terzo (1411)
  4. Cessione del contratto (1406); Sub-contratto

 

Promessa del fatto del terzo (1381)

Uno dei principi giuridici fondamentali del nostro ordinamento è il cd. principio della relatività degli effetti del contratto, secondo cui un contratto produce effetti solo tra le parti.

Non fa eccezione la cd. promessa del fatto del terzo, disciplinata dal 1381 c.c., secondo cui colui che ha promesso l’obbligazione o il fatto del terzo, è tenuto ad indennizzare il contraente se il terzo rifiuta. Si tratta quindi di una fattispecie ad effetti obbligatori e non reali.

L’art. 1381 c.c. ha natura contrattuale, nonostante la terminologia usata dal legislatore possa far pensare ad una dichiarazione unilaterale (tesi quest’ultima sostenuta da parte della dottrina che ritiene che possa nascere anche da atto unilaterale ed, eventualmente, da testamento come onere a carico dell’erede a corrispondere l’indennità in caso di mancato adempimento del terzo).

Il contratto può essere oneroso o gratuito.

E’ possibile che si prometta il fatto di un’incapace; bisogna tuttavia distinguere se le parti erano a conoscenza della incapacità o meno. Se le parti ne erano a conoscenza, si ritiene la promessa valida anche perché il terzo è estraneo al contratto; se invece non conoscevano l’incapacità, si potrà chiedere l’annullamento per errore.

Terzo può essere anche la PA, come quando il venditore si impegna a far ottenere il certificato di abitabilità.

Discussa è la natura dell’obbligazione assunta dal promettente: secondo una prima tesi il 1381 c.c. integra una obbligazione di mezzi, e più precisamente un obbligo a fare tutto il possibile a che il terzo si obblighi/compia il fatto promesso.

Altra dottrina, secondo una interpretazione più letterale della norma, sostiene che il promettente non si impegna ad un facere ma a procurare il fatto del terzo. Si tratterebbe quindi di un’obbligazione di risultato, e lo stipulante non può liberarsi provando di aver fatto tutto il possibile, ma solo in caso di impossibilità sopravvenuta causata da un fattore esterno (mancanza di volontà del terzo di adempiere).

Autorevole dottrina ha infine ritenuto che si tratti più propriamente di un’obbligazione autonoma di garanzia, avente ad oggetto le prestazione di una garanzia ed, in particolare, l’assunzione del rischio del rifiuto del terzo. Il promettente sarà quindi tenuto alla indennità non in quanto inadempiente ma nella qualità di garante. La conferma di tale impostazione sarebbe nella circostanza che la norma si riferisce espressamente non al risarcimento del danno ma alla indennità.

La responsabilità ha diversa estensione a seconda che sia promesso il fatto o l’obbligazione del terzo. Nella seconda ipotesi se il terzo, obbligatosi, non adempie, non si avrà diritto ad alcuna indennità.

Il diritto all’indennizzo (valore corrispondente all’utilità non conseguita) non esclude che il creditore possa avvalersi degli ordinari rimedi contro l’inadempimento, se il contratto è a prestazioni corrispettive.

Ove si trattasse di prestazione fungibile, il promettente in luogo di pagare l’indennità, potrà eseguire egli stesso la prestazione, in analogia all’adempimento del terzo.

Fattispecie affini:

- Il 1381 c.c. si distingue dalla fideiussione in quanto, prima del contratto, non esiste nessuna obbligazione principale; anzi il 1381 è caratterizzato proprio dal carattere autonomo e principale dell’obbligazione. Con la fideiussione viene invece soddisfatto l’interesse ad ottenere l’esatto adempimento della obbligazione garantita (od il suo equivalente), mentre con il 1381 è possibile ottenere solo una somma a titolo di indennità.

- La figura in esame presenta notevoli affinità anche con la vendita di cosa altrui, tuttavia nel 1381 il promettente assume l’obbligo non di acquistare la cosa dal terzo, ma di farla vendere direttamente da costui.

- Si avrà 1381 qualora un soggetto stipuli un contratto senza averne i poteri promettendo la ratifica del dominus (rappresentante senza poteri).

 

Contratto per persona da nominare (1401).

