ESTRATTI AUTENTICI
La Legge notarile nel prevedere all'art.1 n.10 la facoltà del notaio di
"rilasciare copie ed estratti (...) di libri o registri commerciali" nulla
specifica circa gli eventuali obblighi di controllo del notaio sulla regolarità,
formale e sostanziale, dell'oggetto della copia o estratto rilasciato.
La legge non definisce l'estratto, ma in dottrina vi e` sufficiente concordia
nell'affermare che l'estratto rappresenta una copia parziale, cioe` una parte di
un documento intero. Tuttavia parte della dottrina ha distinto le due figure:
l'estratto si distinguerebbe dalla copia parziale perche` mentre quest'ultima
rappresenta la riproduzione oggettiva di una sola parte di un originale dal
contenuto piu` ampio, l'estratto sarebbe finalizzato ad uno scopo particolare e
sarebbe una copia parziale con le parti riprodotte scelte allo scopo di
soddisfare detto scopo.
Gli estratti, a differenza delle copie, devono essere messe a repertorio.
Generalmente alle copie autentiche non viene assegnato un numero di repertorio
ma è in facoltà del Notaio mettere a repertorio anche una propria copia
autentica.
Le copie e gli estratti si comportano rispetto all'originale alla stessa stregua
di uno specchio, con l'indubbio risultato che la copia e l'estratto nulla
aggiungo no e nulla tolgono al documento originale del rappresentano una
riproduzione. Se l'originale e` documento pubblico, anche la copia ha valore di
documento pubblico, mentre se l'originale e` scrittura privata, anche la copia
ha valore di scrittura privata, ancorche` l'autenticita` rappresenti un quid
pluris che si innesta nel meccanismo della riproduzione documentale.
Giurisprudenza e dottrina hanno chiarito che la copia (e quindi anche
l'estratto) di un documento, sia pubblico che privato, rilasciati da un pubblico
ufficiale costituisce "atto pubblico", per cui le falsita` concernenti la copia
stessa (e quindi anche l'estratto) costituiscono falsita` in atto pubblico, ai
sensi dell'art. 476 cod. pen.; cio` sul presupposto che la dichiarazione di
autenticazione rappresenta un atto che esprime funzione certificatrice in ordine
alla parte dell'atto originale che si riproduce.
In primo luogo occorre distinguere tra "estratti" in generale ed "estratti"
rivolti a fornire una particolare prova, e cioè quella necessaria ad ottenere
dall'autorità giudiziaria un
decreto ingiuntivo.
Per i primi, valgono le norme generali di cui agli artt.2710 e 2711 del codice
civile e 212 del codice di procedura civile. Dalla lettura di queste norme
emerge per chiari segni che gli obblighi del notaio si limitano a verificare (e
rendere la relativa menzione) che il registro da cui si chiede l'estratto
presenti le caratteristiche previste dalla legge per essere considerato un
"libro di commercio" e cioè sia regolarmente bollato e vidimato (intendendosi
con tale requisito la vidimazione iniziale). L'indagine sulla regolarità della
tenuta del libro (relativa ad esempio alla continuità delle vidimazioni annuali,
all'esistenza di abrasioni, interpolazioni, spazi in bianco, etc.) e la
conseguente menzione nel corpo dell'estratto non sono richieste al notaio, salvo
che l'irregolarità (ad esempio abrasione o assenza delle firme del Presidente e
del Segretario della riunione) non si riferisca proprio al verbale o alla parte
del libro di cui si richiede l'estratto.
Per i secondi, la regolarita` del documento originale dal quale l'estratto e`
acquisito trova la sua fonte nell'art. 634 cod. proc. civ., per il quale "gli
estratti autentici delle scritture contabili di cui agli artt. 2214 e seguenti
del codice civile, purche` bollate e vidimate nelle forme di legge e
regolarmente tenute" costituiscono "prove scritte idonee" ai fini dell'emissione
del decreto ingiuntivo.
A tal fine la Cassazione ha ritenuto che "l'estratto notarile del libro giornale
privo dell'attestazione che il libro sia regolarmente tenuto non e` prova
scritta idonea per ottenere un'ingiunzione di pagamento"; la stessa Cassazione
ha dichiarato che "prove scritte idonee alla concessione del decreto ingiuntivo
sono gli estratti autentici delle scritture contabili, purche` bollati e
vidimati". Ciò ha escluso che l'estratto notarile di un conto corrente bancario
possa essere utilizzato come prova ai fini del decreto ingiuntivo, trattandosi
di documento relativamente al quale la bollatura e la vidimazione non sono
tecnicamente possibili.
E’ bene notare che la dichiarazione di regolarita` esprime un giudizio
riassuntivo di una valutazione globale fatta sulla tenuta regolare delle
scritture; l'estratto e` invece una copia parziale che racchiude dichiarazione
di conformita` con la parte originale dalla quale l'estratto stesso e` stato
ricavato; nella prima e` racchiuso un giudizio; nella seconda una semplice
constatazione de visu.