Si ha contratto per persona da nominare quando una parte (stipulante) si riserva nei confronti della controparte (promittente) di nominare successivamente alla stipulazione del contrato la persona che acquisterà i diritti e assumerà gli obblighi.

L’istituto si inquadra nei contratti a formazione progressiva; la parte che si riserva di nominare altri è infatti immediatamente vincolata al contratto ma gli viene data la possibilità di sottrarsi al vincolo con la nomina dell’effettivo contraente.  

La natura giuridica dell’istituto è stato oggetto di viva discussione (teoria del contratto con effetto alternativo quanto ai soggetti per una condizione risolutiva, teoria della facoltà alternativa, teoria della pluralità dei negozi) ma la teoria che sembra oggi avere più seguito, anche in giurisprudenza, è la tesi della rappresentanza eventuale in incertam personam.

Il contraente che si è riservato la facoltà di nomina assume infatti la veste di rappresentante e il contratto si perfeziona in tutti i suoi elementi già al momento della stipulazione, senza attendere la successiva nomina; non vi è incertezza sull’esistenza del contraente (che viene considerato fungibile) ma solo sulla sua persona ed eventuale sostituzione.

Questa ricostruzione non osta con il configurare il contratto come sottoposto alla condizione risolutiva dell’acquisto dello stipulante e sospensiva di quello dell’electus.

Poiché una volta intervenuta la nomina gli effetti retroagiscono, sia lo stipulante che il nominato devo avere la capacità di agire e la legittimazione al momento della conclusione del contratto (a differenza del contratto a favore del terzo).

A differenza della rappresentanza ordinaria, dove è sufficiente che il rappresentante abbia la capacità naturale, qui invece, poiché in mancanza della accettazione del terzo sarà lui stesso il definitivo contraente,  lo stipulante dovrà avere anch’egli la capacità di agire.

La nomina deve riguardare una persona già esistente e determinabile al momento della stipulazione: pertanto non sarebbe ammissibile nei confronti del nascituro o di una società da costituire, che non hanno capacità giuridica.

Quanto alla possibilità che sia nominata una persona priva della capacità di agire (minore-interdetto) è sostenuta in dottrina la tesi positiva, perchè situazione sanabile con la necessaria autorizzazione per la relativa accettazione (1402).

La clausola di riserva della nomina deve essere necessariamente contestuale e inserita nel contratto, con l’indicazione del relativo termine. In mancanza della fissazione di un termine, la nomina dovrà  avvenire entro 3 giorni ex 1402 c.c. (tuttavia fiscalmente l’accettazione di una nomina che avvenga dopo 3 giorni, sconterà le imposte proporzionali come fosse un nuovo trasferimento).

Attualmente infatti la possibilità di pagare una sola imposta è limitata alla ipotesi che la nomina avvenga nel suddetto breve termine per evitare frodi fiscali; in contrario l’atto sarà tassato come un doppio trasferimento. Per tale motivo nella pratica frequenti sono solo i preliminari per persona da nominare.

Si ritiene che, non essendoci nessun particolare divieto, è possibile una successione  mortis causa o inter vivos sia nel contratto, sia nel diritto di fare la scelta (cd. electio).

Anche se l’acquisto del acquirente/promittente cade in comunione legale (qualora il promettente fosse coniugato), si ritiene che la dichiarazione di nomina può validamente essere fatta dal solo promettente (si distingue infatti la parte contrattuale dai soggetti nei confronti dei quali il contratto produce effetti).

Coerentemente  con tesi che ravvisa nell’istituto una rappresentanza in incertam personam, nella dichiarazione di nomina deve ravvisarsi una contemplatio domini, che si ritiene essere un negozio giuridico unilaterale recettizio.

La dichiarazione di nomina è un onere e non un obbligo dello stipulante, in quanto, in mancanza, si resterà obbligati in proprio.

Qualora non esista una procura anteriore, la nomina del terzo non ha effetto se non è accettata (anch’esso ha natura di negozio unilaterale), che ha valore di ratifica (il rappresentato infatti rende efficace l’attività svolta dal rappresentate senza poteri).

L’accettazione potrà quindi anche essere successiva al contratto ma dovrà essere comunicata entro il termine previsto per la nomina, onde evitare incertezze.

Si ritiene che il contratto produca effetti tra i contraenti originari al momento della stipulazione,  benché sia pendente il termine per la nomina: si nega infatti la possibilità di stipulare un contratto “solo” per persona da nominare, ossia nel quale in mancanza della nomina lo stipulante non diventi contraente.

L’ 1401 c.c. non è applicabile ai contratti con obbligazioni di una sola parte, ai contratti intuiuts personae e che possono essere stipulai solo da una determinata persona. Requisito infatti essenziale è che vi sia fungibilità nella persona del contraente, caratteristica che non si può riscontrare in taluni contratti anche corrispettivi (come per es. nella permuta).

Si ritiene che rientri nella sfera di applicazione dell’1401 la mediazione, per cui ai sensi dell’1761 c.c.:  “il mediatore che non manifesta il nome del contraente, risponde per l’esecuzione e quando lo ha eseguito subentra nei diritti”.

Figure affini:

- Contratto a favore del terzo: A differenza della figura in esame, il terzo nella fattispecie disciplinata dall’art. 1411c.c. non diventa mai parte del contratto. Parte contrattuale è infatti solo il contraente, con la precisazione che gli effetti positivi del contratto si rivolgeranno nei confronti del terzo. Nel 1401 c.c.  il terzo “nominato” diverrà invece parte del contratto.

- Promessa del fatto del terzo: Mentre con il 1381 ci si obbliga al fatto del terzo, con il 1401c.c.  ci si obbliga in proprio, salvo poi la  riservai di nominare un altro contraente.

- Cessione del Contratto: Il 1401 c.c. potrebbe  avere delle analogie con la cessione del contratto, preventivamente autorizzata ai sensi dell’1407. Tuttavia si deve sottolineare una diversità di disciplina tra i due istituti perché nel 1401 c.c., una volta che il terzo ha accettato la nomina, lo stipulante non risponde mai del suo adempimento; diversi sono altresì gli effetti perchè con la cessione del contratto si attua una successione ex nunc, mentre con il 1401 c.c. gli effetti retroagiscono.

- Vendita per conto di chi spetta: La fattispecie in esame differisce anche dalla cd. vendita per conto di chi spetta, poichè mentre nel 1401 la nomina è solo eventuale, qui invece la determinazione del soggetto venditore è sempre necessaria e avviene attraverso parametri oggettivi (tipo accertamento giudiziale).

Trascrizione della nomina del contratto per persona da nominare:

Poichè gli effetti si producono immediatamente (tra stipulante e promittente), anche la trascrizione dovrà essere subito effettuata. Affinché tuttavia la riserva di nomina sia opponibile, questa dovrà essere annotata secondo lo schema della condizione (2659 c.c.); pertanto, una volta intervenuta, si annoterà a margine l’avvenuta condizione (di avvenuta nomina).

 

Contratto a favore del terzo (1411).

Il contratto a favore del terzo deve preliminarmente essere messo in relazione con il principio di relatività del contratto,  sancito dall’art. 1372 c.c., secondo cui il contratto ha forza di legge solo tra le parti e non produce effetti verso i terzi.

Tuttavia quanto detto necessita delle precisazioni: anche alla luce del 1411 c.. è infatti possibile incidere in via diretta sulla sfera di terzi a determinate condizioni, ossia l’efficacia diretta di un contratto anche nei confronti di un terzo estraneo sarebbe ammessa solo in quanto il terzo ne tragga esclusivamente vantaggi, ovvero qualora gli effetti prodotti siano favorevoli nei suoi confronti.

Cosa ben diversa è l’efficacia indiretta di un contratto che può invece essere conseguenza di qualsiasi pattuizione e può essere favorevole o meno ai terzi estranei.

Ai sensi dell’art. 1411 c.c. il terzo acquista per effetto della stipulazione il diritto contro il prominente, che può essere revocato o modificato dallo stipulante, fino alla accettazione del terzo stesso. In caso di revoca o rifiuto del terzo, gli effetti si producono tra stipulante e promettente.

Quanto alla natura giuridica si ritiene che il 1411 c.c. non abbia di per sé una propria causa costante, ma non sarebbe altro che un ordinario tipo di contratto, con una clausola accessoria a favore del terzo.