Si comprende pertanto come i notai siano restii a concretizzare la dichiarazione
di regolarita`: sia perche` essa esorbita dal binario dei comportamenti propri
del notaio; sia perche` essa presuppone riscontri di difficile accertabilita`;
sia infine perche` essa richiede da parte del notaio l'esame di scritture spesso
amplissime (non sarebbe sufficiente limitarsi a dichiarare la tenuta regolare
della parte di documento recepito nell'estratto ma la regolarità della tenuta
della scrittura contabile deve necessariamente riferirsi al libro intero). il
notaio potrebbe limitarsi a dichiarare le circostanze riducibili a pure
constatazioni di fatto: "le scritture sono state vidimate e bollate".
Rilascio di estratti da libri Iva non vidimati: essendo stato previsto, dalla
recente legge 18 ottobre 2001, n. 383, il solo requisito della numerazione e
della tenuta secondo le regole dell’ordinata contabilità, ai sensi dell’art.
2219, senza più alcun riferimento alla bollatura e alla vidimazione - richieste
invece, dallo stesso art. 634, per le scritture contabili di cui agli articoli
2214 e seguenti del codice civile – deve ritenersi che, ai fini dell’efficacia
di cui all’art. 634, siano sufficienti i requisiti della numerazione e quelli di
cui all’art. 2219.
Quanto alla problematica di quando al Notaio sono esibiti fogli non rilegati
(come ammesso dal citato art. 39: “schedari a fogli mobili o tabulati”), non
vidimati (requisito soppresso dalla legge 18 ottobre 2001, n. 383) del fatto che
si tratti di (fogli del) libro IVA effettivamente in uso, che si tratti di
originali o di copia o stampa di libro tenuto con modalità informatiche, e che
lo stesso sia effettivamente regolarmente tenuto, se il libro è tenuto con la
modalità dello schedario a fogli mobili o del tabulato di macchine
elettrocontabili (il che dovrebbe avvenire “secondo modalità previamente
approvate dall'Amministrazione finanziaria su richiesta del contribuente”, come
richiede la legge), il notaio potrà pretendere l’esibizione dello schedario o
del tabulato nella sua interezza, e da questo procederà poi a ricavare
l’estratto. Ma più di questo, essendo consentite tali modalità di impiego del
libro, non gli si potrà richiedere, non potendo certamente egli rispondere di
una sostituzione del foglio originale con altro.
Il Notaio può quindi solo verificare che il foglio o i fogli siano contenuti
nello schedario che l’imprenditore dichiara essere il libro IVA, che siano
rispettati l’obbligo della progressiva numerazione e le modalità di tenuta di
cui all’art. 2219 c.c.
Al libro tenuto su supporto informatico, alla stregua di quanto previsto
dall’art. 2215-bis c.c., introdotto
dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, viene
riconosciuto pieno valore giuridico ai libri contabili tenuti su supporto
informatico.
Il legislatore chiarisce, infatti, che la numerazione
progressiva, la vidimazione e, in modo generico, l’adempimento di tutti gli
obblighi imposti per la tenuta dei libri, repertori e scritture, è assicurata
mediante l’apposizione, con cadenza trimestrale, sul documento informatico
contenente tutti i dati e le informazioni relative al trimestre precedente,
della marcatura temporale e della firma digitale da parte dell'imprenditore o di
altro soggetto dal medesimo delegato.
In assenza di registrazioni nel periodo indicato, la
marcatura e la firma digitale dovranno essere apposte al momento in cui sarà
effettuata una nuova registrazione e da tale momento decorrerà il termine
trimestrale.
L’apposizione della firma digitale e della marcatura
temporale si pongono, quindi, quali strumenti volti ad assicurare la
immodificabilità delle informazioni registrate; è chiaro che si tratta di
procedimento che, benché assicuri la cristallizzazione dei dati, presenta delle
peculiarità; a differenza di quanto avviene adottando il tradizionale supporto
cartaceo, l’immodificabilità delle informazioni sarà, infatti, garantita
soltanto a seguito dell’apposizione della firma digitale e della marcatura
trimestrale e, quindi, con cadenza trimestrale.
Il legislatore, rinviando agli articoli 2709 e 2710
del codice civile, riconosce ai libri, ai repertori e alle scritture tenuti su
supporto informatico la medesima efficacia probatoria che caratterizza quelli
tenuti sul tradizionale supporto cartaceo.
In conclusione quindi, anche in questa ipotesi,
il notaio potrà pretendere l’esibizione della stampa dell’intero libro
tenuto con modalità informatiche, previa dichiarazione che la copia cartacea
esibita è conforme all’originale digitale e che lo stesso è stato regolarmente
firmato digitalmente e munito delle necessarie marche temporali. Da questo
procederà poi a ricavare l’estratto.
Bibliografia:
-
Studio CNN n. 1018 del 16 maggio
1995 (Casu)
-
Studio CNN n. 118 / 1993 (Massimo di Paolo)
-
Risposta a Quesito CNN 459/2010 (Antonio Ruotolo)
-
CNN Notizie del 3 febbraio 2009 – Segnalazioni Novità Normative di Cateria Valia