La norma richiede inoltre per la validità del contratto il cd. interesse dello stipulante, che altro non sarebbe che la causa (esterna) dell’attribuzione dallo stipulante al terzo (che potrebbe consistere sia in una solutionis causa sia in una liberalità indiretta). La causa interna sarebbe invece quella tipica messa in essere con la stipulazione del contratto.

Il 1411 rientra quindi nei negozi indiretti la cui caratteristica è quella di realizzare, con un unico strumento, due distinti negozi: è possibile infatti che il beneficio attribuito al terzo costituisca una donazione indiretta(oppure causa solvendi o altro negozio..)  (negozio fine) mentre la stipulazione rappresenti solo un negozio-mezzo. Si ritiene pertanto che qualora ricorra detta ipotesi il contratto sarà soggetto alla disciplina sostanziale della donazione, e quindi sarà anche oggetto di collazione, mentre non sarà necessario l’inserimento dei testimoni (così come confermato dal 1875 in tema di rendita a favore di un terzo).

Più discussa è la liceità dell’operazione invece quando l’attribuzione al terzo abbia una causa donativa,  potendo astrattamente applicarsi il divieto di donazione di beni futuri (od altrui) ex 771c.c..

Deve tuttavia precisarsi che la futurità del bene deve essere riferita al patrimonio dello stipulante-donante e non al patrimonio del promittente.

Le cose generiche non rientrano nel concetto di cosa futura in quanto può rilevare solo per cose specifiche e deve essere quindi già individuata.

Si ricorda che affinché la stipulazione a favore del terzo sia valida, è necessario a pena di nullità che sia ravvisabile l’interesse dello stipulante, che consiste nella cd. causa esterna e che concerne i rapporti tra stipulante e terzo, che come detto possono essere della più varia natura. L’interesse si presume e l’onere di provare la mancanza di una giustificazione causale spetta al promettente.

Il vantaggio della stipulazione nei confronti del terzo sarebbe inoltre il requisito essenziale che permetterebbe di incidere sulla sfera altrui prescindendo dal suo consenso.

Il terzo è esterno al contratto, e l’acquisto del suo diritto avviene di per sé (automaticamente) per effetto della stipulazione tra le parti originarie (a differenza del contratto per persona da nominare, dove invece il terzo diviene parte contrattuale).

E’ quindi un acquisto automatico del terzo, per la quale non è necessaria neppure la sua conoscenza (la dichiarazione di nomina si ritiene infatti atto non recettizio). Per tal motivi la dottrina ritiene che in capo al terzo non sia richiesta né la sua capacità giuridica, né la sua stessa esistenza al momento della stipulazione: potrà quindi ben essere stipulato un contratto a favore di un nascituro o di una società da costituire (in tal senso la dottrina oggi maggioritaria; contra Gazzoni).

E’ discusso se il contratto a favore del terzo possa essere ad effetti reali (diretto trasferimento al terzo del diritto reale) o sia possibile solo configurare un contratto a favore del terzo ad effetti obbligatori.

La tesi negativa si fonda sul dogma della relatività degli effetti del contratti , sulla circostanza che  l’acquisto di un diritto reale può comportare anche oneri (e non solo vantaggi), sulla inammissibilità di negozi astratti traslativi (ma la giustificazione causale del trasferimento al terzo è da ravvisarsi nell’interesse dello stipulante), sulla pretesa violazione del principio consensualistico (che tuttavia si riferisce solo alle parti contrattuali e non ai soggetti su cui ricadono gli effetti). Né si può invocare il principio di tassatività dei diritti reali perché non si può la tipicità del diritto trasferito (es. proprietà, oggetto del contratto) con lo strumento negoziale adottato.

Le obiezioni sopra esposte alla configurabilità di un contratto a favore del terzo non sembrano quindi essere decisive e, per tali motivi, la giurisprudenza ne ha ammesso la validità.

Tuttavia la prassi spesso segue una strada prudenziale, anche per la presenza di eventuali oneri per mantenimento del diritto trasferito al terzo (che tuttavia - si replica - non escludono che l’acquisto sia “complessivamente” vantaggioso per il terzo).

 

Un tipico esempio di contratto a favore del terzo sarebbe l’accollo esterno (Tuttavia parte della dottrina ha sottolineato che mentre nell’accollo il debito è derivato, nel contratto a favore del terzo il debito del promittente sorgerebbe come originario).

La dichiarazione del terzo di voler profittare è invece atto (e non  negozio) recettizio, non determina l’acquisto ma ha la sola funzione di eliminare la revoca (a differenza della dichiarazione nel terzo nel contratto ex 1401c.c.).

 

Rifiuto del terzo – Revoca dello Stipulante – Designazione del terzo:

Quanto al rifiuto del terzo, si ritiene che questo non sia tanto un rifiuto in senso tecnico (ossia che impedisce l’acquisto del diritto), quanto una rinuncia, poiché si dsimetterebbe un diritto già acquistato. Altra dottrina preferisce parlare a tale riguardo di rifiuto eliminativo.

Si distingue infatti tra rifiuto impeditivo, eliminativi e rinuncia: con il primo si impedisce che un diritto entri nel patrimonio; con il secondo si elimina un diritto dal patrimonio con efficacia ex tunc, con la rinuncia infine si dismette il diritto ex nunc.

Quanto infine  alla revoca dello stipulante (prima della accettazione del terzo) si ritiene essere un negozio unilaterale recettizio, che trova la giustificazione nel carattere non recettizio del 1411. Il potere di revoca, trasmissibile agli eredi, non è invece trasmissibile a titolo particolare in quanto personalissimo e legato allo stipulante.

Oltre alla revoca, è possibile ipotizzare un  potere di modifica della designazione da parte dello stipulante, che per taluni aspetti, altro non sarebbe che una revoca accompagnata da una nuova designazione; per altra parte della dottrina invece sarebbe ammissibile ed assimilabile ad una semplice variazione di contenuto.

Sia il potere i revoca dello stipulante che il diritto di rinuncia del terzo si ritengono diritti prescrivibili nel termine ordinario di 10 anni.

In caso di revoca o di rifiuto la prestazione resta a carico dell’originario stipulante, salvo pattuizione contraria che preveda una risoluzione del contratto (per mutuo consenso).

Il diritto del terzo è un diritto autonomo rispetto a quello dello stipulante, ma che pur sempre trova la sua fonte nel contratto. Per tali motivi si giustifica il regime delle eccezioni ex 1413 c.c. .  

La designazione del terzo può avvenire contestualmente nel contratto od anche mediante successivo atto inter vivos e da luogo all’acquisto immediato da parte del terzo. Ciò infatti sarebbe consentito alla autonomia privata e previsto dall’art. 1920 c.c in tema di assicurazione. Si ritiene invece che non sia possibile la designazione successiva mediante testamento perchè sarebbe una attribuzione indiretta mortis causa (avrebbe infatti efficacia dopo la morte) in contrasto con il 458; unica eccezione sarebbe il 1920. 

Diversa è invece l’ipotesi ex 1412 c.c. per cui la prestazione è da eseguirsi al terzo dopo la morte, perché è stato già designato ex ante ed acquistato il relativo diritto (che infatti in caso di premorienza trasmette agli eredi).

L’art.1412  c.c. prevede il contratto a favore del terzo con prestazione da eseguirsi dopo la morte dello stipulante.

E’ previsto che lo stipulante possa revocare il beneficio anche con disposizione testamentaria, anche intervenuta la revoca o l’accettazione del terzo.

Si discute se l’art.1412 c.c. rientri tra gli atti mortis causa o inter vivos: secondo la prima interpretazione si osserva che tra stipulante e terzo si instaura un rapporto di natura ereditaria poiché il promettente compie una attribuzione mortis causa: sarebbe quindi un patto successorio eccezionalmente ammesso.

Altra dottrina ritiene invece che la fattispecie integri un atto inter vivos poiché la stipulazione opera immediatamente a favore del terzo che, se premuore, sarà trasmesso agli eredi. La morte dello stipulante funge non da termine di efficacia quanto da termine di esecuzione.

 

La trascrizione:

sarà effettuata contro il prominente e a favore del terzo; si ritiene che l’adesione del terzo o il suo mancato rifiuto debba essere annotato a margine.

In caso invece di rifiuto o revoca della stipulazione, se questa determina l’estinzione della prestazione (deve essere previsto), al pari di una condizione risolutiva, dovranno essere annotati a margine ex 2655 c.c.; se invece comportano che la prestazione resti a favore dello stipulante, si determina uno spostamento soggettivo della titolarità dei diritti.

Per tale motivo parte della dottrina afferma che non sarebbe sufficiente una mera annotazione dell’avvenuta revoca o rifiuto ma bisognerebbe procedere ad una nuova trascrizione contro il terzo e a favore dello stipulante.    

 

Cessione del contratto (1406).

Consiste nella sostituzione di uno dei contraenti con un terzo e nella successione in tutte le posizioni attive e passive, principali ed accessorie che accedono ad un determinato rapporto giuridico.

Si tratta di un negozio autonomo e unitario, e non di due diverse operazioni di cessione del credito e accollo del debito.

Quanto alla natura del contratto la giurisprudenza qualifica l’istituto come contratto trilaterale dal momento che si richiede, oltre al consenso delle parti, anche quello del contraente ceduto, come previsto dall’art. 1406-7 c.c. .

Parte della dottrina comunque ritiene che il consenso del contraente ceduto non sia necessario per la formazione del contratto perché non è parte ma interviene solo per liberare il cedente dai debiti (accollo liberatorio) che sarebbe una condicio iuris di efficacia. Il contratto quindi sarebbe bilaterale seppur sospensivamente condizionato.

Quanto alla causa, che può essere onerosa o gratuita, il contratto soddisfa l’interesse del cedente a liberarsi dai debiti derivanti dal contratto e l’interesse del cessionario nell’acquisto dei relativi crediti, rientrando quindi nella causa dei contratti traslativi.

Secondo parte della dottrina invece la cessione del contrato non può mai essere gratuita in quanto il cessionario è sempre tenuto all’accollo dei debiti; si potrà eventualmente parlare di negozio misto con donazione.

 

Oggetto:

Ai sensi del 1406 c.c. oggetto della cessione possono essere solo contratti a prestazioni corrispettive se queste non sono state ancora eseguite. Essendo cedibili solo i contratti a prestazioni corrispettive, non si ritiene applicabile il 1406 ai contratti gratuiti.

Se infatti una delle prestazioni fosse interamente eseguita, non potrebbe più parlarsi di cessione del contratto. E’ da precisare che le prestazioni non ancora eseguite devono essere quelle principali del rapporto di corrispettività e non solo quelle accessorie.

Si è sottolineato che la posizione attiva o passiva del cessionario/cedente non coincide ed è più complessa rispetto a quella del creditore/debitore che è inerente ad un’unica obbligazione: comprende infatti anche tutti i diritti potestativi, azioni e ragioni dipendenti dalla posizione contrattuale.

Pertanto  anche l’esecuzione di una delle prestazioni (principali) non impedirebbe il subentrare nell’identica posizione del cedente (composta da una pluralità e complessità di situazioni giuridiche) e quindi la configurabilità in astratto della fattispecie in esame.

Questo problema è di particolare rilevanza nei contratti ad effetti reali dal momento che il trasferimento della proprietà avviene immediatamente con il consenso delle parti originarie e quindi si discute se possa o meno essere oggetto di cessione quando si sia già verificato l’effetto traslativo (a tal fine rileverà se è già stato corrisposto o meno il prezzo).

Nessun dubbio sorge invece per i contratti con effetti reali differiti, dal momento che nessun effetto “principale” si è verificato, o per i contratti ad esecuzione continuata.

Bisogna tuttavia valutare sempre la compatibilità della figura in esame con la sussistenza di particolari requisiti soggettivi e oggettivi, nonché con la natura del contratto oggetto della cessione. Secondo autorevole dottrina infatti non sarebbero cedibili i contratti intuitu personae.

Il rapporto sostanziale deve naturalmente  rimanere immutato a prescindere dal verificarsi o meno della cessione del contrato: in caso contrario si perfezionerà anche una novazione.

Si ritiene infine che non sia possibile una cessione parziale del contratto (sarebbe una cessione di singoli crediti e/o debiti).

E’ inoltre possibile che una parte consenta preventivamente di sostituire a se un terzo. la cessione sarà efficace a seguito della notifica o della accettazione.

 

- Effetto naturale ma non essenziale della cessione del contratto è la liberazione del cedente (1408) a differenza dell’accollo dove la liberazione deve essere espressamente prevista.

- Si ritiene inoltre che cessino le garanzie personali e reali: a differenza del contratto per persona da nominare (che ha effetti ex tunc), qui il cessionario subentra con effetti ex nunc.

- Il cedente deve garantire la validità del contratto ai sensi dell’art.1410 c.c.: ossia si intende che deve garantirne l’esistenza, validità,  disponibilità e titolarietà del rapporto ceduto. Il cedente può inoltre rispondere della solvenza del cessionario: in tal caso risponde come fideiussore (1410).

 

- Quanto alla forma, essendo un negozio di secondo grado, deve trovare applicazione il principio di simmetria.

Il documento (titolo di credito) che si trasferisce attraverso girata, integra una vera e propria cessione, incorporando un diritto cartolare che onera il giratario alla prestazione prevista.

- Si ritiene che la cessione del contratto, che abbia ad oggetto il trasferimento di diritti immobiliari, sia trascrivibile ex 2645.

 

Si ha cessione impropria quando il contratto si trasferisce ad un nuovo soggetto senza l’intervento delle parti originarie (ad es. in caso di trasferimento d’azienda l’acquirente subentra nei contratti).

Così  l’art. 1599 c.c. afferma che il contratto di locazione è opponibile al terzo acquirente se ha data certa anteriore al trasferimento. Si tratterebbe di una ipotesi di cessione ex lege del contratto. Così per le locazioni concluse dall’acquirente con patto di riscatto

 

Cessione del contratto e cessione del patto di riscatto: si discute sulla natura giuridica del patto di riscatto: secondo alcuni avrebbe natura reale, in quanto il titolare opporre il patto anche ai subacquirenti.

Secondo altra dottrina invece mancherebbe una delle caratteristiche fondamentali dei diritti reali ossia la relazione diretta e immediata tra titolare e cosa: sarebbe pertanto un diritto di natura personale e più precisamente un diritto potestativo, in quanto l’esercizio del potere determina automaticamente il mutamento della situazione giuridica.

Non si tratta comunque di un diritto autonomo in quanto fa parte della complessa posizione contrattuale del venditore.

Aderendo alla tesi che non si tratta di un diritto reale, si deve escludere la possibilità di cederlo indipendentemente dal rapporto giuridico cui inerisce.

Per tali motivi non è possibile la cessione del solo diritto di riscatto ma è necessario ricorrere alla cessione dell’intera posizione contrattuale per trasmettere anche il suddetto diritto.

 

Subcontratto: ricorre quando un soggetto attribuisce ad un altro soggetto il diritto ad una medesima posizione contrattuale ma di contenuto minore.

Caratteristica del subcontratto è la dipendenza dal contratto principale: presuppone infatti già in essere un rapporto contrattuale della medesima specie.

E’ inoltre necessario che una parte sia comune ad entrambi i contratti, anche se con posizioni esattamente inverse.

Mentre quindi con la cessione viene attribuito il medesimo diritto, con il subcontratto si trasferisce un diritto nuovo anche se dipendente da quello del dante causa.

Accanto al rapporto principale, che non viene modificato, se ne aggiunge uno nuovo.

Mentre tuttavia il subcontratto segue le sorti di quello principale, non è vero il contrario in quanto il contratto principale è autonomo ed indipendente rispetto al sub-contratto.

Anche nell’ambito dei diritti reali è prevista una ipotesi di sub-contratto: la cd. subenfiteusi.

In generale, si ammette infatti la possibilità di stipulare sub-contratti non tassativamente previsti,  purchè il negozio abbia effetti obbligatori (tuttavia nella prassi tale possibilità deve essere espressamente prevista nel contratto originario).

Quanto alla natura giuridica del sub-contratto sono state proposte varie tesi: contratto a favore del terzo, accollo interno aperto all’adesione del contraente originario (ex 1595 il sub-conduttore si accollerebbe il debito mentre il conduttore potrebbe aderire o meno), collegamento negoziale tra i due negozi, per volontà di legge e unilaterale.

A prescindere dalla tesi che si intende sposare, è tuttavia necessario sottolineare che gli unici elementi distintivi che caratterizzano tale figura sono la derivazione e la dipendenza dal contratto principale.

 

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